N. 45 - 2015 8 novembre 2015
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La collana | Misericordiosi come il Padre

Parabole che ci aiutano ad amare

Nel Vangelo sono otto le parabole della misericordia. A illustrarle è il quarto volume della collana sul Giubileo in uscita con Credere 

 

 

La pecora smarrita, Il figliol prodigo, La dracma ritrovata: sono le tre parabole della misericordia indicate da papa Francesco nell’anno del Giubileo. Ma nei Vangeli le parabole che, con diverse angolature, affrontano il tema dell’amore incondizionato di Dio sono almeno otto. Le illustra in modo semplice e immediato Le parabole della misericordia a cura di monsignor Antonio Pitta, il quarto libro della collana ufficiale in otto volumi sul Giubileo in edicola con Credere e Famiglia Cristiana.

C’è una parabola della misericordia alla quale è più affezionato?

«È senz’altro quella del “Padre misericordioso”, più comunemente conosciuta come parabola del “Figliol prodigo”. È quella che mi comunica di più la passione di Dio per l’uomo, con il padre che esce per due volte dalla casa: la prima per accogliere il figlio minore che è tornato, la seconda per convincere il maggiore a partecipare alla festa. È una compassione quasi eccessiva, quella del padre, immensa è la tenerezza con la quale si rivolge a entrambi i suoi figli».

Le parabole a volte spiazzano, sembrano illogiche. Quale pastore lascerebbe 99 pecore per inseguirne una?

«Sì, spesso nelle parabole tutto è sottosopra, come una piramide capovolta! Questo ci obbliga a rivedere il nostro modo di pensare Dio, quello che crediamo di sapere di lui. Gesù con questo linguaggio ci spinge alla conversione, a rivedere le nostre certezze. Quando ci sentiamo “a posto” ci scuote e ci fa vedere quella parte di verità che vogliamo ignorare».

Nel libro scrive che non ci sono condizioni per ottenere la misericordia di Dio. Ma per incontrarla non è necessario che anche noi facciamo qualche passo?

«L’amore di Dio è completamente gratuito, ma il punto di svolta è il cuore umano. Accettare la misericordia di Dio è una scelta, non è un sentimento. E l’amore per Dio passa sempre per l’amore verso i fratelli, anche questa è una scelta. Amare gli altri non sempre è facile, e non si esaurisce in gesti di misericordia, implica una conversione del cuore».

Nella parabola del Buon Samaritano, chi si fa prossimo e aiuta l’uomo ferito che incontra per strada è uno straniero. Cosa ci vuol dire questa parabola?

«Ai tempi di Gesù c’era un’accesa discussione su chi fosse il “prossimo” da amare: soltanto chi appartiene al proprio movimento religioso oppure anche chi condivide la fede nell’unico Dio? La parabola trasforma il modo comune di pensare: il prossimo non è definito nella sua origine religiosa, culturale o sociale, ma per la sua compassione per l’altro. In fondo Gesù ci indica una via maestra verso la pace: la misericordia rivolta non solo ai vicini o a quelli della propria famiglia ci permette di andare al di là delle contrapposizioni etniche e religiose».

Lei cita anche la parabola del fariseo e del pubblicano. Il primo si è comportato bene, magari ha anche aiutato qualcuno visto che ha fatto la carità, eppure non è giustificato di fronte a Dio. Perché?

«Nel tempio il fariseo non sta dicendo nulla di sbagliato fin quando non guarda l’altro. Quando guarda l’altro da lontano ? ­è bellissimo l’intreccio descritto da Gesù ? e lo giudica, lo condanna, commette il più grande atto di empietà, oltretutto proprio nel tempio. Perché è solo Dio che conosce il cuore umano e a noi non spetta né giudicarlo né condannarlo».

Quindi la misericordia è anche un atteggiamento del cuore?

«Sì, ma non in senso intimistico, perché i gesti che compiamo verso gli altri contano, eccome».

 

Testo di Emanuela Citterio

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