Credere n. 30 - 27/07/2014
Un rinnovato slancio missionario per tutta la Chiesa
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«I poveri mi hanno convertito»
A tu per tu con padre Alex Zanotelli, 76 anni, comboniano, uno dei missionari più noti d’Italia. Prima in Sudan, poi in…
L’abbraccio del Papa al fratello evangelico
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Nel magico mondo di Sorella Fantasia
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Francesco, il santo dei tempi di crisi
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Carlo Nesti - Una lezione che arriva dai mondiali
I Mondiali di calcio, per la prima volta, non verranno ricordati per la vittoria finale, ma per una sconfitta: Brasile 1…
Ite, Missa est
Carlo Nesti - Una lezione che arriva dai mondiali
Illustrazione di Franco Bellardi
I Mondiali di calcio, per la prima volta, non verranno ricordati per la vittoria finale, ma per una sconfitta: Brasile 1 - Germania 7, dopo Spagna 1 - Olanda 5.
Il crollo dei padroni di casa ha assunto mille significati. Un intero Paese, innamorato del pallone, è caduto in stato di prostrazione, come se già non bastassero i problemi economico-esistenziali. Ma c’è un aspetto, collegato a una frase di papa Francesco, che non può passare inosservato. Ricordate quando il Pontefice, rivolto ai calciatori, disse: «Siate dilettanti»? Intendeva dire: «Non smarrite, nonostante gli interessi del business, la spontaneità di quando eravate semplici amatori, bambini entusiasti».
Senza ricorrere a confronti esagerati, tipo l’episodio in cui Gesù, nel Vangelo, sceglie proprio la semplicità dei bambini come modello, un messaggio molto chiaro scaturisce anche da stadi gremiti, così lontani dai luoghi deserti delle predicazioni del Signore. Tutti abbiamo sempre ammirato il talento dei campioni brasiliani, perché non si è mai discostato troppo dalla fantasia del gioco primordiale, quello della spiaggia per loro, e della strada per noi. Abbiamo sognato di essere come Pelè, Garrincha, Zico, Ronaldo...
La tensione pazzesca, con la quale la squadra di Scolari è scesa in campo, e la necessità di vincere, per garantire entusiasmo a un popolo sterminato, e magari pure consenso a un contestatissimo governo, ha annientato la spontaneità.
E così, quella partita diventa metafora: quante volte la pressione degli impegni quotidiani ci snatura, e ci rende freddi e indifferenti, o addirittura cattivi e crudeli?
Anche nei momenti in cui sembra dominare solo il “dio denaro”, guai a dimenticare chi è il vero Dio, e quanto essere noi stessi, piacendo a Dio, conti più del profitto! Guai a dare a una sconfitta sportiva lo stesso peso di un terremoto, di un ciclone o di uno tsunami!
Perciò, il senso della misura cristiano, illuminato dallo Spirito Santo, non ci abbandoni mai.
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IL MIO ALLENATORE SI CHIAMA GESù
Un libro di Carlo Nesti