N. 28 - 2015 12 luglio 2015
Sommario 28 - 2015

Credere n. 27 - 12/07/2015

Insieme di don Antonio Rizzolo

Preghiamo insieme per tutte le nostre famiglie

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Il vescovo ecologista consigliere del Papa

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Il ritratto | Don Massimo Mapelli

«La carità? Una sfida e un’avventura»

Da un supermercato a Cesano Boscone per famiglie disagiate a comunità e cooperative per minori non accompagnati. Per don Massimo Mapelli il Vangelo è rispondere alle sfide del quotidiano.

 

Foto Reuters

In foto: don Massimo Mapelli, 43 anni, originario di Merate (Lecco). 

Dentro un capannone, periferia di Rozzano. Tra cataste di legno e muletti che sfrecciano, un gruppo di operai molto giovani si dà da fare: piegati su un tavolaccio di legno, i tappi nelle orecchie, la sega elettrica che stride, riparano i bancali che poi ripiazzeranno sul mercato. È il loro lavoro, e lì in mezzo c’è il Vangelo. A qualche chilometro di distanza, nello scantinato di un palazzo di Cesano Boscone, otto volontari battono i prezzi in cassa, riempiono gli scaffali con scatole di pasta e verdura fresca mentre decine di clienti fanno la spesa. È il supermercato dei poveri, lì in mezzo c’è il Vangelo.

Ad altri tre quarti d’ora di strada, un nastrino di asfalto si insinua timoroso tra praterie di erba e campi di riso, sbuca tra gli alberi una villa, sotto il portico c’è una tavola apparecchiata, in cucina un adolescente egiziano spadella cous cous. È la comunità di accoglienza dove vivono 23 “minori non accompagnati”. Vogliamo parlare di Vangelo? È come un lavoro di maglia: ogni sferrata intreccia la vita quotidiana alla parola di Gesù: «Non ho fatto altro che prendere il Vangelo e modularlo nell’impegno sociale, ho solo portato la vita di Gesù in quella di tutti i giorni», dice don Massimo Mapelli. In effetti, non fu Gesù che disse ai suoi discepoli di dividere i loro tozzi di pane e i loro quattro pesci? All’inizio anche loro erano perplessi, si chiedevano come si potesse sfamare una moltitudine con così poco cibo, invece poi il miracolo accadde. «Ed è sempre così, anche se ti sembra impossibile, puoi sempre dividere quello che hai, e in questo gesto tutto si moltiplica».

Don Massimo ha 43 anni, è nato a Merate, il padre era presidente delle Acli e assessore ai servizi sociali, la madre volontaria nella parrocchia della città. Dice che ha masticato Vangelo da sempre, ma declinato nella concretezza delle cose, mica la sua semplice lettura. Poi ha sentito chiaramente che la vita di Gesù era affascinante: «È per questo che mi sono fatto prete. Sono attratto dal suo stile di vita, da quel sovversivo pensare secondo cui darsi fino in fondo significa ricevere nuova vita, sono costantemente incuriosito dalla sfida e dall’avventura della carità vera». Dopo diversi anni a Paderno Dugnano, sette come vicepresidente della Casa della Carità e un impegno, tuttora in corso, come responsabile pastorale della zona sesta della diocesi di Milano, don Massimo ha costruito un’incredibile rete di solidarietà.

Rifacciamo l’elenco: nel 2000 ha fondato l’associazione “Una casa anche per te onlus”, ha dato vita a Rozzano alla cooperativa di bancali nella quale oggi lavorano 21 dipendenti (per la maggior parte si tratta di ex minorenni non accompagnati che oggi sono diventati adulti), ha aperto Casa Homer, una casa di accoglienza a Zinasco Vecchio per ragazzi stranieri arrivati in Italia da soli, ha creato un supermercato a Cesano Boscone per le famiglie disagiate che fanno la spesa gratis, sta partecipando insieme a Libera al recupero di una villa confiscata alla ’ndrangheta a Cisliano. Forse lo possiamo dire: don Massimo Mapelli, il “prete solidale”. Ma partiamo dall’inizio: nel 1997 don Massimo era un giovane parroco di Paderno Dugnano. Nel suo oratorio cominciò a fare il doposcuola ai bambini rom e a quelli seguiti dall’assistenza domiciliare.

Lo aiutava una persona che da allora non l’avrebbe mai mollato: Licia Brunello, oggi 55 anni, veterana maestra delle scuole elementari di via Padova, a Milano, che dagli anni ’80 cominciò ad accogliere e scolarizzare nelle sue classi i bambini dei campi rom. «A un certo punto ci siamo accorti che il doposcuola non bastava più. Tanti bambini rom avevano bisogno di un ambiente di vita più sereno, cominciavano ad arrivare i primi ragazzini con i barconi dal Marocco e dall’Egitto, non avevano nessuno». Nel 2004, don Massimo ottenne in comodato d’uso gratuito Cascina Triulza a Rho e fondò Casa Homer, una comunità di accoglienza per minori. «Con l’arrivo di Expo abbiamo dovuto spostarci», racconta. «Oggi siamo a Zinasco Vecchio, a Pavia».

Ed è quello il cuore di tutta la sua frenetica rete solidale. «Ho avuto dei grandi insegnamenti da Gesù», continua, «come l’episodio della samaritana: Gesù va alla fonte, lei è una donna che ha avuto cinque mariti, è mal vista, nessuno la considererebbe. Invece lui le parla, le chiede di diventare la sua annunciatrice. Questa esperienza è diventata vera anche per me: ho incontrato persone che sono state escluse dalla società ma che a me hanno ridato energia vitale. Sono state il modo in cui ho sentito la presenza dello Spirito Santo, l’ispirazione per ri-vivere alla sua maniera.

Poi, il grande esempio del cardinal Martini: ci diceva sempre che la città andava guardata dalla Casa della Carità, che, se si voleva capire il futuro, bisognava osservare la vita dagli occhi dei diseredati». «Il Vangelo è scomodo perché ci chiede di smettere di guardare solo noi stessi, ci sprona a farci avanti. Siamo capaci tutti di fare solidarietà se il tuo prossimo non ti rompe le scatole. Invece lui ti dà fastidio, ti urta, chiede». Che cosa chiede? «Le persone che arrivano qui chiedono un futuro», risponde don Massimo, «e qui cerchiamo di dargli una mano a costruirlo».

Testo di Stefania Culurgioni

Foto di Fabrizio Annibali ?

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