N.14 2015 5 aprile 2015
Insieme di don Antonio Rizzolo

Buona pasqua! La gioia del Risorto sia il nostro stile di vita

Cari amici lettori, buona Pasqua! Il Signore è risorto! È l’augurio gioioso che anche quest’anno ci scambiamo. È un annuncio…

La storia di copertina | Michael Lonsdale

Uomo di Dio non solo sul set

La straordinaria esperienza di fede dell’attore noto per aver interpretato, nel film Uomini di Dio, uno dei monaci di Tibhirine:…

La testimonianza | Laura Salafia

La sfida del perdono

Una pallottola vagante l’ha resa tetraplegica, paralizzandole il corpo ma non lo spirito: «Affido a Dio il giudizio su colui…

Verso la Pasqua | L'Aquila

Dalle macerie alla fraternità

Alcuni giovani della nuova residenza universitaria, ricostruita dopo il tragico sisma, hanno dato vita a un movimento fondato…

L'anniversario | Giovanni Paolo II

L’ultimo grido di Giovanni Paolo II: «Lasciatemi andare»

Dieci anni fa, il 2 aprile 2005, si spegneva il grande Papa polacco. Vi proponiamo un brano che ricorda le sue ultime ore…

I figli ci chiedono…di Francesca Fabris

Cos’è la Pasqua?

PERCHÉ SI PARLA DI RISURREZIONE? A Pasqua i cristiani festeggiano Gesù risorto, cioè la sua vittoria definitiva sulla morte E…

Ite, missa est | Enzo Romeo

Il ponte della storia

Un secolo prima dell’«aprite le porte a Cristo» di Giovanni Paolo II, una donna dalla tempra altrettanto forte, Florence…

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La testimonianza | Laura Salafia

La sfida del perdono

Una pallottola vagante l’ha resa tetraplegica, paralizzandole il corpo ma non lo spirito: «Affido a Dio il giudizio su colui che mi ha sparato. Io vado avanti: la vita è un dono prezioso e in qualsiasi condizione vale la pena viverla».

In foto: Monia Pinzaglia con Papa

Nella foto: Laura Salafia con i genitori

«In quei giorni avevo una pace grande, inspiegabile, e una serenità che lasciava tutti disarmati e impressionati. Non ho mai pensato con odio alla persona che ha commesso il reato, non ho nutrito spirito di vendetta nei suoi confronti, né lo giudico, perché non devo essere io a farlo. Perdonare non è facile, sulla terra ci sono i tribunali e in cielo c’è Dio a cui affido il perdono anche di colui che mi ha sparato».

Sono parole di Laura Salafia, studentessa universitaria originaria del Siracusano, colpita da una pallottola vagante l’1 luglio 2010 quando, in piazza Dante a Catania, era appena uscita dalla sede della facoltà di Lettere dove aveva dato un esame con il massimo dei risultati.

Ad aprire il fuoco, ferendo gravemente la ragazza, è stato Andrea Rizzotti: voleva vendicarsi di un uomo che pare lo ingiuriasse e che passava da lì. Da allora è rimasta paralizzata e ospedalizzata per parecchio tempo, ha affrontato delicate operazioni e terapie specializzate prima nel centro di Montecatone nei pressi di Imola, poi all’ospedale Cannizzaro di Catania. Un percorso riabilitativo finalizzato a consentire la massima autonomia possibile, che le ha permesso due anni fa di lasciare l’ospedale.

Ora vive a Catania con gli anziani genitori in una casa che il Comune le ha dato in comodato, una sorta di “domicilio protetto” adattato alle sue esigenze, arredato gratuitamente da un mobilificio internazionale. «Da allora sono rimasta tetraplegica e sono costretta a stare a letto o in carrozzina», racconta Laura a Credere. «La mia vita è cambiata radicalmente, non posso fare tutto ciò che in passato mi era possibile. Oggi mi trovo a vivere una vita parallela. Tuttavia, nonostante le difficoltà, sono felice dell’opportunità che mi viene data, perché la vita è un dono prezioso e in qualsiasi condizione vale la pena viverla».

Poi Laura, 38 anni, continua a raccontare con un sorriso che non ti aspetti e che riserva a tutti coloro che la visitano, tanto da restarne affascinati. Immobilizzata nel corpo, «inchiodata su una croce», studia per laurearsi, collabora con un quotidiano siciliano scrivendo con un particolare programma di word che si attiva con la voce. Con l’aiuto di tanti amici, inoltre, incontra ragazzi e giovani nelle scuole parlando del valore della vita e di speranza: «Prendo di positivo quanto c’è in questa vita, poiché è un dono. Le difficoltà non mancano a nessuno: c’è chi si fa problemi per nulla e vive male, non rendendosi conto che l’esistenza è unica e non va sprecata. Nella mia condizione cerco di testimoniare il valore di ogni attimo».

La maggior parte della giornata la trascorre con i genitori che hanno dedicato totalmente questi anni a lei, come Maria e Giovanni ai piedi della croce, poi con gli infermieri e i fisioterapisti, ormai diventati amici; e l’amicizia è un’esperienza costante, frutto della fede, condivisa nella Chiesa catanese, con il parroco della cattedrale Barbaro Scionti, le monache benedettine come suor Cecilia, la docente Graziella Biondi, il giornalista Giuseppe Di Fazio, gli educatori dell’associazione Cappuccini e tanti altri: «La fede è un mistero: o la si accetta in qualunque situazione o non la si accetta affatto. Ti puoi fare domande, ma spesso non avrai risposta anche quando stai bene. Dunque devi credere come atto di abbandono in Dio. Questo l’ho imparato dalla mia famiglia, l’ho rafforzato in questi anni grazie alla vicinanza di tanti amici. Tra questi ultimi, è particolare lo scambio epistolare con un detenuto che mi scrive tramite un’amica suora benedettina. Sono lettere di chi ha compreso gli sbagli commessi, piene della coscienza dell’errore e della volontà di chiedere perdono».

Laura sente che può essere d’aiuto ai giovani e la voglia di ascoltare la sua testimonianza non manca sia in coloro che la vanno a trovare, sia in chi incontra nei momenti di caritativa a cui si dedica: «Mi hanno chiesto il segreto per andare avanti. Ho risposto cercando di trasmettere la voglia di vivere! Sono i cittadini di domani ed è necessario stimolarli a non fermarsi all’esteriorità, perché la vita ha un sapore diverso e unico se vissuta senza omologarsi alle mode del momento. Pensare singolarmente cambia la vita, forse isola un po’, ma è meglio che non pensare o farlo con la testa di altri. Sono contenta che papa Francesco, un uomo semplice che riesce a entrare nel cuore di tutti, abbia un’attenzione particolare per i giovani. Ci deve essere qualcuno – e può essere lui – che “perfori” il cuore dei giovani, li scuota per far loro capire ciò che conta, anche con poche parole, uno sguardo, un sorriso».

Al Papa Laura ha scritto in agosto una lettera con la sua storia, parlando anche della forza che la spinge ad andare avanti, una forza che viene da Gesù, avvertito come presenza costante. Nella risposta la segreteria di Stato ha riportato i sentimenti del Santo Padre, il suo paterno ricordo e la benedizione per lei, i genitori e quanti l’assistono «affinché il Signore Gesù conceda la grazia necessaria per affidarsi a Lui con rinnovata fiducia». Intanto Laura continua a sognare: «Ho tanti sogni e crescono ogni giorno di più. La vita stessa lo è! Se non ci fossero, non si potrebbe vivere bene. Bisogna tenerli accanto, coltivarli, perché rendono tutto più dolce e aiutano a crescere. Anche quando nella realtà non c’è un riscontro, non si deve mollare, bensì impegnarsi perché i sogni si trasformino in realtà».


Testo di Marco Pappalardo

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