N. 3 2015 18 gennaio 2015
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Edoardo Menichelli

Piace ai giovani e ha una passione: la famiglia

Invitato al Sinodo da papa Francesco, ha sempre avuto un’attenzione particolare per i fidanzati e per i ragazzi: «Con loro c’è feeling», ci dice oggi.

In foto: Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona - Osimo

In foto: Mons. Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona-Osimo

Quando si recava in visita pastorale nella diocesi di Chieti-Vasto (che ha retto dal 1994 al 2004), guidava una utilitaria rovinata dagli anni e dai chilometri, portando con sé, seduto al posto del passeggero, don Panfilo, il suo vicario episcopale. E quando scendevano dall’auto, lui con i pantaloni stropicciati per le ore di guida e il suo vicario a proprio agio nell’impeccabile tonaca nera, non pochi fedeli si inginocchiavano davanti a don Panfilo. Che era costretto a precisare: «Non io, è lui l’arcivescovo», indicando l’autista che, defilato, se la rideva sornione.

Monsignor Edoardo Menichelli – don Edo, come si fa chiamare anche nella diocesi di Ancona-Osimo che governa da 10 anni – la berretta cardinalizia proprio non se l’aspettava. Schivo e riservato, non ama essere intervistato. «Le strade di Dio sono singolari, silenziose e misteriose. Sento la responsabilità per questa nomina e la necessità di pregare», ha detto a Credere, il primo giornale che ha raccolto le sue impressioni da futuro cardinale. «Che cosa cambierà nel mio ministero? Di sicuro, c’è una nuova consapevolezza. Cresceranno le responsabilità ma, quando uno ama davvero, esse diventano un compito gioioso. Il mio dovere di pastore è quello di testimoniare verità e misericordia».

La misericordia è uno dei temi su cui don Edoardo ha fondato la sua pastorale. Al Sinodo sulla famiglia, dove è stato invitato da papa Francesco, aveva esortato a «cercare percorsi di misericordia e accompagnamento» nei casi in cui «non si realizzi il progetto di Dio». Di don Edo resta famoso un appello che rivolse ai ragazzi di Chieti, quando ammise: «Noi adulti abbiamo fatto una cosa orrenda: far crescere i giovani con l’idea che l’importante è sistemarsi in tutto, anche nella fede. Invece, la comunità cristiana deve accompagnarli a rischiare l’esistenza per il Vangelo, e non a consumare la fede con superficialità, come si consuma un aperitivo al bar». Con i ragazzi, del resto, Menichelli ha sempre avuto un rapporto genuino, fraterno: «Ho avuto la grazia di avere con loro un feeling straordinario e mi consola l’aver sperimentato come questa mia passione sia stata non soltanto accolta, ma anche ben ricambiata», ammette oggi.

Originario di Serripola, una piccola frazione di San Severino Marche (Macerata), la vita di don Edoardo non è stata facile. Ed è forse per questo che è sempre stato capace di asciugare lacrime, lenire ferite, risollevare chi era caduto. La morte di entrambi i genitori, quando lui e le sorelle erano piccoli, lo segnò. Ma l’amore perso si riconquista donandolo: e la passione che don Edoardo ha sempre messo in ogni attività è anche un tentativo di dare senso a quella perdita. Passione soprattutto per le famiglie: dal 1974, quando era viceparroco in una chiesa di Roma (poco dopo l’ordinazione sacerdotale fu chiamato al servizio della Santa Sede, presso il Supremo tribunale della Segnatura apostolica, e in seguito lavorò alla segreteria della Congregazione per le Chiese orientali), iniziò a seguire la formazione delle coppie di fidanzati. «Ho benedetto le nozze di centinaia di sposi», ricorda ora, «e fu proprio in quegli anni che capii quanto la famiglia sia la “parte”più bella della società, ma anche della Chiesa. Senza la famiglia, i sacerdoti sarebbero “disoccupati”, perché essa è il luogo dove viene custodita e donata la vita». Riflettendo sui lavori del Sinodo, rimarca: «Il problema non può essere “Comunione sì-Comunione no” a quanti hanno fatto l’esperienza di un matrimonio sbriciolato. Il vero nocciolo della questione è riuscire a ridare pace alle persone che hanno sperimentato un fallimento». Secondo il cardinale Menichelli, dunque, occorre ripensare anche il cammino di preparazione al matrimonio: «Ho avuto la fortuna di avere una famiglia povera, semplice, ma molto unita. Ma, oggi, l’amore e il suo approdo gioioso non sono più dentro una “vocazione”, quanto piuttosto dentro un’esperienza che c’è finché dura». E ai suoi giovani, invece, ripete, attraverso Credere, una frase che gli è cara: «Ricordate che l’Amore, ogni amore, è paziente. Nessuna conoscenza passa attraverso la fretta. L’amore si misura in base al sacrificio che comporta!».

 

Testo di Agnese Pellegrini

 

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