N 16 2015 19 aprile 2015
Sommario 16 - 2015

Credere n. 16 - 16/04/2015

Insieme di don Antonio Rizzolo

Gesù Cristo, volto della misericordia del padre

Cari amici lettori, questo numero è dedicato alla Sindone. Inizia infatti domenica 19 aprile l’Ostensione concessa dal Papa…

La storia di copertina | Mario Tremore

Mario Trematore il pompiere che ha salvato la sindone

Durante l’incendio del 1997 riuscì a portare fuori dal duomo di Torino la teca con il Sacro lino. «Ho capito che il messaggio…

Il personaggio | Silvano Petrosino

«Diventate migliori, non i migliori»

Silvano Petrosino, docente all'Università Cattolica, incita gli studenti ad ascoltare se stessi senza inseguire la perfezione.…

L'esperienza | L'Azione Cattolica di Milano

Adoro il lunedì

L'Azione cattolica di Milano propone ai pendolari della stazione Centrale la possibilità di iniziare la settimana con una…

Ite, missa est | Enzo Romeo

Warhol e l’abbraccio di Dio

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Per una lettura completa...

Il personaggio | Silvano Petrosino

«Diventate migliori, non i migliori»

Silvano Petrosino, docente all’Università Cattolica, incita gli studenti ad ascoltare se stessi senza inseguire la perfezione. E avvisa: «La Chiesa è la sola agenzia educativa a credere nei giovani».

 

In foto: Il professor Silvano PetrosinoIn foto: Il professor Silvano Petrosino

Tutti pazzi per Silvano Petrosino!!!”. Si chiama così la pagina di Facebook – decisamente inusuale – dedicata da un gruppo di studenti a Silvano Petrosino, docente di Filosofia morale e di Teorie della comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano e Piacenza. In occasione della Giornata dell’Università Cattolica (19 aprile), quest’anno dedicata al tema Giovani, periferie al centro, abbiamo incontrato Petrosino, che a Credere racconta il suo insolito percorso scolastico. «A 15 anni ero in vacanza con un amico che si stava preparando alla maturità classica, mentre io studiavo da perito chimico. Ho iniziato a leggere, casualmente, L’apologia di Socrate di Platone: è stato un colpo di fulmine. Dopo la maturità, indeciso tra matematica e filosofia, ho scelto quest’ultima».

Che effetto le fa essere così popolare fra i suoi studenti?

«Spesso mi capita, alla fine delle lezioni, di essere ringraziato. Una volta, alla fine di una lettura interpretativa della fiaba di Cappuccetto rosso, gli studenti spontaneamente mi hanno applaudito. Una mia ex studentessa mi ha scritto che, mentre frequentava l’università, stava diventando anoressica e le uniche parole che “riusciva a mangiare” erano le mie. Che significa tutto ciò? Avevo toccato una questione vitale per i miei interlocutori: non trovo altra spiegazione. Eppure io parlo di filosofia, materia all’apparenza astratta. Tuttavia mi è capitato di insegnare ai corsi delle “150 ore” per gli adulti: una volta mi chiamò la Fiom e mi trovai benissimo con quelli che – scherzando – chiamavo “gli operaiacci”».

Che vuole dire con questo?

«La condizione della verità non è la certezza, ma la fecondità. Una cosa è vera quando fa scattare nell’altro una corrispondenza. E questo può accadere anche se due persone sono in dissenso rispetto alle tesi in discussione. Oggi si tende a istruire lo studente, mentre invece occorre “rinviarlo” a se stesso. A me capita che giovani che ho a lezione mi mostrino una loro poesia o un racconto. È il segno che quanto imparato ha messo in moto qualcosa nel profondo».

Il tema della Giornata della Cattolica di quest’anno è Giovani: dalla periferia al centro. Come si fa scattare nei giovani un senso di fiducia, in un contesto culturale che sembra invece invitarli alla rassegnazione?

«Semplice, almeno a dirsi: dando fiducia. Purtroppo la società di oggi crea un senso di colpa, chiede costantemente di fare di più (master, specializzazione…), inseguendo senza sosta il mito dell’eccellenza. Ma, come ripeto spesso ai miei studenti, non dobbiamo diventare “i migliori”, bensì “migliori”» .

Lo slogan che accompagna la Giornata della Cattolica 2015 recita Mi sto preparando a vivere in un Paese migliore. Cominciando da me. Come lo legge?

«Io inizio da me se trovo qualcuno attorno che scommette su di me, se respiro un clima incoraggiante. Oggi la Chiesa cattolica, tra tutte le agenzie educative, è rimasta la sola a credere nei giovani. Del resto il Dio biblico chiama ciascuno non a una perfezione astratta, ma a diventare se stessi. Anche il messaggio che la Chiesa italiana vuole lanciare a Firenze con lo slogan “nuovo umanesimo” va in questa direzione: va recuperata la dignità fondamentale di ogni singolo essere umano, che è molto più delle sue prestazioni. Io, ciascuno di noi, non ci sarà mai più in tutta la storia dell’universo. Noi oggi interpretiamo l’idea di compimento con il successo. Al contrario, uno può fare il netturbino ed essere un grande uomo, felice della sua condizione».

Lei sostiene che l’università italiana non sia messa male come la si dipinge. Su cosa deve migliorare?

«L’università italiana dev’essere fiera, nonostante tutto, per l’idea di sapere globale che trasmette. Pensiamo all’offerta della Cattolica: c’è molto di più dei corsi e delle lezioni, dalle conferenze ai cicli di film, alle presentazioni di libri… Il problema dell’università è lo stesso del Paese: l’impressione è che l’Italia per prima non creda in se stessa. Si respira un senso di approssimazione diffusa».

Qual è la “marcia in più” della Cattolica?

«Il fatto che assicura un funzionamento migliore di molte altre strutture. Per uno studente il primo segno di fiducia è un ambiente attorno che l’aiuta. Se un professore non è serio (non risponde alle mail, in orario di ricevimento non si fa trovare o non legge con attenzione le tesi…) ingenera nello studente l’idea che non vale la pena essere seri. E questo è drammatico. La Cattolica, tuttavia, un rischio talvolta lo corre: “accontentarsi” di garantire una macchina ben oliata, mentre dev’essere l’attenzione agli ultimi a fare la differenza. Esempi non ne mancano certo: il servizio agli studenti disabili è qualcosa di speciale, ne ho fatto personalmente esperienza a Piacenza».

Testo di Gerolamo Fazzini

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