N. 49 - 2015 6 dicembre 2015
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La cittadella della pace dove si impara a perdonare

Allo studentato di Rondine, in Toscana, arrivano giovani da Paesi in guerra. In cucina e nei gruppi di confronto conoscono i loro nemici e, con un pizzico di misericordia, scoprono che...

Cittadella della pace

«Avevamo vent’anni e ci cadevano le bombe in testa. Io e i miei amici andavamo al night club e ballavamo per tutta la notte. Forse domani non ci saremo più, ci dicevamo, tanto vale vivere adesso. Poi ho conosciuto lui. Mi piaceva da morire ma aveva un problema: era musulmano. Sulla carta eravamo nemici, invece ci siamo innamorati».

Questa è la storia di Lina, 25 anni, cristiana, studentessa di Rondine, il borgo medievale in provincia di Arezzo dove un professore, Franco Vaccari, ha fondato uno studentato internazionale. Questa è la storia di un perdono, anzi di due perdoni. È la storia di una ragazza cristiana in una frazione mediorientale di mondo che ha dovuto guardare in faccia i suoi demoni, e affrontarli uno per uno.

«Vengo da un Paese di cui non posso dire il nome. Se lo dicessi, e sapessero che sono qui, in uno studentato insieme al mio nemico, potrebbero farmi del male non appena metto piede a casa o fare del male alla mia famiglia. Ho ancora mia madre che vive laggiù, e amici e parenti. Ma soprattutto, il cuore».

 

UN “PICCOLO MIRACOLO”

Lina ci parla dalla sua stanzetta di una delle vecchie case della frazione di Arezzo. È lì che Franco Vaccari, professore e psicologo, ha costruito una specie di miracolo in terra: una “Cittadella della Pace” dove, attraverso un bando, riunisce ogni due anni ventisei studenti da tutto il mondo, tra i 23 e i 27 anni. Tutti vengono in Italia per studiare nelle nostre Università, ma per essere ammessi devono avere un requisito: provenire da un Paese dove c’è la guerra, avere un nemico che odiano profondamente. Negli anni sono arrivati ceceni e russi, israeliani e palestinesi, e in generale cristiani, musulmani ed ebrei da tutti i Paesi dove era in corso un conflitto etnico o religioso.

Nel Paese di Lina, in Medioriente, la guerra civile è durata per diversi anni ma le tensioni e gli attacchi non si sono mai fermati.

 

LE RADICI DELL’ODIO

Cristiani, palestinesi e israeliani si odiano da sempre perché tutto è sempre stato molto confuso, e quei tre popoli confinati dentro un unico Stato si sono sempre ammazzati gli uni con gli altri. «Un giorno ho conosciuto un ragazzo musulmano, e ci siamo innamorati. La prima volta che mi portò da sua madre, lei mi disse: “Ti presento mia figlia Joy, l’ho chiamata così perché è nata il giorno che abbiamo ammazzato uno dei vostri”. Sono tornata a casa affranta. Ci siamo amati per due anni ma poi è finito tutto. Era troppo difficile». È allora che Lina ha fatto il bando per Rondine.

«Il nemico è un’idea che ti viene inculcata», dice il presidente della onlus, Franco Vaccari. «Ti insegnano per anni che oltre il muro c’è uno cattivo che ti vuole distruggere, non immagini neanche che abbia una famiglia, il suo dolore non lo vedi. Poi vieni a Rondine e accade che lo incontri. Ci vivi insieme, ci condividi la stanza, si fanno i turni in cucina. Piano piano, cominci a vederlo come una persona ed è allora che comincia a nascere il perdono: la misericordia ce la porta nel cuore lo Spirito Santo, e devo dire che a Rondine abbonda. l nemico si sfalda, non esiste più, era tutta una menzogna. Queste rondini tornano nei loro Paesi, hanno smesso di odiare, seminano pace».

Cambieranno il mondo? Lina ha perdonato quella donna che gioì dell’assassinio del leader cristiano, ma a Rondine si è ritrovata come vicino di stanza un musulmano palestinese. Un ventenne simpatico, giocherellone, ma «religiosamente radicale». Cominciavano a scherzare ma poi finivano sempre lì: lui le diceva che era un’infedele, che il suo posto era in casa col velo, e lei piangeva. Dopo mesi di porte sbattute, pianti e musi lunghi, sono giunti a un compromesso: «Perdoniamoci reciprocamente. Siamo amici».

 

IL VANGELO DÀ FIDUCIA

«La vita quotidiana, a Rondine, è vissuta in maniera un po’ più forte perché i ragazzi provengono da contesti culturali molto diversi tra loro», spiega Lucia Colonna, direttrice dello studentato. «Spesso si discute per i turni delle pulizie, ma dietro a questi conflitti c’è dell’altro. E, d’altronde, questo è poco se pensiamo al lavoro che questi giovani saranno chiamati a fare quando torneranno a casa».

Nel cassetto del comodino, Lina tiene un libro che si è portata dietro dalla sua casa d’origine: è un piccolo Vangelo. Le piace ricordare il comandamento dell’amore, dove Gesù dice di amare il tuo prossimo come te stesso. «Che non vuol dire: se ti piace, fallo», dice Lina. «È piuttosto un imperativo, lo devi fare. E chi è il tuo prossimo? Non di certo il cristiano, sarebbe troppo facile». È il nemico che devi amare, è questo che ci dice Gesù. «Con il Vangelo combatto i miei demoni personali», continua. «L’odio e la rabbia che, ho capito, vengono in realtà solo da un profondo dolore interiore che poi finisci per proiettare verso l’altro. È il dolore che arriva dalla guerra, dalla mancanza di fiducia, dalla distruzione di tutto, ed è così che nasce il nemico. Il Vangelo mi aiuta a uscire dal buio, è il mio modo di sopravvivere, la mia luce».

Testo di Stefania Culurgioni · Foto di Federica Di Giovanni

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