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Il banchetto che vi devo raccontare
Arrivato al Convegno ecclesiale di Firenze con pochi obiettivi... ecco quello che ho “dato” e quello che ho “ricevuto”
Ite, Missa est di Emanuele Fant
Il banchetto che vi devo raccontare
Arrivato al Convegno ecclesiale di Firenze con pochi obiettivi... ecco quello che ho “dato” e quello che ho “ricevuto”
Illustrazione di Emanuele Fucecchi
Settimana scorsa stavo in un posto niente male: al Convegno ecclesiale. Per il mio soggiorno fiorentino avevo alcuni obiettivi secondari, come fotografare la casa di Dante, mangiare la ribollita e mettere nel beauty almeno due saponi liquidi dell’albergo. Il primo giorno, una tv locale mi ha obbligato a rilasciare una dichiarazione, spiegandomi che volevano intervistare un giovane e io, con la dovuta illuminazione, lo potevo sembrare. La domanda era: «Perché sei qui?». Banale per nulla: certe pianure sono complesse da scalare. Ho balbettato che il mio obiettivo era insieme “prendere” e “dare”, senza alcun riferimento esplicito ai flaconcini.
Cosa sono stato in grado di “dare”? Gran parte del lavoro di noi delegati consisteva nel parlare, scambiare esperienze e inventare soluzioni. A me le sale dove ci riunivamo ricordavano quelle dei pranzi matrimoniali, con tavoli rotondi da dieci persone. Un banchetto un po’ fuori misura: 2300 italiani con il compito di fare assaggiare una porzione di vita vera della propria diocesi. In un tale contesto l’opinione del singolo non sposta nessun confine, però una grande visione esiste solo con la somma di più sguardi.
Nel campo del “prendere”, ho fatto gli affari migliori (ma ho righe solo per due ricordi): le parole del Papa e lo squarcio verticale che hanno saputo aprire mettendo tutti in contatto immediato con le cose vere, senza l’impiego di nemmeno un parolone. E poi il divertimento di prendere un tram stipato di cardinali, scambiare una parola con celebri intellettuali per scoprire, semplicemente, che sono gentili (la Chiesa altezzosa che ci vogliono raccontare deve essersi spostata a piedi).
Verificando le prime intenzioni: la casa di Dante era una ricostruzione; niente ribollita e niente cene fuori; i saponi li ho consumati sul posto. Allora cos’è questo enorme souvenir immateriale che mi ha sformato la valigia? Datemi tempo e vi dico, mi ci vorrà qualche mese per finirlo di scartare.
Testo di Emanuele Fant