N.11 2015 15 marzo 2015
Sommario 11 - 2015

Credere n. 11 - 15/03/2015

Insieme di don Antonio Rizzolo

Grazie, papa Francesco, per questi due anni insieme

Caro papa Francesco, questa settimana mi rivolgo direttamente a te dalle pagine di Credere. Per ringraziarti di questi due…

Due anni con Francesco | L'intervista

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Due anni con Francesco | La testimone

Con Francesco un minuto di preghiera è diventato eterno

Monia Pinzaglia voleva recitare con il Papa un’Ave Maria per il figlio malato. Si sono raccolti assieme: «Ora ogni volta…

La storia | Gianluca Firetti

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Due anni con Francesco | La testimone

Con Francesco un minuto di preghiera è diventato eterno

Monia Pinzaglia voleva recitare con il Papa un’Ave Maria per  il figlio malato. Si sono raccolti assieme: «Ora ogni volta che dico il rosario sento Francesco vicino».

 

In foto: Monia Pinzaglia con Papa

In foto: Monia Pinzaglia con Papa Francesco.

«Il dono più grande che ho ricevuto da papa Francesco è che ora, quando ogni mattina dico il rosario, è come se stessi pregando con lui». Monia Pinzaglia, 45 anni, cambia tono della voce mentre racconta dell’11 febbraio scorso quando, in occasione della Giornata del malato, ha portato mille persone a Roma per l’Udienza generale. Tra questi, molti bambini malati di tumore. Presidente dell’Apleti, un’associazione che aiuta i bambini malati di tumore al Policlinico di Bari, Monia ha un chiodo fisso: «Amo conoscere i desideri dei nostri bambini, costretti a rinunciare a una vita normale, spensierata, per combattere la loro battaglia contro il cancro».

Quanto a sofferenza, lei sa il fatto suo: è mamma di Andrea, 11 anni, che da tempo lotta contro la leucemia. Tra i desideri più gettonati dei bimbi c’è quello di andare dal Papa. «Appena eletto Francesco, si è acceso l’entusiasmo per la sua figura semplice, schietta, carismatica, vicina a chi soffre e, quindi, vicina a tutti noi. La richiesta di bimbi e genitori era sempre più pressante: “Andiamo da papa Francesco!”». Il sogno si avvera la prima volta il 15 febbraio del 2014, Giornata mondiale contro il cancro infantile: la Fiagop (Federazione italiana associazioni genitori oncologia pediatrica) accetta la proposta di Monia, che guida un gruppo di mille persone in piazza San Pietro. «È stato un bel momento per tutti, credenti e non credenti. Nonostante la mia fede, ho dato un’impronta laica all’Apleti. Ma devo riconoscere che con Francesco la richiesta è stata così insistente che ha rotto tutti gli schemi, tale era la voglia d’incontrare quest’uomo straordinario».

Quest’anno, puntuale, la storia si è ripetuta. «Non è facile assumersi la responsabilità di bambini così delicati». Alla fine tutto è andato bene. Con una sorpresa: un biglietto speciale a lei per accedere al sagrato e parlare col Papa. «Era il posto destinato ad Angelo Ricci, il presidente della Fiagop. Siccome, però, lui era assente… è toccato a me il privilegio di occupare quel posto speciale», scherza Monia con un bel sorriso.

L’emozione di incontrare il Papa è grande in lei. «A fine udienza si è avvicinato, il mio cuore andava a mille, l’unica cosa che avevo voglia di fare con lui è quella che faccio ogni volta che Andrea sta male o che viene sottoposto a una terapia: recitare un’Ave Maria. Lui e tutti i nostri bambini sono i nostri maestri di vita, proprio come il nostro amato Papa». Monia quel giorno è confusa, estasiata nel vederlo così da vicino: «Si fermava e dedicava del tempo a tutte le persone, non si curava di quello che succedeva intorno. Si è fermato a parlare con una coppia che faceva 60 anni di matrimonio, ha preso in braccio una bimba di pochi mesi e l’ha baciata... Non sembrava stanco, neanche dopo aver incontrato molte persone. Per tutti aveva orecchie attente…». Alla fine arriva il suo turno. «In quel momento non avevo grande fiducia nella sua risposta positiva: avevo messo in conto che avrebbe potuto dirmi che avrebbe conservato questo “incarico” per dopo, viste le tante persone ancora da incontrare. Invece, come se non ci fosse null’altro al mondo in quel momento, ha preso le mie mani nelle sue, ha appoggiato la sua testa alla mia e ha lasciato che io iniziassi: poi lui mi ha seguito». Sono istanti lunghissimi, quasi eterni. «Ogni tanto lui si interrompeva perché voleva sentire bene la preghiera dalle mie labbra. Io mi fermavo a mia volta e aspettavo un suo cenno per andare avanti. E così mi sono scambiata due-tre cenni d’intesa con lui». La preghiera finisce. Il silenzio interiore lascia il passo al vociare della folla. «Ero incredula di quello che era accaduto». Monia alla fine lascia il sagrato e scappa a raccontare di quella preghiera ai “suoi” bambini, tutti felici per quell’iniezione di speranza nella loro dura lotta quotidiana.



Testo di Stefano Stimamiglio

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