N. 24 - 2015 14 giugno 2015
Sommario 24 - 2015

Credere n. 24 - 14/06/2015

Insieme di don Antonio Rizzolo

Quell’idea “buttata lì” che cambia la vita

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La storia di copertina | Christian Rock

The Sun: fede, amore e rock & roll

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Medici e aborto | Il dottore Antonio Oriente

Basta aborti, il ginecologo si converte

La difficoltà ad avere un figlio ha spinto il dottor Antonio Oriente a non eseguire più interruzioni di gravidanza. Grazie…

Ite, missa est | Enzo Romeo

Meglio poche parole

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Ite, missa est | Enzo Romeo

Meglio poche parole

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Non si cresce col proselitismo ma per attrazione, ripete Francesco. Ciò vale per la Chiesa e, in certa misura, anche per ciascuno di noi. Il nostro “proselitismo” sono le troppe parole che diciamo al prossimo, specie nei social network. Un diluvio digitale, che a volte diventa strategia. Basti pensare ai tweet o ai blog di certi politici. Siamo inondati di messaggi e diveniamo vittime di un “acceleratore di particelle” che non ci dà il tempo di assorbire i contenuti. E così le promesse rimangono promesse, cancellate da altre promesse che coprono e fanno dimenticare le precedenti.

«Sono passato dalle parole alla Parola», mi disse una volta un certosino. Prima di entrare in clausura, questo monaco faceva l’avvocato penalista e le parole gli servivano per arringare la corte. «Qui ho unificato la molteplicità», mi spiegò. Non ci farebbe affatto male un ritorno all’unico necessario. Imparando a rispettare le parole e a rimetterci in loro ascolto. Frédéric Grellier, un traduttore francese, ha perso la vista per una malattia progressiva ma continua a fare il suo lavoro grazie a un sistema computerizzato che legge i testi e trasforma in parole la sua voce. «Traduco dall’inglese a orecchio», dice Grellier. Nell’era delle immagini dovremmo essere tutti dei “non vedenti”, capaci di concentrarci sulla cadenza, il suono, la forza vibrante delle parole.

Se recuperiamo il peso specifico di ogni parola non ci sarà bisogno di dire tutto a tutti i costi. Un po’ di sano pudore non guasta, quel calore che arrossa le guance e ci ridà la misura di ciò che facciamo. La poetessa polacca Wis?awa Szymborska era inorridita dalla deriva contemporanea di mettere tutto in piazza, di trasformare le cose più intime della propria vita in panni da stendere fuori dalla finestra. «Confidarsi in pubblico è come perdere l’anima», diceva, «qualcosa bisogna pur tenere per sé». Nella certezza che nulla è nascosto all’amore. Vale la massima di un mistico del XII secolo, Riccardo di San Vittore: «Ubi amor, ibi oculus» (Dove c’è l’amore, lì c’è lo sguardo).



di Enzo Romeo

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