Credere n. 28 - 13/07/2014
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Carlo Nesti - Morso, rimorso e perdono
«Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Nel Padre nostro, il perdono del prossimo è indicato…
Ite, Missa est
Carlo Nesti - Morso, rimorso e perdono
Illustrazione di Franco Bellardi
«Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Nel Padre nostro, il perdono del prossimo è indicato come la chiave essenziale per sperare di essere perdonati da Dio. Giorgio Chiellini, in campo, è un “gladiatore”, e spesso il suo agonismo sconfina nei falli.
Ma è, innanzitutto, un atleta leale, e dopo la lunga squalifica inflitta all’attaccante uruguayano Suarez, per il morso (senza rimorso) rifilatogli in un raptus di follia, lo ha perdonato, e ha considerato la punizione troppo severa. Se, nella vita di ogni giorno, dopo un litigio, scattassero la sanzione della legge e il perdono della vittima, si compirebbe un passo avanti decisivo verso un mondo più umano.
In uno sport violento come il rugby, dal quale ci si aspetterebbe regolamenti di conti a fine partita, esiste invece il “terzo tempo”. Si tratta di una fase, esaurito il gioco e acquisito il risultato, in cui gli avversari si riappacificano, dopo le botte date e prese. Capisco che è una utopia pensare a qualcosa del genere anche nell’esistenza quotidiana, all’interno, ad esempio, di un tribunale, dove si mescolano le ragioni della giustizia e gli istinti della vendetta. Eppure Gesù ci chiede questo: «Se dunque tu sei per deporre sull’altare la tua offerta e là ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa a tuo carico, lascia la tua offerta davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; dopo verrai ad offrire il tuo dono» (Matteo 5,23).
Mi sconcerta che, dalla parte di Suarez, si sia schierato il presidente dell’Uruguay, Pepe Mujica. Riceve dallo Stato 12 mila dollari al mese per il suo lavoro alla guida del Paese, ma ne dona circa il 90% ai bisognosi.
Ebbene: proprio una persona, come lui, di livello morale nettamente superiore alla media, ha trattato lo stadio alla stregua di un “porto franco”, nel quale è possibile infrangere qualsiasi divieto, come fanno i teppisti. Caro presidente, chiamiamolo... autogol, con la speranza che non si ripeta mai più.
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IL MIO ALLENATORE SI CHIAMA GESù
Un libro di Carlo Nesti