N. 47 2014 23 novembre 2014
Sergio Castellitto

«Sogno ancora padre Pio»

A 15 anni dalla fiction sul santo di Pietrelcina l’attore confessa di sentire il frate vicino: «Atei e credenti, invita tutti…

Le donne nella Bibbia

Rut la nuora amabile

Il libro di Rut racconta la storia di questa donna moabita, irriducibile nella sua fedeltà al popolo di Israele. La sua vicenda…

Capire l'arte cristiana

Il Re dei Re - Un mosaico grandioso: Cristo Pantocratore

Il grandioso mosaico, collocato nel catino absidale della cattedrale di Santa Maria Nuova di Monreale, rappresenta Cristo…

La testimonianza

Il mondo è bello anche visto da una carrozzina

A seguito di un grave incidente, Pierluigi Sommariva ha perso l’uso del corpo. Ma non ha smesso di aver fede e di sperare.…

Itinerari della fede

Monte Oliveto. La patria dell’Ora et Labora

Nel monastero benedettino sulle colline delle crete senesi la giornata è regolata dai ritmi antichi della preghiera e del…

Per una lettura completa...

Itinerari della fede

Monte Oliveto. La patria dell’Ora et Labora

Nel monastero benedettino sulle colline delle crete senesi la giornata è regolata dai ritmi antichi della preghiera e del lavoro, custoditi in uno scrigno prezioso di arte e storia.

 

Monte Oliveto

Monte Oliveto

 Una cittadella del silenzio, della preghiera, del canto gregoriano e della contemplazione artistica. Si presenta ancora oggi così, dopo quasi 700 anni, la splendida abbazia di Monte Oliveto Maggiore, nel cuore della campagna senese. Fino al 26 marzo 1319, quello che sarebbe diventato uno scrigno di storia, arte e vita monastica, era semplicemente macchia toscana, terreno di caccia per la famiglia nobiliare dei Tolomei di Siena da cui proviene Giovanni (divenuto poi Bernardo) che scelse questo luogo per ritirarsi con alcuni amici e condurvi una vita ascetica e comunitaria sotto la regola di san Benedetto. Quel 26 marzo fu messa la prima pietra di quello che sarebbe diventato l’archicenobio di Monte Oliveto.

«La solitudine e il silenzio in cui siamo immersi», spiega il priore dom Roberto M. Donghi, «è la prima cosa che impressiona i visitatori, pellegrini o turisti, che venendo dal caos e dalla vita frenetica delle nostre città, restano affascinati dalla bellezza e dalla tranquillità di un luogo che fa nascere in loro tante domande sul senso e il perché della nostra vita».

Bernardo Tolomei, che era nato a Siena nel 1272, tornò nella città natale nel 1348 durante la terribile epidemia di peste nera per assistere i pochi concittadini sopravvissuti, ma ne rimase lui stesso vittima insieme ai monaci che lo avevano accompagnato. La gloria degli altari, pur arrivata a distanza di secoli (la canonizzazione di Bernardo è avvenuta il 26 aprile 2009), «ci riporta», secondo l’arcivescovo di Siena, Antonio Buoncristiani, «alle profonde tradizioni di fede e di carità della nostra città, che nel XIV secolo espresse il meglio di sé nella santità di molti concittadini tra i quali Caterina Benincasa e Giovanni Colombini, assieme a tanti altri asceti dell’eremo agostiniano di Lecceto e dei conventi domenicani, serviti e francescani».

I monaci ricordano che «Bernardo e i suoi primi compagni scelsero la regola benedettina nella radicalità dei suoi valori monastici per rispondere alla vocazione che avevano ricevuto. C’è chi ha definito la famiglia benedettina «un albero rigoglioso e vasto di cui ogni ramo è distinto, ma tutti assorbono la linfa vitale dall’unico tronco che mette le radici nello stesso terreno». E man mano che nascevano delle fondazioni Olivetane, Bernardo le volle unite all’abbazia di Monte Oliveto sviluppando così un’unica famiglia monastica, rendendo le comunità profondamente solidali le une con le altre». Questa caratteristica, che distingue Monte Oliveto dalle altre abbazie, rafforza ed estende ciò che san Benedetto scrive nella sua regola con un riferimento alla lettera di san Paolo ai Galati: «Sia schiavi, sia liberi, tutti siamo in Cristo una sola cosa, e militando sotto un unico Signore realizziamo il medesimo servizio». L’attualità del messaggio di Benedetto risalta anche attraverso le immagini di quella che è considerata la meraviglia di Monte Oliveto, nel cuore dell’abbazia, ovvero il chiostro grande con i 35 maestosi affreschi voluti dall’abate Domenico Airoldi, raffiguranti proprio la vita di san Benedetto secondo il racconto di san Gregorio Magno e dipinti prima da Luca Signorelli (nel 1495) e poi da Antonio Bazzi detto il Sodoma (nel 1505).

«Come ogni monastero benedettino, l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, oltre che uno scrigno di opere d’arte, è una comunità di monaci: siamo trenta», racconta dom Roberto, che è anche vicario dell’attuale abate generale dom Diego M. Rosa. «Siamo una comunità che cerca nella Chiesa e nella società di oggi di vivere ogni giorno il programma della Regola nella ricerca di Dio attraverso la preghiera, la lectio divina e il lavoro. La nostra è una vita alternativa che non vuole estraniarsi dai problemi del tempo presente, ma viverli in altra dimensione. Un richiamo al trascendente e ai valori dello spirito in un mondo che pensa quasi unicamente al profitto e alle cose materiali». Dom Roberto la definisce «una vita “sprecata” per Dio in totale gratuità».

 

Testo di Andrea Fagioli

Foto di Michele Borzoni / Terraproject

 

DA SAPERE

I PRODOTTI DEI MONACI

Monte Oliveto Maggiore è un’abbazia territoriale immediatamente soggetta alla Santa Sede. Di fatto è come una piccola diocesi che annovera poco meno di 500 abitanti. Ma è anche un’azienda agricola di livello. «Nel negozio dell’abbazia», spiega il priore dom Roberto, «si possono acquistare i prodotti del lavoro dei monaci: vino, olio, farro, ceci, liquore e le corone del rosario fatte dai novizi». Della lunga tradizione nella produzione del vino è testimonianza, ad esempio, la storica cantina nei sotterranei del monastero che risale alla prima metà del 1300. www.monteolivetomaggiore.it

 

PER ARRIVARE

Quello delle crete senesi è uno dei panorami più belli al mondo. Se ne gode una stupenda visione se da Siena, per andare a Monte Oliveto Maggiore, si passa da Asciano (arrivandoci dalla statale 438) percorrendo poi la strada provinciale 451. La stessa provinciale può essere imboccata anche dalla parte opposta, da Buonconvento (cui si arriva dalla Cassia e, quindi, sia da Siena che da Roma). In questo caso il panorama è diverso, ma non per questo meno suggestivo soprattutto per come, a un certo punto, immersa nel verde, compare l’abbazia olivetana

 

VISITE E CELEBRAZIONI

L’ingresso è libero e gratuito. Con l’ora solare l’apertura è dalle 9.15 alle 12 e dalle 15.15 alle 17 (con l’ora legale l’orario è 9-12 e 15-18). Domenica la chiusura mattutina è alle 12.30. Da vedere, oltre al chiostro grande, il refettorio, la biblioteca monumentale, il museo, la chiesa con il coro ligneo e il presepe nella cripta. Le Messe festive sono alle 11 (canto gregoriano) e alle 17.30. Nei giorni feriali alle 7 e alle 18.15 con i Vespri e il canto gregoriano. «Tutti», spiega il priore dom Roberto, «possono partecipare alla preghiera dei monaci, che si riuniscono sei volte al giorno in coro per la liturgia delle ore, e all’Eucaristia, che la domenica e le feste viene celebrata con particolare solennità».

 

 

 

Archivio

Vai