N.10 2015 8 marzo 2015
Sommario 10 - 2015

Credere n. 10 - 08/03/2015

Insieme di don Antonio Rizzolo

Quaresima, digiuno e festa dell’incontro con Cristo

Cari amici lettori, il protagonista della storia di copertina di questa settimana è Paolo Armando, cuoco dilettante concorrente…

Storia di copertina | Paolo Armando

Pentole, fornelli e briciole di Vangelo

Il catechista di Cuneo, arrivato quarto a Masterchef, ha raccontato il suo impegno in parrocchia durante il reality culinario.…

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Storia di copertina | Paolo Armando

Pentole, fornelli e briciole di Vangelo

Il catechista di Cuneo, arrivato quarto a Masterchef, ha raccontato il suo impegno in parrocchia durante il reality culinario. «Cucinare è il mio modo di voler bene».

 

In foto: Paolo Armando, 44 anni, si è piazzato quarto a Masterchef 2015.

In foto: Paolo Armando, 44 anni, si è piazzato quarto a Masterchef 2015.

Paolo Armando, 44 anni, informatico e catechista di Cuneo, è arrivato quarto alla gara di Masterchef 2015, il talent show culinario di Sky Uno che si è concluso giovedì 5 marzo e che tra venti concorrenti iniziali ha “incoronato” il miglior cuoco dilettante.

«Sono contentissimo perché è un risultato al di là di ogni mia aspettativa: a me mancavano certe capacità, ad esempio sui pesci o i dolci, quindi il mio risultato è per me fonte di soddisfazione notevolissima. Sono stato proprio bravo! Mi godo ora la soddisfazione di aver superato questa sfida contro me stesso». E confida: «Spero anche di aver trasmesso qualche briciola di Vangelo». Il cuoco catechista spiega a Credere che uno degli obiettivi era capire quale fosse il suo livello di cucina, «perché», scherza, «farsi giudicare da Bruno Barbieri, Carlo Cracco e Joe Bastianich non è come cucinare per la mamma o la suocera che ti dicono che va sempre tutto bene!».

Paolo è un informatico di formazione e professione: «Era la mia passione giovanile; a 13 anni della cucina non me ne importava niente e a casa cucinava sempre mio papà». Ha scoperto l’amore per i fornelli a vent’anni: da studente universitario a Torino cucinava per i compagni. «Poi», ricorda, «quando già lavoravo, ho raccolto la collezione a fascicoli della Grande cucina di Gianfranco Vissani: capivo la metà di quello che c’era scritto, e riuscivo a farne l’1 per cento! Ci ho messo anni a imparare». E adesso a casa cucinare è compito suo tutti i giorni: per la moglie Paola e i suoi tre figli, Michela, Sara e il piccolo Francesco di due anni. E naturalmente quando ci sono le feste di famiglia. Pensare le ricette è il suo hobby. Piatto preferito: risotto al castelmagno. «Cucinare è bellissimo perché prepari da mangiare a qualcuno. È importante perché dai qualcosa di tuo che gli altri assimilano. Per questo voglio fare delle cose buone, belle, gustose, che piacciano. Nei piatti metto tutto me stesso. È il mio modo per far capire alle persone che ci tengo, a loro, che voglio loro bene».

Fin dall’inizio del programma Paolo non ha avuto remore a presentarsi come catechista e a essere tutto se stesso anche in questo aspetto. «Questa è l’altra grossa molla, forse quella centrale che mi ha fatto andare in tv. La mia fede non è scolpita sulla roccia. Ho passato momenti nella mia vita d’indifferenza, ma non ho mai perso gli appigli, come ad esempio Taizé, e con fatica sono comunque cresciuto», racconta Paolo. Per lui far catechismo nella parrocchia della Madonna dell’Olmo a Cuneo «è far catechismo innanzitutto a me stesso: se non lo facessi, mi inaridirei». E aggiunge: «Io trovo nel Vangelo parole di vita eterna che sono tutto il contrario dell’effimero che è la cucina. Trasmettere ai bimbi queste parole è per me anche una sfida che voglio cogliere perché così io cresco nella fede».

Non gli è bastato, però: «Per me è importante anche la testimonianza. Ce l’ha detto Lui: “Andate per il mondo!”. Non si deve restare in parrocchia o chiusi in se stessi, ma andare in tutti gli ambienti, compresi quelli più ostili o dove non si parla mai della fede». E bisogna testimoniare, «con le parole e con quello che fai, e io spero di esserci riuscito con il mio comportamento durante la gara».

La dimensione della competizione nel programma è intensa e «se sbagli un piatto sai che rischi di essere criticato pesantemente. Ed è giusto che i giudici ti critichino: non hai dato il massimo e hai fatto errori madornali». E ricorda la volta in cui ha fatto cuocere troppo la carne o il pandispagna che non andava proprio bene. C’è pochissimo tempo per pensare e cucinare, per cui se si sbaglia non si può tornare indietro. La tensione è alta: nel periodo delle riprese Paolo ha perso 5 chili e non dormiva di notte per paura «di non trovare l’idea». E spiega: «Devi essere un po’ malato di cucina per andare a Masterchef e avere motivazioni forti: storie personali, desiderio di cambiare vita, voglia di mettersi in gioco, voglia di riscatto sono gli ingredienti che ci accomunavano tutti». Un paragone: «È come per un catechista andare a fare il capo catechista a San Pietro». È stato uno sforzo grandissimo anche perché ha significato stare due mesi via da casa per le registrazioni: «Mia moglie pensava che io sarei tornato dopo la prova dei dolci perché non sono forte in quello. Certo per lei è stato faticoso, a casa da sola con tre bimbi piccoli». La determinazione però nel voler dare il massimo in questa sfida lo ha portato più avanti.

Con quest’ottimo risultato culinario che cosa riserverà il futuro? «Aprire un ristorante per me è impossibile perché vorrebbe dire non poter più dedicare del tempo alla famiglia, ai figli». Però a Paolo piace cucinare per gli altri e il suo sogno «è una cucina grandissima dove poter cucinare per bambini o persone sole che stanno male, per chi è nel disagio psicologico, con grosse preoccupazioni, per dar loro un momento di soddisfazione». E parla del suo «amico cuoco, Massimo, che fa lo chef alla Caritas di Cagliari. Certo, ho bisogno di uno stipendio, ma questo mi piacerebbe molto di più che aprire un ristorante».

Per festeggiare l’ottimo piazzamento alla gara, in parrocchia hanno già organizzato una cena in suo onore, ma, ovviamente, cucinerà lui.


Testo di Sarah Numico

Foto di Alessandro Albert

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