N. 10 - 2017 5 marzo 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

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Il Crocifisso è vivo e anche tu lo puoi incontrare

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Tra i libri antichi dove si respira il soffio dello Spirito

Il monastero tra i monti delle Marche fu fondato da san Romualdo oltre mille anni fa. Ci abitò Pier Damiani, lo spirito contemplativo…

Ite, missa est di Enzo Romeo

Tra unità e divisione l’alternativa è il poliedro

A volte ci sembra di non avere vie di uscita: o ci dividiamo o ci uniformiamo. In realtà c’è una scelta che porta alla vera…

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Ite, missa est di Enzo Romeo

Tra unità e divisione l’alternativa è il poliedro

A volte ci sembra di non avere vie di uscita: o ci dividiamo o ci uniformiamo. In realtà c’è una scelta che porta alla vera unione

Ite missa est

Si è fatto un gran parlare in queste ultime settimane di unità e di scissione. Problema che riguarda la politica, ma non solo. L’equivoco è pensare che i due termini rappresentino un bivio obbligato: o si va da una parte o dall’altra. Non è esattamente così. All’Università Roma Tre, papa Francesco ha spiegato poco tempo fa che l’unità intesa come valore non significa uniformità: «L’unità ha bisogno, per essere una, delle differenze».

Bergoglio ha riproposto l’immagine del poliedro da contrapporre alla sfera. Quest’ultima cancella le differenze, mentre il poliedro tiene insieme forme distinte. Nella sfera ogni punto è ugualmente distante dal centro e tutto è omogeneo: sembra la perfezione, invece «questa uniformità è la distruzione dell’unità, perché ci toglie la capacità di essere differenti». In un contesto poliedrico – che è unità nella diversità – il livello culturale cresce perché è un dialogo continuo fra i diversi lati.

Questa forma riflette la confluenza di tutte le parti, che in essa mantengono la propria originalità e i carismi particolari. Ci sono molte facce diverse e il poliedro riflette la confluenza di tutte le parzialità, che in esso conservano l’originalità. «Nulla si dissolve, nulla si distrugge, nulla si domina, tutto si integra». È la fatica preziosa del fare sintesi, in un partito, nel territorio, nel quartiere, nel posto di lavoro, in famiglia. Communis patria significa che «siamo accomunati ma distinti» e che il dialogo si fa nelle differenze.

Estendiamo il concetto: l’amore è senza calcoli e Dio – come mi disse una volta un frate certosino – sa contare solo fino a uno. Per lui siamo tutti diversi e tutti unici. Oggi viviamo costantemente connessi, eppure diffidenti gli uni degli altri, incapaci di accettare l’alterità, in bilico tra conformismo e isolamento, uguali o chiusi nella nostra cerchia. L’alternativa necessaria è il confronto aperto, lo scambio di idee; rimanendo ciò che siamo, ma facendo una cosa nuova, “altra”, proprio come nel poliedro.

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

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