Credere n. 26 - 29/06/2014
La luce del Vangelo nelle periferie dell’esistenza
Cari amici lettori, per il suo ultimo viaggio apostolico in Italia papa Francesco ha scelto ancora una volta una “periferia”.
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INSIEME di don Antonio Rizzolo
La luce del Vangelo nelle periferie dell’esistenza
Cari amici lettori, per il suo ultimo viaggio apostolico in Italia papa Francesco ha scelto ancora una volta una “periferia”. Dopo essere stato a Lampedusa, ad Assisi e a Cagliari, è andato a Cassano all’Jonio. E domenica 5 luglio sarà a Campobasso. Questo delle periferie è un tema ricorrente nel vocabolario di papa Bergoglio, che già lo usava spesso da cardinale. Parlando all’Azione cattolica argentina disse: «L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro Battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica». Il termine periferia si contrappone a centro e indica ciò che sta ai margini ed è considerato poco importante, le persone povere, che non contano, chi si sente solo, abbandonato, inutile, chi pensa di essere stato dimenticato anche da Dio. Nelle periferie c’è chi non ha più speranza, chi abita nel buio e nell’ombra della morte. Ciascuno di noi abita una periferia, una periferia esistenziale: quando ci sentiamo delusi e stanchi della vita, quando pensiamo che non potremo cambiare mai perché «siamo fatti così» e restiamo chiusi nelle nostre cattive abitudini.
Papa Francesco va nelle periferie per portarvi la luce del Vangelo, per dire a ciascuno di noi: «Coraggio, non lasciarti rubare la speranza, lasciati commuovere dalla misericordia di Dio, riprendi vigore nel tuo cammino di vita cristiana». La parola del Vangelo che il Papa annuncia non è però un messaggio “buonista”, ma una parola di verità. Per questo Francesco non ha paura di usare parole dure per denunciare il male, perché le persone si possano convertire. Da questo punto di vista l’omelia di sabato 22 giugno, nella spianata di Sibari, è stata memorabile. «Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro», ha detto il Papa, «si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione; quando non si adora Dio, il Signore, si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza. [...] La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune». E ha concluso: «Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!». L’appello finale di Francesco è per tutti: «Rinunciamo a satana e a tutte le sue seduzioni; rinunciamo agli idoli del denaro, della vanità, dell’orgoglio, del potere, della violenza». Noi «non vogliamo adorare niente e nessuno in questo mondo se non Gesù Cristo». Cari amici, così sia per ciascuno di noi.