N. 11 - 2017 12 marzo 2017
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Cattedrale di Otranto

Nella memoria dei martiri della fede

La cattedrale sulla punta più orientale d’Italia conserva le reliquie degli ottocento cristiani che nel 1480 furono uccisi dai turchi a causa del loro credo. E sul pavimento uno splendido mosaico racconta la storia della salvezza

Cattedrale di Otranto

Il sole sorge ogni mattina baciando per prima la terra d’Otranto a un passo da Punta Palascìa, la più orientale dello Stivale. È un sole sempre caldo, intenso, che fa luccicare il mare e le bianche case della costa, che propaga i suoi raggi sulle ali del vento onnipresente. Con lo stesso anticipo di luce fu la terra d’Otranto a essere toccata per prima dall’apostolo Pietro, giunto qui spinto dal soffio dello Spirito: un primato di evangelizzazione che, ancora oggi, dà respiro alle Chiese idruntine e alla fede semplice della sua gente; un primato del quale la cattedrale è la sintesi perfetta.

Dedicata a Santa Maria Annunziata, la cattedrale di Otranto sorge nel centro storico a fianco del vescovado: la consacrazione risale al 1088 e l’edificio presenta elementi bizantini, romanici e paleocristiani. «Chi giunge a Otranto trova innanzitutto un centro storico antico e ricercato, ma trova anche un contatto con l’Oriente », ci spiega il parroco, monsignor Pietro Marti. «Trova l’arte, trova la storia, le sorgenti della fede e il martirio di un popolo».

I MARTIRI DELLA FEDE
L’assedio di Otranto, iniziato nel luglio del 1480, durò per tredici lunghissimi mesi nei quali, dopo l’eroica resistenza degli idruntini, i turchi fecero breccia nelle mura: entrarono in cattedrale, dove uccisero il vescovo e alcuni sacerdoti, deturparono gli affreschi lasciando intatto solo quello dedicato alla Madonna, che nell’islam è venerata come madre del profeta Gesù. La chiesa venne trasformata in moschea. Il martirio che ne seguì fu tremendo. I martiri furono circa ottocento, tutti i maschi dai 15 anni in su. Antonio Primaldo (detto così perché fu il primo a subire il martirio) e compagni furono uccisi per decapitazione sul Colle della Minerva perché, incoraggiati all’abiura, non rinnegarono la loro fede cristiana: «Se non avessero opposto resistenza mi chiedo cosa ne sarebbe stato dei cristiani nel resto della penisola», riflette ancora il parroco. Dopo un anno in cui giacquero sul luogo del massacro, i corpi dei martiri furono ritrovati praticamente incorrotti e furono successivamente traslati per la sepoltura nella cattedrale, in un’apposita cappella. Circa duecento corpi furono invece portati dal re d’Aragona a Napoli nella chiesa di Santa Caterina, dove ebbe luogo il primo atto di culto pubblico dei martiri.

IL MOSAICO DELLA SALVEZZA
All’ingresso in cattedrale i piedi del visitatore poggiano su un immenso mosaico: «Settecento metri quadrati di storia della salvezza», racconta ancora monsignor Marti, «un enorme albero della vita, senza radici, che è un fortissimo segno di accoglienza di tutte le culture, nel rispetto delle differenze. Un mosaico che segna anche un percorso a due direzioni: quello dell’uomo verso Dio che si compie fisicamente dall’ingresso della chiesa fino all’altare, e quello di Dio verso l’uomo, che si compie dall’altare verso l’ingresso». In questo monumento nel monumento – opera del monaco Pantaleone proveniente dall’abbazia di San Nicola di Casole – la Bibbia diventa cultura; al latino e al greco, dopo lo scisma d’Oriente, viene consentita una pacifica convivenza; vi abitano senza conflitti fede cristiana ed ebraica (a Otranto vi era un’importante comunità e una scuola talmudica); la vita delle persone si trova riflessa nei dodici cerchi e il lavoro diventa preghiera. Infine, l’universalità della fede viene declinata attraverso l’arte in una vera e propria enciclopedia delle immagini: «È un mosaico rarissimo, che porta iscritte in sé le radici dell’Europa. Un’opera unica che pone più domande di quante risposte possa offrire», conclude monsignor Marti.

La memoria dei Santi Martiri di Otranto si celebra ogni anno il 14 agosto con una processione nella quale i sacerdoti più giovani portano solennemente per le strade del centro storico un’urna, donata dall’arcivescovo Piccolomini nel ’600, con le reliquie. Questa celebrazione è preceduta dalla “tredicina”, ovvero tredici sere di preparazione, che includono il pellegrinaggio delle parrocchie della diocesi. Dal 2013, anno della canonizzazione dei Santi Martiri, con ancora maggiore affluenza rispetto al passato, la cattedrale è meta di visite e pellegrinaggi da tutto il mondo.

LA CRIPTA SU ANTICHE COLONNE
Molto interessante dal punto di vista architettonico e artistico è la cripta. Ha la particolarità di avere al suo interno ben 42 colonne monolitiche marmoree, tutte di stili ed epoche diverse, che sostengono il transetto della cattedrale soprastante. Si tratta, secondo gli studiosi, di una miniatura della celebre cisterna di Costantinopoli e della moschea di Cordova.

Degno di nota, infine, l’antico organo a canne situato in cattedrale nel braccio destro del transetto: si tratta di uno strumento risalente al XVIII secolo, costruito dai fratelli gallipolini Simone e Pietro Kircher, con sistema di trasmissione interamente meccanico.

Una cattedrale, quella di Otranto, che interroga chi vi entra e chi, da lì, esce. E si erge come luminosa testimonianza di fede e di coraggio per tutti i cristiani perseguitati nel mondo. Ancora oggi.

IL LUOGO DELLA TESTIMONIANZA DEI MARTIRI
Sul Colle della Minerva sorge la chiesa di Santa Maria dei Martiri. Lungo la scalinata si trova la colonna sulla quale morì Berlabei, il carnefice turco che, di fronte al corpo decapitato del primo martire, si dichiarò cristiano: gesto che gli costò il supplizio del palo e, quindi, la morte. Il masso sul quale avvenne la decapitazione dei martiri, invece, è attualmente conservato in cattedrale. La chiesa, elevata a santuario diocesano nel 1992, fu visitata da Giovanni Paolo II durante il suo viaggio a Otranto.

SAN NICOLA DI CASOLE
Nei dintorni di Otranto è molto interessante la visita all’abbazia di San Nicola di Casole: retta dai monaci basiliani italo-greci, sorge a poca distanza da Otranto e giocò un importante ruolo di ponte tra cultura e fede d’Oriente e d’Occidente. Numerose le testimonianze anche artistiche (ritrovate in alcune grotte lungo la costa salentina e visibili nel mosaico della cattedrale) risalenti ai monaci, che da lì si mossero per la trasmissione della fede. La sua ricca biblioteca, con il servizio di prestito, funse da fulcro per la diffusione della cultura. Fu anche un’importante università che offrì insegnamento gratuito ai giovani, alloggio compreso. Dallo scriptorium di Casole uscirono i codici di Giovanni Damasceno, Gregorio di Nazianzo e Cirillo di Alessandria: rare copie sono conservate nelle maggiori biblioteche (Roma, Venezia, Madrid ecc.). Razziata e distrutta durante l’assedio turco, l’abbazia non tornò più ai suoi antichi splendori. Oggi ne rimangono solo le rovine, di proprietà privata, ma da più parti se ne auspica un recupero.

ORGANIZZARE LA VISITA
La cattedrale di Santa Maria Annunziata (piazza Basilica 1) si trova nel centro storico di Otranto (Lecce), chiuso al traffico veicolare. È raggiungibile a piedi, attraverso i vicoli che partono dal lungomare o dal Castello. Per raggiungere Otranto in macchina: arrivando da Lecce, imboccare la statale Maglie-Otranto e seguire le indicazioni fino a destinazione. Nei mesi estivi i parcheggi risultano più difficoltosi per l’enorme afflusso di turisti. In treno: servizio a cura delle Ferrovie del Sud Est (www.fseonline.it).

ORARI E CELEBRAZIONI
La cattedrale è visitabile tutti i giorni (da giugno a settembre: 7-12 /15-19; restanti mesi: 7-12/15-17). Le Messe festive hanno luogo alle 7.30, 9.30 e 11, mentre le prefestive e feriali hanno orario variabile (ore 17.30 novembre, dicembre e gennaio; ore 18 febbraio e marzo; ore 18.30 ottobre; ore 19 aprile, maggio e settembre; ore 19.30 giugno, luglio e agosto). Per ulteriori informazioni tel. 0836/80.27.20; www.diocesiotranto.it.

Testo di Luisa Pozzar

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