Perché il cristianesimo non è un’ideologia
Cari amici lettori, questo numero è stato chiuso in redazione lunedì 21 settembre, poco dopo l’inizio del viaggio apostolico…
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Ma io sono speciale?
Un teorico lettore di Credere che non me ne fa passare una, mi compare quando invio gli articoli alla redazione.
INSIEME di don Antonio Rizzolo
Perché il cristianesimo non è un’ideologia
Cari amici lettori, questo numero è stato chiuso in redazione lunedì 21 settembre, poco dopo l’inizio del viaggio apostolico del Papa a Cuba e negli Stati Uniti. Nelle pagine che seguono troverete un primo resoconto degli eventi. Dell’omelia di domenica, tenuta in Plaza de la Revolución, a l’Avana, mi ha colpito questa frase: «Il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone». È un’espressione che spiega bene che cosa sia la nostra fede. Non è un’ideologia, cioè un insieme di idee, di principi, norme, valori, ma incontro con l’altro che diventa servizio, amore.
Questo incontro è prima di tutto con Gesù Cristo. La fede, infatti, è essenzialmente apertura del cuore, stupore di fronte alla misericordia di Dio che si è manifestata per noi in Cristo. Lo sintetizza bene san Paolo scrivendo ai Galati: «Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (2,20). Questa esperienza di incontro con il Signore, con la sua misericordia, è alla base della nostra vita cristiana. Noi scopriamo questa presenza di Cristo che ci guarda con benevolenza e ci incoraggia a tirare fuori il meglio di noi, soprattutto ascoltando la parola di Dio e accostandoci ai sacramenti, in particolare all’Eucaristia.
Ma c’è una presenza speciale di Cristo, che è come la prova del nove per saggiare se la nostra fede in lui è autentica. Si tratta degli altri, anzi del volto dell’altro, come scriveva il filosofo Lévinas. Un volto che si presenta a noi nella sua diversità, nella sua fragilità, nel suo bisogno di essere riconosciuto, accolto, amato. L’ha spiegato bene ancora una volta papa Francesco nella sua omelia: «Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello». Lo stesso Gesù ci ha ricordato tutto questo, più volte, nel Vangelo: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Matteo 25,40).
Cari amici, le parole del Papa al popolo cubano valgono anche per noi. Non facciamo della nostra fede un’ideologia che ci chiude il cuore, camminiamo nella speranza, consapevoli della grandezza della nostra vocazione: «Vi invito a prendervi cura di questa vocazione, a prendervi cura di questi doni che Dio vi ha regalato, ma specialmente voglio invitarvi a prendervi cura e a servire la fragilità dei vostri fratelli. Non trascurateli a causa di progetti che possono apparire seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi ti sta accanto».
<p>Cari amici lettori, questo numero è stato chiuso in redazione lunedì 21 settembre, poco dopo l’inizio del viaggio apostolico del Papa a Cuba e negli Stati Uniti. Nelle pagine che seguono troverete un primo resoconto degli eventi. Dell’omelia di domenica, tenuta in Plaza de la Revolución, a l’Avana, mi ha colpito questa frase: «Il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone». È un’espressione che spiega bene che cosa sia la nostra fede. Non è un’ideologia, cioè un insieme di idee, di principi, norme, valori, ma incontro con l’altro che diventa servizio, amore. </p>
<p>Questo incontro è prima di tutto con Gesù Cristo. La fede, infatti, è essenzialmente apertura del cuore, stupore di fronte alla misericordia di Dio che si è manifestata per noi in Cristo. Lo sintetizza bene san Paolo scrivendo ai Galati: «Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (2,20). Questa esperienza di incontro con il Signore, con la sua misericordia, è alla base della nostra vita cristiana. Noi scopriamo questa presenza di Cristo che ci guarda con benevolenza e ci incoraggia a tirare fuori il meglio di noi, soprattutto ascoltando la parola di Dio e accostandoci ai sacramenti, in particolare all’Eucaristia. </p>
<p>Ma c’è una presenza speciale di Cristo, che è come la prova del nove per saggiare se la nostra fede in lui è autentica. Si tratta degli altri, anzi del volto dell’altro, come scriveva il filosofo Lévinas. Un volto che si presenta a noi nella sua diversità, nella sua fragilità, nel suo bisogno di essere riconosciuto, accolto, amato. L’ha spiegato bene ancora una volta papa Francesco nella sua omelia: «Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello». Lo stesso Gesù ci ha ricordato tutto questo, più volte, nel Vangelo: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Matteo 25,40).</p>
<p>Cari amici, le parole del Papa al popolo cubano valgono anche per noi. Non facciamo della nostra fede un’ideologia che ci chiude il cuore, camminiamo nella speranza, consapevoli della grandezza della nostra vocazione: «Vi invito a prendervi cura di questa vocazione, a prendervi cura di questi doni che Dio vi ha regalato, ma specialmente voglio invitarvi a prendervi cura e a servire la fragilità dei vostri fratelli. Non trascurateli a causa di progetti che possono apparire seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi ti sta accanto».</p>