N. 50 2014 14 dicembre 2014
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Dio è capace di colmare il nostro cuore e renderci felici

Cari amici lettori, il Papa ha indetto un Anno dedicato ai consacrati e alle consacrate, iniziato il 30 novembre scorso.…

La storia di copertina | Amedeo Minghi

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La storia di copertina | Amedeo Minghi

Canto il mio dolore per Elena

Amedeo Minghi racconta lo smarrimento vissuto nell’ultimo anno dopo l’improvvisa scomparsa della moglie cui ora dedica il nuovo disco.

Amedeo Minghi con la moglie Elena Paladino.

Amedeo Minghi con la moglie Elena Paladino.

«Sono undici mesi ma per me sono undici minuti: è successo un momento fa». Amedeo Minghi ha la voce arrochita quando parla della tragedia che l’ha colpito nel gennaio del 2014. La moglie Elena, compagna di quarant’anni, madre delle sue due figlie, se n’è andata improvvisamente, nel sonno. «Mi sono svegliato e lei non c’era più». Da quel momento la vita di Minghi è cambiata: un progetto discografico con Mogol lasciato in sospeso, così come nuove composizioni. «Gli artisti e i poeti cantano i loro amori ma anche i loro dolori. È purtroppo tutto nella norma e fa parte della vita: ma è troppo presto, non ce la faccio ancora».

C’è un nuovo album live, uscito il 14 ottobre, dal titolo che sa di speranza, Suoni tra ieri e domani – interamente registrato a Roma, al Teatro Ghione, prima di quella notte di gennaio – che racchiude alcuni dei brani più belli che Minghi ha composto per altri interpreti, tutti legati da un rapporto di amicizia e di intesa spirituale (Mietta, Gianni Morandi, Mia Martini, Rita Pavone, Katia Ricciarelli, Andrea Bocelli…). Nell’album, che precede il tour, Minghi se ne riappropria, accompagnato al piano da Cinzia Gangarella, con nuovi e inusuali arrangiamenti, preceduti da un colloquio molto intimo di Amedeo con l’ascoltatore, in cui si raccontano aneddoti e, di fatto, si ripercorre la storia della musica leggera in Italia.

L’album contiene anche un inedito, lo struggente Io non ti lascerò mai: era per sua moglie?

«È una canzone d’amore dedicata a lei, come tutte le canzoni della mia carriera. Mia moglie ha ascoltato questo brano e le piaceva molto, e c’era già questa frase, che poi è anche il titolo: la vita è davvero strana... Io ci ho poi lavorato intorno e l’ho finita: glielo dovevo».

La canzone è accompagnata da un video molto commovente, girato in Sicilia per la regia di un giovane, Michele Vitiello. Ce ne parla?

«Nel video sono Orfeo in cerca di Euridice, che prega gli dei di fargliela vedere anche solo un momento. Anch’io come Orfeo ho cantato agli dei per farmela rivedere. In realtà Orfeo non la vede, vede un’ombra, ma è vero che lei è già in lui. Ha a che fare con i Ricordi del cuore: alla fine le cose ritornano. Mi sono ispirato anche a Ungaretti: le sue poesie sulla morte e il dolore. I ragazzi della Sapienza (che hanno realizzato il video, ndr) sono stati bravissimi: ho solo fatto l’attore, adoro stare con i giovani, con l’età bisogna stare con i giovani non con i coetanei, per carità. Il luogo scelto rappresenta tutto il mondo: quando c’è la panoramica è il tutto, potrebbe essere qualunque posto. È L’immenso, per parafrasare la mia prima canzone di successo internazionale, ovviamente ispirata a mia moglie. Come sempre, del resto». Non è un’esagerazione affermare che Minghi è entrato nella storia della musica italiana e oltre: a partire dall’anno 1976, quello del suo primo successo, L’immenso, fino a oggi, sono 30 album, singoli, dvd, colonne sonore, Sanremo, dischi di platino, tour internazionali. Un autodidatta, con il talento della musica, con la capacità di rendere visivi i suoi pezzi, quasi cinematografici.

Parallelamente al suo cantare d’amore c’è un grande impegno per la pace…

«È vero, molto intenso e sentito. Sono stato a Betlemme: ho cantato a Gerusalemme nella chiesa di Santa Caterina insieme a una cantante israeliana e a un cantante palestinese. Tutti lì. Peccato che i media non ci abbiano seguito granché. Però la gente queste cose le sa, anche tramite internet. Quando feci i 40 anni di carriera al Teatro Conciliazione, cantai con loro in arabo, ebraico e, insieme, in italiano, su Rai1 per ben due volte. Un segno molto importante».

Lei è da sempre credente: ci può raccontare qualcosa?

«Sì, ho sempre avuto un rapporto abbastanza ravvicinato con la fede. Da ragazzo in maniera particolare. La vita e questo mestiere un po’ distraggono: c’è stato un momento in cui il lavoro si è fatto frenetico e intenso. Si diventa disattenti e – questo un po’ tutti – ci ricordiamo di Dio solo in momenti particolari. Poi ho incontrato Giovanni Paolo II, un incontro importante che mi ha risvegliato certe cose un po’ “sopite”: da allora la fede ha ripreso quota».

Ha conosciuto papa Wojtyla di persona?

«Certo. La prima volta per la canzone Un uomo venuto da lontano: l’avevo registrata con una grande orchestra, a pochi passi da lui. Poi l’ho incontrato altre volte: aveva un’energia spaventosa, mi ha chiesto di portargli il testo della canzone. Era molto pignolo, non gli scappava nulla, era rigorosissimo: un uomo di grande personalità e carattere, che giustamente si arrabbiava anche. Non era il santino che camminava: era un uomo forte, vicino al Signore, ma che non faceva passare nulla. Ci siamo poi visti altre volte: ho una bellissima foto insieme a lui, con mia moglie e le mie figlie. Per usare una parola grossa, direi che un piccolissimo rapporto c’è stato. Aveva un’attrazione e una capacità irresistibili… Un uomo di carisma e carattere: una persona che riusciva a parlare a tutti. Perché la cosa fondamentale è parlare con chi non la pensa come te, che poi è la missione che Cristo ha affidato ai suoi discepoli. È inutile che ci parliamo solo tra noi».

E papa Francesco?

«La missione del prete è soprattutto di parlare all’altro ed è quello che ha fatto Wojtyla, un viaggio continuo: ed è ciò che sta facendo papa Francesco, un grande uomo. Francesco sta concludendo un discorso aperto da papa Giovanni Paolo II, non c’è dubbio, è su quella scia».

Di fronte al dolore fortissimo per sua moglie, quanto l’aiuta la fede?

«Non so rispondere a questa domanda, è trascorso quasi un anno ma per me è oggi. Non lo so. Forse troverò una risposta un giorno. È successo un attimo fa. Una cosa che non si riesce a comprendere».

La famiglia le è di aiuto?

«Ho due figlie e un nipote di 11 anni che è la mia gioia: i nipoti sono ancora più coinvolgenti dei figli, sono una cosa meravigliosa. Questo mi aiuta ovviamente moltissimo, però certamente la mia solitudine, quella solitudine di Orfeo, è intatta. Ho parlato con amici e amiche che hanno vissuto una perdita analoga: con il passare del tempo mi dicono che le cose peggiorano e si ingrandiscono. Ce ne vuole tanto di tempo perché il dolore si acquieti. Da allora sto lavorando molto, accetto più incarichi di prima, sono stato in America per un tour, l’ho fatto per lavorare più che posso, se mi fermo è tutto più complicato…».

Lei ha musicato I cercatori di Dio, un’opera di canto e parole in cui si ripercorrono i fondamenti della fede. Ha dichiarato di essere affascinato dalla figura di san Paolo…

«Ho partecipato a tanti convegni – organizzati dal cardinale Ravasi – sulla figura di san Paolo, l’apostolo delle genti, una sorta di fondamento del cristianesimo, perché poi tutti si sono rifatti a lui. Era un ebreo che si è convertito… Ogni suo gesto e parola sono simbolici. Parlano di Cristo che è tutto insieme, un arabo, un palestinese, un ebreo: racchiude tutto, è tutto Lui».

Ha avuto la forza di tenere un concerto al Teatro Brancaccio a pochi giorni dalla morte di sua moglie: ce ne parla?

«Quella sera non sapevo se sarei stato in grado di salire sul palcoscenico: il pubblico si è alzato tutto in piedi, mi ha fatto piangere un quarto d’ora… Passato questo momento ho radunato tutte le energie e ho fatto un concerto di tre ore, una cosa meravigliosa. Conoscendo mia moglie sapevo che lei non avrebbe mai voluto che io rinunciassi: non l’avrebbe accettato».

45 anni di carriera

Amedeo Minghi, nato a Roma nel 1947, ha iniziato a cantare e scrivere canzoni negli anni Sessanta. Nel 1976 il primo grande successo con L’immenso. Nel 1983 partecipa al festival di Sanremo con 1950, poi reinterpretata da Gianni Morandi. Nel 1990 è di nuovo a Sanremo, in coppia con Mietta, dove ottiene il terzo posto con Vattene amore (celeberrimo il ritornello «trottolino amoroso...»). Per il Giubileo del 2000 presenta Gerusalemme e Un uomo venuto da lontano.

Testo di Donatella Ferrario

 

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