Le famiglie cristiane, luogo in cui germoglia la fede
Cari amici lettori, permettetemi di iniziare questo appuntamento settimanale con un riferimento personale. Il 29 settembre…
«Famiglia, una fabbrica per la speranza»
«La società cresce buona, forte e solida se cresce sulla bontà e sull’amore», ha esclamato Francesco all’Incontro mondiale…
Nelle braccia di Dio siamo sempre liberi
La filosofa ebrea Simone Weil era attratta dalla fede cristiana e aveva fame di Dio, ma rifiutò di farsi battezzare, negandosi…
La storia di copertina | Il viaggio del Papa
«Famiglia, una fabbrica per la speranza»
«La società cresce buona, forte e solida se cresce sulla bontà e sull’amore», ha esclamato Francesco all’Incontro mondiale delle famiglie di Philadelphia. In queste pagine, il racconto del viaggio negli Stati Uniti, con le immagini più belle e le frasi più significative del Papa.
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«Scusate se interrompo la lezione» ha esordito così il Papa entrando in una scuola del quartiere afroamericano di Harlem, a New York.
Se un aereo atterra a Washington da Cuba è già una notizia, figuriamoci se a bordo c’è il Papa. Tre città in cinque giorni di viaggio, non male per chi, come Bergoglio, in vita sua non aveva mai messo piede negli Stati Uniti. La Casa Bianca, il Congresso, l’Onu, Ground Zero, il Parco dell’Indipendenza.
Francesco ha toccato i luoghi simbolo dell’America, ma senza restare prigioniero dei palazzi del potere e senza neppure farsi condizionare dall’enorme apparato di sicurezza che lo ha circondato. Dopo il discorso al parlamento americano si è recato in una parrocchia a incontrare poveri e senzatetto; dopo l’intervento all’Assemblea delle Nazioni Unite ha fatto visita a una scuola di Harlem. «Scusate se rubo un po’ di tempo alla vostra lezione», ha detto ai ragazzi, che invece non volevano più lasciarlo andar via. Parlare a tutti, a chi vive ai margini, come si è visto con la vista al carcere di Philadelphia, dove sono rinchiusi quasi duemilaottocento detenuti.
«Il vostro dolore, le vostre ferite sono quelle della società», ha detto Francesco, che ha messo in guardia da un Paese che non prevede la redenzione per chi sbaglia. Primi e ultimi sono misurati da Francesco sulla parola del Vangelo. Il dovere di chi governa una nazione è quello di sostenere chi ha meno possibilità. Bergoglio si è presentato come figlio di emigrati e ha detto che un Paese nato per opera di coloni non dovrebbe costruire muri ma puntare sempre all’integrazione. L’incontro con la vasta comunità ispanica e con gli altri gruppi di immigrati lo ha tenuto davanti all’Indipendence Hall, dove furono firmate la dichiarazione di indipendenza e la Costituzione degli Stati Uniti. Quei valori di libertà e di rispetto della dignità di ogni persona vanno ribaditi e messi in pratica ancora oggi.
Questioni su cui c’è grande dibattito in questo periodo di campagna elettorale per le primarie presidenziali. Lo sforzo di inclusione passa anche favorendo la crescita di uno spirito religioso pacifico e riconciliato. Emozionante la preghiera al Memorial dell’11 settembre con il rabbino e l’imam, entrambi molto giovani, che si sono abbracciati davanti al Papa: è stato intonato il canto dei defunti per chi perse la vita nell’attentato del 2001. Cristiani, induisti, buddhisti, sikh intorno a Francesco, a cui sono spettate le ultime parole: «Il Dio della pace tocchi il cuore di chi giustifica l’uccisione in nome della religione. Accettiamo e riconciliamo le differenze. Che sia pace, soltanto pace».
Alla fine tutto si è sciolto in un grande abbraccio collettivo ai piedi della Freedom Tower, il grattacielo più alto di New York costruito al posto delle Torri gemelle, simbolo che l’odio e la distruzione non possono avere la meglio sulla vita e sulla voglia di ricominciare. Poco prima, al Palazzo di vetro Francesco aveva detto che le nazioni devono essere unite, certo, ma non dalla paura. L’accordo sull’Iran è un buon esempio di come si possano risolvere i problemi con la diplomazia, ma altrove non si riesce a far lo stesso. La persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e in parte dell’Africa è una ferita per la coscienza del mondo. Intervenire per fermare queste violenze e proteggere le popolazioni innocenti è una priorità irrimandabile. Al centro del suo intervento il Papa ha posto la salvaguardia del creato e l’inclusione sociale, questioni cruciali e correlate.
Il «diritto all’ambiente», come lo ha chiamato il Papa, dipende dall’uso equo e solidale delle risorse del pianeta, superando la cultura dello scarto. Nella visita a Capitol Hill, la collina su cui sorge la Casa Bianca, aveva toccato altri tasti scomodi, ma questa volta soprattutto in chiave americana: la pena di morte, che andrebbe abolita; lo stop al commercio delle armi, che genera e alimenta le guerre; un’imprenditoria e una finanza misurate sull’uomo e non sui giochi speculativi. Insieme a Lincoln e a Martin Luther King ha preso ad esempio la sindacalista cattolica Dorothy Day e il monaco Thomas Merton, grandi figure di una Chiesa aperta e dialogante ma di sicuro sconosciute a molti deputati e senatori. Anche alla Chiesa americana ha dato le sue raccomandazioni.
Il discorso ai vescovi, a Philadelphia, è sembrato quasi un preambolo al Sinodo sulla famiglia. Il matrimonio in termini di fede è una grazia, ma non possiamo ignorare la profonda trasformazione della società che coinvolge tutti, credenti e non credenti. La cultura dominante stimola le persone a credere che non ci si possa legare a niente e a nessuno, si cerca di coprire la solitudine con i “mi piace” e i followers sui social network. «Dobbiamo scomunicare i giovani perché vivono in questo mondo?», si è chiesto. Bisogna piuttosto stimolarli a essere audaci nella scelta del matrimonio e della famiglia. Più che il rigore delle norme serve un rigore degli affetti, sull’esempio di Gesù che ha saputo parlare anche alla samaritana che conviveva con cinque uomini diversi. Durante la Messa conclusiva dell’Incontro mondiale delle famiglie ha continuato su questa linea. A volte ci scandalizziamo della libertà di Dio, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e restiamo rinchiusi nei nostri circoli ristretti. Ma la fede è una finestra aperta, che fa passare il soffio dello Spirito. Francesco ha avuto la grande capacità di esaltare la famiglia senza mai usare toni di condanna. Non ha parlato di matrimoni gay, tema rovente negli Usa.
Lui preferisce la testimonianza positiva, la conversione dei cuori attraverso l’esempio del bene e del bello. Nella magica notte di Philadelphia, tra i canti di Aretha Franklin e Andrea Bocelli, il Papa ha gridato: «Vale la pena vivere in famiglia!». Dialogando con l’enorme folla che lo circondava ha aggiunto non senza ironia: «Qualcuno può dirmi: “Tu parli così perché non sei sposato”. Lo so, in casa volano i piatti, viene il mal di testa e poi ci sono le suocere, ma non terminate mai la giornata senza fare la pace perché la famiglia è una fabbrica di speranza». Anche sul fronte della lotta alla pedofilia Francesco non ha deluso. Ne ha parlato più volte e a Philadelphia ha incontrato cinque vittime, tre donne e due uomini.
Il Papa ha ascoltato le loro testimonianze e ha pregato con loro, promettendo di proseguire nella linea dura contro gli abusi sessuali nella Chiesa. «Un sacerdote che si macchia di questi crimini commette un sacrilegio», ha detto il Papa parlando con i giornalisti durante il volo di ritorno. Negli Stati Uniti Bergoglio ha commosso, ha convinto, ha conquistato le prime pagine di tutti i giornali. Si sente una star?, gli è stato chiesto in aereo. «Le stelle mi piace guardarle», ha risposto. «Personalmente mi sento solo il servo dei servi di Dio».
Testo di Enzo Romeo


