N.14 2015 5 aprile 2015
Insieme di don Antonio Rizzolo

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Verso la Pasqua | L'Aquila

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Verso la Pasqua | L'Aquila

Dalle macerie alla fraternità

Alcuni giovani della nuova residenza universitaria, ricostruita dopo il tragico sisma, hanno dato vita a un movimento fondato sull’amicizia e sull’ascolto quotidiano della Parola.

Un incontro nella residenza San Carlo Borromeo. Qui i giovani della Fraternità si ritrovano per leggere la Bibbia, recitare il Rosario, celebrare l’Eucaristia e vivere la carità.

Un incontro nella residenza San Carlo Borromeo. Qui i giovani della Fraternità si ritrovano per leggere la Bibbia, recitare il Rosario, celebrare l’Eucaristia e vivere la carità (foto Dal Pozzolo/Contrasto)

Per raccontare questa storia bisogna partire da un quaderno bianco. Fissare gli Appennini ancora ricoperti di neve, pensare alle arrampicate in gruppo, in cordata e allargare lo sguardo alle pietre di una città ingabbiata, che a sei anni dal terremoto vive con un cuore fatto di frammenti dispersi in periferia.

Uno dei pezzi pulsanti dell’Aquila è la residenza universitaria San Carlo Borromeo a Coppito, una decina di chilometri dal centro. Su un terreno della diocesi, la struttura prefabbricata donata dalla Regione Lombardia accoglie 140 studenti. Si entra per merito e per reddito. Ci sono cristiani, musulmani, qualche ebreo, non credenti. Alcuni tra gli specializzandi sei anni fa abitavano la Casa dello studente nel centro storico, che la notte del 6 aprile 2009 venne giù travolgendo otto «angeli», come recita lo striscione con le foto dei ragazzi, appoggiato sulle macerie ancora sotto sequestro.

«È un dolore che non si silenzia con il tempo», dice Chiara Capponi, che a l’Aquila è arrivata dopo il terremoto. La ventisettenne di Ascoli Piceno, laurea breve in Infermieristica già in tasca, si è trasferita qui per proseguire gli studi in Medicina. «Volevo solo studiare, un cammino di fede era l’ultimo dei miei pensieri». Una sera un’amica la invita alla residenza, che dopo il sisma è diventata punto di riferimento per gli studenti. Scopre che ogni giorno alle 20 c’è la Messa. «Ci andavo per fare pausa negli studi», ricorda. Poi un giorno scambia quattro chiacchiere con don Luigi Maria Epicoco, il giovane cappellano universitario. «Mi diede un quaderno, mi invitò a leggere il Vangelo ogni giorno e a scrivere ciò che mi colpiva. Lo facevo quasi meccanicamente, ma venivo piano piano lavorata dalla Parola».

A quel quaderno ne sono seguiti molti altri. Così come all’invito di don Luigi hanno risposto altri ragazzi. In 35 si sono «contaminati a vicenda»: si sono messi «in cordata», dicono, per usare un’espressione cara a Piergiorgio Frassati, il beato che amano. Formano un gruppo che per volontà del precedente arcivescovo dell’Aquila, monsignor Giuseppe Molinari, il 31 maggio 2013 è stato riconosciuto come associazione privata di fedeli di diritto diocesano. Una definizione che ai giovani dice poco, più interessati al nome che si sono dati, Fraternità. «Rispecchia il nostro carisma: vivere il sacramento dell’amicizia», dice Pablo Zega, 28 anni, che con Chiara e Lorenza condivide la responsabilità del gruppo.

Una struttura leggera, che però come ogni movimento ha parole d’ordine e simboli di riconoscimento. I ragazzi sono “custodi” gli uni degli altri, e quelli che da più tempo sono in cammino, i “consacrati”, seguono i nuovi arrivati, gli “aggregati”.

Ogni giorno ciascuno scrive il suo diario spirituale e lo invia al proprio custode. «Il quaderno personale è il proseguimento della scrittura del Vangelo nella nostra vita», dice Valeria Testa, di Frosinone, studentessa di ingegneria. «E il diario della comunità è come continuare a scrivere gli Atti degli apostoli», aggiunge don Luigi, “cane pastore” del gruppo. «Non è un’associazione come le altre, non ha lo scopo di aggregare ma di santificare i suoi membri nel quotidiano».

C’è chi continua a frequentare il gruppo Fuci; chi canta nel coro, chi pratica sport, chi si interessa di politica. Chi, come Marialucia, aquilana che ha studiato regia a Cinecittà, realizza video, anche sulle attività del gruppo, e li posta su You tube. «Abbiamo imparato a riappropriarci del rapporto personale con Cristo, poi ognuno lo vive dove si trova», aggiunge Albino Giuseppe Cito, pugliese, 26 anni. La sua storia con la Fraternità nasce per caso: approfitta di un passaggio in auto e si aggrega a Nicolò Nitti, coetaneo e compaesano, che accompagna don Luigi a tenere alcune catechesi in provincia di Taranto. Comincia a frequentare i ragazzi della Fraternità e accetta anche l’invito a recitare un Rosario. «Temevo di ritrovarmi a dire meccanicamente decine di Ave Maria, e invece Pablo mi ha spiegato il segreto: vedere la vita di Gesù con lo sguardo con cui lo seguiva Maria, con gli occhi di una madre. E così è tutta un’altra cosa!».

Il movimento, che ha anche due punti di riferimento fuori dall’Aquila, don Andrea Ceriani a Milano e don Giancarlo Ruggeri a Taranto, mantiene i contatti con i giovani laureati che hanno lasciato la città. Sono quattro i punti fermi – detti “esercizi di realtà” – che strutturano l’appartenenza: la lettura e la meditazione quotidiana della Parola (“ascoltare”); la preghiera del Rosario (“vedere”); l’Eucaristia (“mangiare”) e l’aiuto fraterno (“amare”). Il gruppo ha dato vita a una serie di esperienze in ambito caritativo che vanno dal servizio alla mensa Caritas al volontariato nel reparto oncologico dell’ospedale, alla raccolta di alimenti e vestiario per i poveri, alla Bottega di Giuseppe, un centro di assistenza alle famiglie. «Il terremoto ha distrutto anche i rapporti nelle coppie», dice Leda Cimini, 27 anni, psicologa. «Ci è sembrato importante aiutare a ricostruire le relazioni, dare un aiuto per l’educazione dei figli affrontando temi come la sessualità e la comunicazione interpersonale». Con l’aiuto di esperti sono così nati dei corsi, frequentati da una quarantina di coppie.

La cappella universitaria dedicata a san Giuseppe artigiano, recentemente restaurata, alle spalle del Duomo, è punto di riferimento per il gruppo nelle celebrazioni importanti, per il resto tutti gli incontri si svolgono alla residenza. Ed è proprio san Giuseppe che il movimento ha scelto come protettore. «Perché è la persona più nascosta del Vangelo: come noi, che siamo persone normali. Eppure è stato fondamentale. E anche noi possiamo dire che nella nostra vita tutto è come prima e tutto è cambiato», dice Chiara.

I ragazzi sono nell’appartamento di don Luigi, dove ogni giorno si cucina minimo per dieci persone e si programmano attività. Tutti hanno al dito un anellino con una piccola croce rivolta verso il palmo della mano. Il sacerdote, 35 anni, originario del Brindisino, insegna filosofia al Laterano ed è stato ordinato nella cattedrale dell’Aquila nel 2005, al centro di un transetto che oggi non esiste più. La notte del 6 aprile 2009 si è salvato scappando da un ingresso secondario del palazzo arcivescovile, mentre tutto intorno crollava. Dopo il sisma, è stato “casa” per chi nella città sventrata non aveva più punti di riferimento. Anche da questo è nata la Fraternità: «Non mi sento un fondatore, ma un tramite. E quest’esperienza mi ha aiutato ad andare più in profondità nella mia vocazione sacerdotale». Come un regalo inatteso germogliato tra le macerie del terremoto.

 

6 APRILE, UNA NOTTE DI PREGHIERA

Nel sesto anniversario del sisma l’arcidiocesi dell’Aquila organizza diversi momenti di preghiera: uniamoci nel ricordo. Lunedì 6 aprile alle 0.30 nella basilica di San Giuseppe artigiano Messa con lettura dei nomi delle vittime. Alle ore 1.30 veglia Aspettando le 3.32. Alle 3.32 ascolto dei 309 tocchi (come il numero delle vittime)della campana della chiesa di Santa Maria del suffragio. Alle 10.30 Messa a San Giuseppe artigiano, trasmessa su Radio Maria. Alle 18 Messa in suffragio degli universitari deceduti, sempre a San Giuseppe artigiano.

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