IL FUTURO DELLA CHIESA? POVERTÀ E CONDIVISIONE
Nel settembre 2013, padre Silvano Fausti ci raccontava del suo ultimo libro, edito con le edizioni San Paolo. Il biblista…
Credere n. 26 - 14/06/2015
Un nuovo stile di vita fondato sull’amore
Cari amici lettori, questo numero di Credere è particolarmente ricco. Oltre ad alcune belle testimonianze di fede e alle…
Don Maurizio Patriciello, il prete che non assolve chi inquina
Fra rifiuti tossici e degrado: a tu per tu con il sacerdote che, nella Terra dei fuochi, si batte per la salute dei cittadini.…
Salsa, origano, e Vangelo: la ricetta di padre Roberto
Una volta al mese il sacerdote-cuoco propone ai giovani di unire meditazione e teglie di pizza appena sfornate, in un momento…
Maria di Betania, un silenzio profumato
Maria è la sorella di Marta e di Lazzaro, gli amici di Gesù, che spesso lo ospitavano in casa loro.
Solo l’amore dà senso al dolore
Ite, missa est | Enzo Romeo
Solo l’amore dà senso al dolore
Illustrazione di Emanuele Fucecchi
Tutti cerchiamo di schivare la sofferenza. È normale. Qualche mese fa, rispondendo a un giornalista che gli chiedeva se avesse paura del gesto di un eventuale attentatore, papa Francesco ha risposto di no, ma ha aggiunto di aver chiesto al Signore una grazia: «Che non mi faccia male, perché non sono coraggioso davanti al dolore».
Chissà cosa avrà pensato Bergoglio a Torino davanti all’uomo della Sindone. In quel telo c’è l’impronta della compassione, dal latino cum patior (soffro con), sul calco del greco sympátheia, avere “simpatia”, provare emozioni con l’altro, quindi comunanza di dolore.
Ogni innamorato lo sa bene: quando batte forte il cuore c’è sempre un patema, magari impastato con la gioia. Colui che pretende di cancellare il dolore rischia di anestetizzare la vita. Alzi la mano chi ha conosciuto una giornata senza la presenza di un fastidio, di un pur minimo disagio. Perfino la più dolce notte d’estate ha le sue zanzare. Il punto è: perché soffrire? C’è qualcosa che può dar senso al dolore? La risposta, l’unica, è, appunto, l’amore. Che quando è autentico e integrale è anche misericordioso. Di nuovo l’etimo ci aiuta: misereor (aver pietà) e cordis (cuore).
La Sindone ci rimanda al Dio della compassione e della misericordia, che si fa compagno del nostro dolore e ci aiuta a portarne il peso, dandogli senso, come scriveva il cardinal Martini. Un Dio che posso trovare nella Chiesa, dove mi riconosco amato e reso capace d’amare, nonostante le fragilità, le contraddizioni e le paure. Che cos’è, se non questo, il sacramento della Riconciliazione? La sofferenza che segna la carne, come in quel misterioso uomo della Sindone, è trasformata dalla grazia in pienezza d’amore. Ho peccato, eppure Dio mi dice: «Rialzati, ricomincia a camminare, hai il mio perdono perché Io sono più grande del peccato».
Se il Vangelo è la legge costituzionale del cristiano, il primo articolo è questo: «La vita è una res publica fondata sull’amore».