N. 21 2015 24 maggio 2015
Sommario 21 - 2015

Credere n. 21 - 24/05/2015

Cristiani perseguitati | Veglia di preghiera per il 23 maggio

SPIRITO SANTO, RENDICI TESTIMONI

Schema per la Veglia di preghiera in comunione con i martiri contemporanei. (scarica la versione .pdf)

Insieme di don Antonio Rizzolo

Lo Spirito Santo, Dio presente in noi

Cari amici lettori, la domenica di Pentecoste ci ricorda le origini della Chiesa con il dono dello Spirito Santo. Molti hanno…

La storia di copertina | Susanna Tamaro

«Perdonando i miei genitori ho trovato la serenità»

A tu per tu con la scrittrice, dalla solitudine dell’infanzia alla consapevolezza che il cristianesimo è «il massimo godimento»:…

Il personaggio | Marcello Cirillo

«Vi presento don Bosco, santo scaccia solitudine»

Marcello Cirillo interpreta il prete fondatore dei Salesiani nel musical a lui dedicato. «Oggi manca una figura come la sua,…

La testimonianza | Mario Macilau

Il fotografo “vaticano”, ex bambino di strada

Dal Mozambico alla Laguna, Mario Macilau è il più giovane dei tre artisti che rappresentano la Santa Sede alla Biennale di…

Ite, missa est | Emanuele Fant

Come si usa un Sacro Monte

Per una lettura completa...

La storia di copertina | Susanna Tamaro

«Perdonando i miei genitori ho trovato la serenità»

A tu per tu con la scrittrice, dalla solitudine dell’infanzia alla consapevolezza che il cristianesimo è «il massimo godimento»: «Rimane sempre un fondo di dolore, ma la forza d’amore per la vita mi ha salvato sempre».

In foto: Costanza Miriano in cucina con le figlie più piccole.

Susanna Tamaro di cose da dire ne ha tante. Le parole fluiscono in una miriade di suggestioni, di ricordi, di progetti. Schiva, riservata, nel 1994 è arrivata al successo internazionale con Va’ dove ti porta il cuore. E il cuore è anche nel titolo del suo nuovo libro, Un cuore pensante (Bompiani), ed è ciò che caratterizza il suo percorso di vita: lei ce lo mette tutto quando mi parla, lo si percepisce pulsante e pensante, nel silenzio della sua casa nella campagna umbra dove vive da anni, circondata da mici e cani, tutti trovatelli come Lucky, l’ultimo arrivato dal canile.

Tanti libri, tra romanzi, saggi, favole per bambini, per lei che si era formata come regista, con diploma al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Una bambina nata in una Trieste che ancora si portava dietro gli spettri della fine della guerra, appena undici anni prima: un luogo di confine come lei, mai a suo agio in nessun posto. Un inizio difficile, allo sbaraglio: il padre e la madre si sposano molto giovani e innamorati, nascono tre figli ma la differenza tra i due è incolmabile, l’amore si sfilaccia. Il padre se ne va, in un’inquietudine esistenziale, la madre non è in grado di essere approdo amoroso per i figli. Tamaro, dopo tanti anni, è riuscita a parlarne, prima in Ogni angelo è tremendo (2013), ora in questo ultimo libro, in cui ritroviamo Susanna, bambina sola, piena di domande inascoltate.

«Ho voluto scrivere un libro di pensieri veloci: oggi la comunicazione è così, soprattutto tra i più giovani. La mia speranza è che trovino una voce simile alla loro. La concisione richiede un grande sforzo mentale, devi arrivare in fretta al nocciolo».

Nel libro parla della sua solitudine: cos’è stata per lei?

«Una costante fondamentale: venivo da una famiglia disgregata, i miei hanno vissuto la guerra in adolescenza e la guerra lascia tutti fragili, con un senso di precarietà che percepivo dalle loro stesse vite. In più avevo una sensibilità che mi faceva vedere tutto come avessi un radar al posto degli occhi: cose di cui magari nessuno si accorgeva. Sono convinta che già da piccoli ci sia in noi tutto quello che poi saremo. Ero immersa in grandi pensieri e contemplazioni, soprattutto della natura, che è stata sempre la mia compagna e la mia consolazione, il luogo in cui vedevo un ordine che in qualche modo mi trascendeva».

Nel libro scrive che sentiva una voce dentro di lei, che l’accompagnava sempre. Cosa ci può dire?

«Non sapevo che nome darle. Era un sentimento del cuore, una fascinazione per il mistero, per il cielo, per le stelle, per tutto quello che non capivo: cioè tutto! (ride, nda)».

In famiglia c’era quasi uno sprezzo per la religione. Com’è arrivata alla fede consapevole?

«Mio padre veniva da una famiglia di feroci anticlericali, non voleva neppure che facessi la prima Comunione. Mia madre, che aveva origini ebraiche, era più indifferente. Ma il giorno della Comunione è stata una giornata straordinaria di luce. Sentivo che la mia vita cambiava. Sono arrivati gli anni Settanta, devastanti, e questa voce era in sordina: quando molte mie compagne inneggiavano all’aborto, io ero assolutamente contraria, senza sapere perché, dicevo “non fatelo, è una cosa terribile”. Sentivo questa voce dentro che si manifestava con la comprensione della sacralità della vita. Una voce che continuava a lavorare in me, anche se non lo sapevo. Con gli anni, studiando e leggendo molto, attraverso alcuni incontri e un periodo in Israele, sono riuscita a ricomporre e rendere di nuovo chiara questa voce. La fortuna di vivere in campagna e ritornare alla terra ha reso la voce imprescindibile».

C’è stato qualcuno di fondamentale nel suo percorso?

«Non ho mai avuto una vera guida spirituale. Tanti incontri, molto brevi, che hanno aperto degli squarci. Risposte che ti arrivano nel momento e nel modo più impensato: il cammino spirituale è una delle cose più misteriose e affascinanti al mondo, non ce ne è uno uguale all’altro».

Per lei è stata importante la presenza della nonna: ci racconta qualcosa?

«Mia nonna si è convertita dopo i cinquant’anni: frequentava una comunità di lingua tedesca e mi portava con lei a Messa. Mi ricordo il silenzio al campanellino della preghiera eucaristica. Mi dicevo: “Adesso succede qualcosa di straordinario, una dimensione sta cambiando”… Ho chiaro il ricordo del suono argentino e la sensazione che tutto si fermasse e ci fosse un tempo diverso».

Ha perdonato i suoi genitori?

«È l’unica strada possibile. Un bambino nasce per l’amore dei genitori. Quando questo amore viene tradito da subito, abbiamo modificazioni nell’anima molto gravi. L’unica via per non farsi annichilire è proprio quella di perdonarli, di vedere la dimensione povera della loro esistenza. Essere grati di avere ricevuto da loro la vita: pensare che forse avrebbero voluto amarci ma non ne sono stati all’altezza. Non c’è salvezza al di fuori del perdono».

Lei quando ce l’ha fatta?

«Tardi. Ci vuole tanto tempo. E poi non si metabolizza mai del tutto, perché c’è sempre un fondo di dolore: vorrei avere un bel ricordo di mio padre e non ce l’ho. È una croce da portare. Ho avuto in dono una grazia, una forza di amore per la vita che mi ha salvato sempre».

Ciò che colpisce in questo libro è che lo scatto verso l’altro e l’altrove parte da qualcosa di pratico, visibile a tutti. È vero?

«Sono un’innamorata della vita e sono cristiana perché sono innamorata della vita: credo che le cose siano legate. Il cristianesimo è il massimo godimento dell’esistenza: non è questa immagine che noi a volte abbiamo di sofferenza. La fede passa proprio facendo innamorare le persone alla realtà, non tramite discorsi teorici: la forma di un fiore, la struttura di un cristallo, sono cose che ti fanno rimanere senza fiato, solo che non siamo più capaci di vederle».

Ha appena concluso a Orvieto un evento di tre giorni di riflessioni sul giudizio universale…

«Faccio parte dell’Opera del duomo. Mi hanno coinvolto per organizzare qualcosa di culturale. Ho pensato: “Abbiamo un duomo di una bellezza straordinaria, siamo in un tempo molto complesso, proviamo ad affrontare argomenti che ci aiutino a capire, in colloqui che ci raccontino cosa sta succedendo, dando spazio anche a laboratori per bambini”. C’è stata una bella risposta: il pubblico era molto appassionato e attento: non volava una mosca. Incontri con personaggi di alto livello sulla speranza: per ritornare a essere curiosi e inquieti. Che è la caratteristica dei veri cristiani».

Testo di Donatella Ferrario

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