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Giovanni Mazzucconi
Un missionario alla fine del mondo
Il professore di religione Claudio Gobbetti ha realizzato con i suoi studenti un film sulla vita del sacerdote che portò il Vangelo in Papua Nuova Guinea nell’Ottocento. E l’opera è stata trasmessa dalla televisione di quel lontano Paese
Dal 19 al 21 settembre a Castel Goffredo (Mantova), si svolgerà Giovani artisti in piazza, un festival – alla sua seconda edizione – che mette a tema Inventare il futuro. All’interno dell’evento è prevista la proiezione di Beato fra il cielo e il mare, un “film” di un’ora e mezza dedicato a Giovanni Mazzucconi, uno dei primi missionari del Pime, lecchese di origine, martirizzato in Oceania nel 1855. Tale film è stato realizzato grazie alla collaborazione di studenti e genitori del liceo artistico Dal Prato di Guidizzolo nell’estate del 2012.
Anima del singolare progetto è Claudio Gobbetti, insegnante laico di religione nel suddetto liceo e nell’istituto tecnico-commerciale di Castiglione delle Stiviere, entrambi in provincia di Mantova. Gobbetti, che ha 50 anni e ha studiato teologia nel Pime, parla con entusiasmo di un’iniziativa che ha coinvolto un centinaio di persone: «Il video-racconto è stato presentato dalla Tv nazionale in Papua Nuova Guinea (in Oceania) doppiato in inglese ed è stato donato a papa Francesco, il quale ha espresso la sua gratitudine attraverso la Segreteria di Stato». Nei mesi scorsi il video, che non ha scopo di lucro, è stato presentato presso ad Asola (Mantova) e a Cologna Veneta (Verona), in entrambi i casi con successo di pubblico. Stiamo parlando di un prodotto artigianale, senza troppe pretese artistiche, ma che comunque riesce a restituire l’ambiente dell’epoca.
Come è nata l’idea di un film su padre Mazzucconi, un uomo così lontano nel passato?
«Durante le estati vivo intense esperienze con i missionari Pime nel mondo. Sono stato sei volte in Papua Nuova Guinea (Oceania-Melanesia) dove uno dei primi missionari del nascente Pime è stato ucciso sull’isola di Woodlark e poi proclamato beato. Nel 2005 il Laboratorio missionario di Lecco mi ha chiesto di scrivere le mie avventure sulle isole della Papua ripercorrendo i sentieri del beato Mazzucconi a 150 anni dal suo martirio. La pubblicazione dal titolo Là dove pochi arrivano, viaggio sulle isole dei non famosi ha avuto molto successo: l’ho scritto in modo divertente, ma finalizzato alla riflessione. Ben presto mi sono accorto che in Papua tanti giovani sono molto curiosi di sapere com’è il lontano paese nativo del beato Giovanni Mazzucconi e molti miei studenti sono altrettanto curiosi di conoscere come sono queste isole, quasi dimenticate, nell’Oceano Pacifico. Da qui è nata l’idea di provare a realizzare un video racconto “film” amatoriale che potesse soddisfare le due curiosità».
Un’impresa non facile…
«Sì, perché affrontata senza sponsor economici e soprattutto con mezzi tecnici limitati: non abbiamo usato una video-camera, ma una semplice macchina fotografica che riprende filmati Full HD».
Che idea ti sei fatto del personaggio Mazzucconi?
«Mazzucconi è un missionario che risente della cultura romantica dell’Ottocento. Tuttavia, anche se potrà sembrare strano, presenta aspetti di grande fascino per i giovani del nostro tempo: il coraggio dell’avventura verso l’ignoto; il suo andar per mari su isole sconosciute, rischiando la vita ogni giorno; l’essere un segno di contraddizione, sia nella società, che con i genitori che desideravano rimanesse in Italia. Tali temi, in realtà, sono molto provocatori, specie per gli adolescenti».
Come hai fatto a contagiare della tua passione missionaria anche attori, comparse, tecnici?
«Non c’è nulla di più contagioso dell’entusiasmo. Siamo partiti con solo pochi studenti; cammin facendo, siamo diventati, in brevissimo tempo, novanta persone tra studenti, genitori e amici vari. Ho scoperto che nulla è più bello di vedere l’entusiasmo in opera: genitori che dialogano con i loro figli adolescenti per progettare e risolvere i problemi scenografici, tutti in cerca di come poter far meglio, anche se nessuno aveva mai fatto prima una esperienza simile… Poi è arrivata la fase più complicata, quella del montaggio delle centinaia di riprese fatte. Non voglio dimenticare che sono state inserite nel film anche scene fatte con giovani della Papua Nuova Guinea in abiti tradizionali sulle isole dove ha vissuto Mazzucconi».
C’è qualche episodio della lavorazione particolarmente interessante?
«Quando siamo andati a riprendere le scene ad Asola (Mantova), la Nazionale volontari carabinieri ha bloccato un intero paese con divieti di sosta per le scene con il cavallo e la carrozza. Tutto il paese, stupito, cercava di capire cosa stesse succedendo…. Quando hanno visto l’improvvisato “regista” con una comune macchina fotografica che inseguiva il cavallo, non sono mancate grandi risate… Durante le riprese, il cavallo si è spaventato ed è scappato con la diligenza carica dei giovani studenti, improvvisati attori, fino a terminare la frenetica corsa in un fosso… Nessuno si è fatto male, neppure il cavallo, ma il grosso spavento non è mancato».
Hai trovato aiuto in qualche sacerdote della zona?
«Sì. Il parroco di Castel Goffredo, don Giuseppe Bergamaschi, entusiasmato del progetto, ha accettato d’improvvisarsi attore nel ruolo del cardinale Romilli, arcivescovo di Milano ai tempi di Mazzucconi, che celebra l’ordinazione dei futuri sacerdoti. Le persone che entravano in chiesa, ignare di cosa stesse succedendo, vedevano il loro parroco vestito da cardinale e giovani della parrocchia che andavano in giro vestiti da sacerdoti… Il parroco ha dovuto spiegare a tutti che era una finzione, una scena per un film».
Puoi raccontare in breve come è nata la passione per la missione?
«Da adolescente frequentavo spesso a Roma i missionari di Madre Teresa di Calcutta. In alcune occasioni, per fortunata casualità, mi sono incontrato con Madre Teresa: quegli incontri mi mandarono in crisi e mi fecero molto riflettere sulle cose più importanti della vita che danno una gioia interiore particolare. Poi, vicino a Governolo, il paese dove sono nato in provincia di Mantova, ho conosciuto un grande missionario, morto martire nelle Filippine nel 1985: padre Tullio Favali, nato a Sacchetta di Sustinente, non lontano da casa mia. Fu lui a farmi conoscere, per primo, il Pime e a stimolarmi il fascino dell’avventura missionaria.
Questi due personaggi hanno certo influito tantissimo nella mia vita: i loro ricordi e le loro testimonianze rimangono sempre vivi in me, regalandomi entusiasmo ovunque vado».
Testo di Gerolamo Fazzini