N. 16 21 luglio 2013
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Uno di noi

«Siamo tutti uguali»: dillo con una firma

L’iniziativa Uno di noi punta a fermare i finanziamenti europei alle ricerche che usano (distruggendoli) embrioni umani e a chi promuove l’aborto nei Paesi poveri. Una battaglia di civiltà a cui si può aderire sottoscrivendo la scheda allegata a Credere.

 

Una manifestazione con gli striscioni di Uno di noi

Una manifestazione con gli striscioni di Uno di noi (foto di PAOLO GALOSI / ROMANO SICILIANI)

Riconoscere che ogni essere umano, sin dal suo concepimento, è pienamente titolare dei diritti umani. È questo l’obiettivo dell’iniziativa denominata Uno di noi, lanciata nel maggio 2012 e che coinvolge i 28 Paesi membri dell’Unione europea. Un passo importante per il riconoscimento a livello giuridico del diritto alla vita, attraverso una proposta tesa a inserire nel diritto europeo l’esplicito riconoscimento dell’embrione come essere umano.

Da questa nobile intenzione viene il nome della campagna: Uno di noi  vuole proprio significare che fin dal concepimento, cioè fin dallo stadio di sviluppo embrionale dell’essere umano, questi appartiene di diritto alla comunità umana, insomma è “uno di noi”.
Abbiamo incontrato il presidente del comitato italiano della campagna nonché presidente nazionale del Movimento per la vita italiano, il parlamentare europeo Carlo Casini.

Presidente, perché è così rivoluzionaria questa iniziativa?

Carlo Casini«Direi che ha lo stesso significato delle affermazioni che nei secoli scorsi sostenevano che non ci dovessero essere più schiavi e che ogni diseguaglianza  razziale dovesse essere bandita. Adesso noi diciamo che anche fra gli esseri più piccoli, gli embrioni, e noi non ci sono differenze. Così facendo vogliamo sensibilizzare tutti sui temi che riguardano la vita umana, temi fondamentali che la modernità si trova ad affrontare. Lo sguardo posto all’inizio della vita deve suscitare progetti nuovi per migliorare l’uomo moderno e generare una civiltà nuova».

Cosa cambierà a livello europeo se questa iniziativa andrà in porto?

«Nemmeno un euro dell’Unione europea verrà utilizzato per distruggere la vita dei più piccoli e indifesi, gli embrioni. Desideriamo che si riconosca  ufficialmente in un testo giuridico che tutti gli essere umani sono uguali anche prima di essere nati. Sarebbe un ottimo viatico contro la “cultura della morte” che caratterizza questo nostro tempo e che si fonda su una semplice tattica: il silenzio. La nostra iniziativa costringerà invece tutti a parlarne, a confrontarsi, ponendo al centro l’individuo. Credo, peraltro, che questa iniziativa non finirà il 1° novembre, con la chiusura della campagna: a partire da lì inizierà invece il vero dibattito pubblico».

Perché, dunque, è importante firmare?

«Questa iniziativa non è per realizzare qualcosa di astratto. No, vuole realizzare un obiettivo molto concreto. Ogni firma è come una goccia che contribuisce a trasformare un piccolo lago in un mare. Bisogna considerare la vita non come una cosa secondaria, dobbiamo avere il coraggio di accogliere il grido dei popoli europei».

Quali sono i problemi principali che state affrontando?

«Si respira a volte quasi un clima di rassegnazione, qualcuno ha il timore di una politicizzazione della questione. La vita, però, è di suo una questione “politica” perché riguarda tutti. Anzi, forse è la principale questione che riguarda tutti gli schieramenti. Notiamo, infatti, che si sta verificando un vero e proprio “ecumenismo per la vita”, in cui sono coinvolti sempre di più, insieme a noi cattolici, anche protestanti, ortodossi e pure musulmani. Paradossalmente le maggiori resistenze arrivano proprio dal mondo cattolico».

Con questa crisi economica, la “questione-vita” non rischia di apparire secondaria?

«Forse può sembrare così, ma sono certo che per risolvere certi problemi bisogna cominciare dalla solidarietà verso i più deboli, anche perché molti problemi economici derivano proprio dal crollo della natalità. Credo che questa iniziativa potrà dare una spinta al risveglio delle energie morali e la forza per affrontare le difficoltà oggi che viviamo in un modo diverso».

Testo di Francesca Baldini

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