Perché il cristianesimo non è un’ideologia
Cari amici lettori, questo numero è stato chiuso in redazione lunedì 21 settembre, poco dopo l’inizio del viaggio apostolico…
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Speciale | Viaggio del Papa a Cuba
A Cuba «Servire è avere cura della fragilità»
Più di mezzo milione di fedeli ha assistito alla Messa celebrata da Francesco a l’Avana. «Il cristiano abbia a cuore innanzitutto la dignità dei fratelli», ha detto il Papa ai cubani che, dopo il disgelo con gli Stati Uniti, vanno incontro a una “nuova vita”.
In foto: Lo scambio di doni tra Papa Francesco e il presidente cubano Raul Castro al Palacio de la Revolucion dell'Avana.
Nella Plaza de la Revolución all’Avana coro e orchestra hanno provato fino a tarda notte i canti della Messa celebrata qui da papa Francesco. E al mattino la voce si è alzata forte e armoniosa nonostante la gran calura: «Passano gli uomini, chiamali Signore…». Sullo sfondo Che Guevara, nell’enorme ritratto stilizzato, sembrava il santo di una cattedrale. Ci si può confondere in questi giorni a Cuba, che pure è abituata alle visite papali: nel ’98 venne Giovanni Paolo II, nel 2012 Benedetto XVI. Per una singolare alchimia della storia è stata proprio la Chiesa, a lungo costretta al silenzio, a rompere l’isolamento di questo Paese, sciogliendo il grumo di ostilità che per oltre cinquant’anni ha diviso l’ultimo baluardo comunista dal colosso capitalista dirimpetto. Ora, però, Bergoglio mette in guardia da un doppio rischio: strumentalizzare il servizio per fini ideologici, escludendo chi non è dalla propria parte (ed è l’accusa che i dissidenti fanno ai castristi); cedere alle sirene di modelli seducenti ma che creano esclusione (e qui lo sguardo si volge verso gli States).
La tentazione di farsi sedurre dalla ricchezza riguarda tutti. Il Papa ne ha parlato a lungo al clero e ai religiosi nella cattedrale dell’Avana: guai a farsi sedurre dallo spirito mondano. E ai giovani l’invito appassionato a non rinunciare ai grandi sogni. Tutti devono trovare un equilibrio in questa delicata fase di transizione. Per questo Francesco ha voluto far precedere il programmato viaggio negli Stati Uniti da una intensa tre giorni cubana. Arrivare a Washington da Cuba non è come giungervi da Roma. Significa proporre lo sdoganamento definitivo dell’ex nemico; e vuol dire anche presentarsi negli Usa da sud, ricalcando la rotta di tanti immigrati latinos che si mettono in marcia, spesso a rischio della propria vita, alla ricerca di un futuro.
L’accordo tra Stati Uniti e Cuba, ha detto Francesco, può essere «un esempio di riconciliazione per il mondo intero», che sta sperimentando una terza guerra mondiale «a pezzi». In aereo il Papa ha ricordato ai giornalisti che l’esodo migratorio di tanti disperati verso l’Europa è un effetto della guerra; e ha raccontato della commozione che ha provato alla partenza da Roma, quando a salutarlo si è presentata la famiglia di profughi siriani ospitata in Vaticano.
La forza attrattiva di Francesco sembra quasi compensare la parabola decadente di Fidel Castro. Il Papa è andato a casa del Líder máximo, ormai vecchio e malato ma che non ha perso il piglio da condottiero. Bergoglio gli ha regalato l’enciclica Laudato si’ e un libro-cd con le omelie di padre Armando Llorente, il gesuita che fu professore di Fidel. Questi ha ricambiato con un volume che parla del suo rapporto con la religione, scritto da frei Betto, esponente della teologia della liberazione.
Francesco ammira un popolo divenuto simbolo dell’America latina per la capacità di opporsi a lungo alla “colonizzazione” statunitense, però conosce anche i problemi presenti a Cuba. Nel messaggio televisivo diffuso due giorni prima del suo arrivo ha fatto cenno alle difficoltà di ogni giorno che i cubani devono sopportare. Gli oppositori politici sono ancora vessati e l’economia è a pezzi. I palazzi e le strade rattoppate sono il segno di un declino che non ci si affanna più a nascondere. Poi ci sono il boom del turismo e la miriade di piccole imprese familiari che vanno formando l’embrione di una nuova classe media. Nessuno può dire come sarà Cuba domani, se ci sarà una parabola come quella vista nell’Europa dell’Est dopo il dissolvimento del blocco sovietico; o se prevarrà un percorso politico di tipo cinese, con aperture al mercato ma non al sistema democratico. Certo, se si vuol prendere il largo bisogna mettere in conto la possibilità di incontrare qualche tempesta.
Una giovane donna ha appena visto passare Francesco, sorridente, sulla papamobile. Anche lei sembra felice, poi guarda verso il mare e diventa pensosa: «Spero», dice, «che tutto questo possa segnare il nostro cammino e aprirci definitivamente al mondo».
Testo di Enzo Romeo