N. 11 16 giugno 2013
Migranti

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Migranti

«Mi sono aggrappato alla fede»

Peter è sopravvissuto a un naufragio nei pressi di Lampedusa, salvando anche le sue bimbe. Oggi lavora per il Duomo di Milano: una storia a lieto fine, mentre ogni anno centinaia di migranti continuano a morire in mare. Spesso dimenticati.

Peter Theodore Ndandjeu davanti al Duomo.

In fuga attraverso il mediterraneo - Peter Theodore Ndandjeu davanti al Duomo di Milano (Foto di Alfredo D'Amato).

Alto, bianco, con tutte quelle guglie svettanti. Vedendo il Duomo di Milano per la prima volta, Peter era rimasto a bocca aperta. Mai avrebbe immaginato di poter lavorare, un giorno, al suo interno. Invece sono otto mesi che Peter Theodore Ndandjeu, camerunense di 43 anni, in Italia con permesso per protezione umanitaria, lavora come addetto alla sicurezza nella cattedrale milanese. La sua è una storia a lieto fine, a differenza delle centinaia di migranti (oltre 1.500 i morti nel solo 2011) che ogni anno scompaiono nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere una terra in cui sognare una vita migliore.

Peter ha 30 anni quando decide di lasciare Douala, capitale economica del suo Paese, per andare a lavorare in Libia. La passione per le arti marziali lo porta a diventare istruttore di aikido, una disciplina di origini giapponesi. «Sono stato 11 anni in Libia, lavoravo con l’esercito insegnando difesa personale. Nel frattempo mi sono sposato con Liliane, una mia connazionale, e sono nate le nostre due bimbe gemelle, Yasmine e Samira».

Nel 2011 scoppia la primavera araba e in Libia Peter non si sente sicuro. «Dicevano che noi stranieri fiancheggiavamo Gheddafi, siamo dovuti scappare: non avevamo altra scelta». Il ricordo del viaggio è drammatico. Marito e moglie salpano su due imbarcazioni diverse, Liliane da sola, Peter con le due bimbe, che allora avevano 10 mesi. «Sono stati cinque giorni terribili, eravamo in 600 su una barca troppo piccola», ricorda. A pochi metri dalla salvezza  l’imbarcazione si incaglia contro le rocce del porto. È la notte dell’8 maggio 2011, le cronache di quei giorni raccontano di migranti che annaspano al buio fra le onde e di soccorritori che si buttano in mare per tentare di salvare quante più persone possibili. «Abbiamo visto arrivare le imbarcazioni della Guardia di Finanza, poi la barca si è ribaltata». Peter afferra le gemelline sotto le braccia e comincia a nuotare. Grazie al fisico possente e all’allenamento sportivo riesce a raggiungere la riva e a portare in salvo le bimbe. «Dio è grande – il pensiero che gli attraversa la mente mentre gli operatori di Lampedusa si prendono cura di loro – sono cristiano da sempre, ho pregato tanto».

Da Lampedusa Peter raggiunge poi Milano, dove nel frattempo è arrivata anche la moglie. «Non smetterò mai di ringraziare la Farsi prossimo (cooperativa sociale promossa dalla Fondazione Caritas Ambrosiana, ndr): mi hanno dato tutto, tutto». Peter parla francese, inglese, arabo e, grazie alle scuola di lingua per stranieri, impara anche l’italiano. È intelligente, sente di aver ricevuto molto e per questo non si risparmia. Studia, frequenta corsi professionali di fitness, body building e addetto alla sicurezza. Lavora duro. Ma i primi mesi a Milano non sono facili. Dopo qualche impiego provvisorio, ecco il lavoro in Duomo, sempre tramite la cooperativa Farsi prossimo, come addetto alla sicurezza. «Iniziare a lavorare in cattedrale è stata un’enorme emozione: è una chiesa molto più grande di quelle che abbiamo in Africa, e anche sentire suonare l’organo è stato una sorpresa».

Cinque giorni alla settimana Peter controlla che i turisti in visita tengano un comportamento adatto alla sacralità del luogo: niente schiamazzi, né pantaloni corti né spalle scoperte. «Sono il primo africano in 600 anni a lavorare in Duomo, all’inizio qualche milanese si è stupito. Ricordo un anziano che mi ha chiesto cosa ci facessi lì, sentivo un po’ di pregiudizi, ora non ci faccio più caso». Peter a Milano si sente felice. «Dio è grande – ripete spesso – non ho mai perso la speranza». Il senso di gratitudine verso Dio e la Farsi prossimo è grande. Le bimbe vanno all’asilo, la moglie si sta professionalizzando per lavorare come inserviente negli ospedali, lui stesso arrotonda lo stipendio insegnando arti marziali nelle palestre milanesi. Ma se dopo il lavoro non deve andare in palestra, spesso si ferma in Duomo per partecipare alla Messa.«Prego Dio perché le mie bambine possano crescere forti, qui in Italia», confida.

Strada facendo, il legame con la cattedrale sta diventando sempre più forte. «Mi piacerebbe battezzare qui le mie figlie. Mia moglie però è pentecostale, preferirebbe si battezzassero da adulte: decideremo assieme quando sarà il momento giusto».  
Intanto legge libri sulla storia e le opere artistiche del Duomo e ogni giorno guarda con ammirazione la statua di san Bartolomeo. La scultura di Marco d’Agrate rappresenta l’apostolo martirizzato,  scorticato vivo da capo a piedi, che mostra la pelle che gli è stata tolta di dosso: «È il “mio” santo  – sorride Peter – mi piace perché è stato coraggioso». Proprio come lui.

 

20 GIUGNO | Giornata mondiale del rifugiato

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della sofferenza degli esuli, le migrazioni forzate e la protezione internazionale, l’Onu, a partire  dal 2001, ha indetto la Giornata mondiale del rifugiato, che si svolge il 20 giugno.

Una preghiera ecumenica in ricordo delle vittime del viaggio. A Milano Caritas Ambrosiana, cooperativa Farsi prossimo e Fondazione culturale San Fedele organizzano diverse iniziative (informazioni 338/14.85.974, programma completo www.caritasambrosiana.it), fra cui una preghiera ecumenica Il mare unisce, la terra non divida in memoria delle vittime del viaggio verso l’Europa. Appuntamento giovedì 20 giugno alle ore 18.30 presso la chiesa San Fedele (piazza San Fedele 4).

 

Chi sono i rifugiati?


Sono persone costrette a lasciare il Paese dove sono nate per scappare dalla violenza e dalla discriminazione per motivi religiosi, sociali, politici. Alla fine del 2011 i migranti forzati nel mondo erano più di 42 milioni. In Italia i rifugiati sono circa 58.000.
Alcuni rifugiati celebri Sono stati rifugiati lo scienziato Albert Einstein e, per un certo periodo della loro vita,  lo scrittore Victor Hugo, il generale Giuseppe Garibaldi, lo scienziato Enrico Fermi.

Testo di Laura Bellomi

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