Credere n. 44 - 02/11/2014
Un cuore ancorato là dove i santi ci attendono
Cari amici lettori, la Chiesa, all’inizio del mese di novembre, ci invita a ricordare tutti i santi e i nostri fratelli defunti...
Mamma Natuzza mistica della Calabria
Si apre il processo di beatificazione per la donna che ebbe stigmate e apparizioni ma di sé diceva: «Non cercate me, alzate…
«Mai nulla riuscirà a separarmi da Dio»
Un figlio morto ad appena sei anni e poi il marito ucciso nella strage di Nasiriyah, in Iraq. Ma Margherita Coletta non ha…
La via della tenerezza verso la morte
Il 2 novembre, data in cui la Chiesa ricorda i fedeli defunti, ci impegna a ripensare alla realtà della morte e all’aiuto…
Vorrei interpretare la vita di san Giuseppe
Il popolare attore, presto in teatro con una nuova commedia, rivela quali sono i personaggi del Vangelo in cui si identifica…
La fatica di camminare insieme
Che fatica camminare insieme! Lo sapevano bene gli apostoli, che seguivano Gesù sulle strade della Galilea...
Calvario infinito
Nonostante la mobilitazione internazionale la Corte di appello del Pakistan ha respinto il ricorso e ora la donna cristiana…
INSIEME di don Antonio Rizzolo
Un cuore ancorato là dove i santi ci attendono
Cari amici lettori, la Chiesa, all’inizio del mese di novembre, ci invita a ricordare tutti i santi e i nostri fratelli defunti. Si tratta della Chiesa del cielo, composta da coloro che sono già nella gioia dei beati e da coloro che si stanno ancora purificando. In questi giorni siamo spinti a riflettere sul senso della nostra vita, che prima o poi è destinata a chiudersi nel suo capitolo terreno. Nelle pagine di questo numero di Credere potrete trovare alcuni spunti nell’intervista a suor Caterina de Nicola, medico che si occupa di malati terminali. Una sua frase mi ha fatto molto pensare: «Spero di non morire all’improvviso, ma di prepararmi a lasciare il mondo, accompagnata all’incontro col Signore».
Il nostro mondo ha paura della morte, ci impone di essere a tutti i costi sani, belli e felici. Nello stesso tempo, il mondo ci mette continuamente la morte davanti agli occhi, attraverso immagini, racconti, film pieni di particolari macabri, orrore, violenza e distruzione. Ne sono affascinati soprattutto i giovani, quasi fosse un gioco, tanto è lontana la prospettiva della fine reale di questa vita. La morte, in realtà, è un argomento serio. Se guardiamo le cose a partire da questo evento conclusivo, la prospettiva su ciò che conta davvero cambia notevolmente. Ce ne rendiamo conto se rispettiamo la bella tradizione di far visita ai defunti nei cimiteri, come il Monumentale di Milano di cui parliamo negli Itinerari della fede. E allora vale la pena di ritornare sulle parole semplici, piene di pace, ma molto efficaci che papa Francesco ha pronunciato l’anno scorso nella Messa al cimitero romano del Verano: «Oggi, proprio nel giorno dei santi e prima del giorno dei morti, è necessario pensare un po’ alla speranza». I primi cristiani la dipingevano come un’ancora, ha detto Francesco, «come se la vita fosse l’ancora gettata nella riva del cielo e tutti noi incamminati verso quella riva, aggrappati alla corda dell’ancora. Questa è una bella immagine della speranza: avere il cuore ancorato là dove sono i nostri antenati, dove sono i santi, dove è Gesù, dove è Dio».
Come cristiani non dobbiamo temere la morte, che Cristo ha vinto con la sua risurrezione. Tuttavia non possiamo non pensare al tramonto di questa vita, chiedendo al Signore di ricolmarci di questa speranza che ci allarga l’anima e ci sostiene nei momenti difficili dell’esistenza. Una speranza che ci unisce ai fratelli e sorelle che ci hanno preceduto in cielo e con i quali vogliamo restare in comunione di preghiera, amore e fede. Perché il nostro cuore rimanga ancorato là dove ci attende il Signore.