N. 11 16 giugno 2013
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Odoardo Focherini

Beato il giornalista che salvò cento ebrei

Beatificato, a Carpi, Odoardo Focherini. Padre di sette figli, morì a 37 anni in campo di concentramento. I nazifascisti l’avevano arrestato per l’impegno all’Avvenire d’Italia e nell’Azione cattolica»

 

 Il ricordo di Focherini sull’Avvenire nel 1945 (Foto dell'ARCHIVIO DELLA MEMORIA DI ODOARDO FOCHERINI).

«Uno, il migliore di noi, è morto in campo di concentramento».

Così titolava L’Avvenire d’Italia, il 18 novembre 1945, in occasione della prima giornata del quotidiano dopo la Liberazione, che sanciva la ripresa ufficiale delle pubblicazioni dopo le devastazioni della guerra. All’appello, però, mancava proprio lui, il Consigliere mandatario Odoardo Focherini, colui che negli ultimi anni aveva preso in mano le sorti finanziarie del giornale per risollevarlo e portarlo, insieme al direttore Raimondo Manzini, a essere voce autorevole nel panorama della stampa italiana.

Ma chi era Odoardo Focherini, questo fedele laico che oggi la Chiesa riconosce “martire per la fede” e che viene beatificato nella sua città, a Carpi, il 15 giugno?

Nel marzo del 1944, quando fu arrestato all’ospedale di Carpi e poi trasferito al carcere di Bologna, Focherini aveva 37 anni, era già padre di sette figli, avuti dall’amatissima moglie Maria Marchesi. Di origini trentine entrambi, si erano incontrati nel corso di una vacanza in Val di Non, per poi convolare in matrimonio nel 1930 a Mirandola. Di professione assicuratore per la Cattolica, Odoardo si divideva tra il lavoro, la famiglia e l’impegno gratuito per il quotidiano cattolico, da quando, nel 1939, fece il suo ingresso nel consiglio di amministrazione.

Personalità estroversa dai molteplici interessi, dal teatro alla montagna, Odoardo aveva un’autentica passione per il giornalismo. Aveva iniziato, infatti, giovanissimo: a 17 anni è tra i fondatori de L’Aspirante, il primo giornale cattolico per ragazzi (1927), scrive poi per L’operaio cattolico, il periodico della diocesi di Carpi, per divenire ben presto corrispondente dell’Osservatore Romano e dell’Avvenire d’Italia.

L’annuncio del Vangelo e la difesa della libertà della Chiesa furono alla base del suo apostolato, che seppe cogliere, con profetica intuizione, il ruolo fondamentale dei mass media. All’Avvenire, pur essendo amministratore, Focherini per i giovani giornalisti era prodigo di consigli e di chiari riferimenti ideali per svolgere con coerenza la professione in un tempo di forti censure e limitazioni alla libertà di espressione. Questo suo ruolo di spicco all’interno del laicato cattolico non passò inosservato al regime nazifascista, tanto che, nei pochi documenti relativi all’arresto, viene identificato proprio come giornalista e amministratore di giornale.

Una personalità così ricca e solidamente ancorata nella fede in Gesù Cristo non può che avere attinto a una sorgente altrettanto fervida di relazioni significative, seppure in un contesto di provincia come era quello carpigiano di inizio secolo. È nell’Azione cattolica che Odoardo si forma, grazie all’incontro con Zeno Saltini, il futuro sacerdote fondatore di Nomadelfia, che intravede in lui particolari doti di animatore e trascinatore. Odoardo brucia le tappe degli incarichi e delle responsabilità e a soli 29 anni viene nominato presidente diocesano. La sua sensibilità ecclesiale superava però le dimensioni associative, tanto che si prodigò per la nascita del primo gruppo scout di Carpi (1926) e di altri sodalizi caritativi: ogni esperienza e occasione che potevano contribuire alla crescita dei giovani e alla cura del prossimo lo vedevano protagonista.

Come ha ricordato monsignor Lorenzo Chiarinelli, vescovo e teologo che larga parte ha avuto nel mettere a fuoco le ragioni del martirio, «dobbiamo non solo guardare l’albero che produce frutti, bensì scandagliare le radici e ricollocare Focherini dentro il quadro generale della sua esistenza». Nel pieno del conflitto bellico emersero diverse situazioni di difficoltà: una povertà diffusa, l’assistenza dei prigionieri, la ricerca dei dispersi. Per farvi fronte, Focherini organizzò una serie di servizi per le diocesi di Carpi e di Modena in collaborazione con il Vaticano e la Croce Rossa. Nel frattempo vennero inasprite le leggi razziali e la persecuzione degli ebrei, in Europa e in Italia, si intensificò. Tra il 1942 e fino all’arresto avvenuto l’11 marzo 1944, insieme a don Dante Sala, parroco di San Martino Spino vicino a Mirandola, Odoardo Focherini divenne il fulcro di una rete di salvataggio degli ebrei che dall’Italia venivano aiutati a fuggire in Svizzera. Per Giacomo Lampronti, giornalista di Avvenire a cui si deve la prima testimonianza scritta, «i perseguitati erano ormai i suoi persecutori», perché lo attendevano ovunque sul lavoro, a casa, all’Avvenire. Alcuni nemmeno conoscevano il nome di chi li avrebbe salvati; ma, da un censimento effettuato, risulta che oltre un centinaio furono gli ebrei messi in salvo da Focherini.

Sono 166 le lettere di Odoardo Focherini (raccolte e pubblicate solo nel 1994), che egli scrisse dalla prigionia, prima dal carcere di Bologna, poi dai campi di concentramento, tappe di una via crucis senza ritorno: Fossoli di Carpi, Gries (Bolzano), Flossenburg e Hersbruck. Qui Focherini morì di setticemia e per gli stenti nel dicembre 1944, secondo le testimonianze di alcuni sopravvissuti. Questi scritti riflettono in modo inequivocabile la luminosità della vita di Focherini, fanno emergere la consapevole, anche se sofferta, sottomissione alla volontà di Dio, lo struggente amore per la sua sposa e per i figli: «Fiat voluntas Dei, Mariolina, e con immutata certezza che tutto dobbiamo donare con generosità, accettiamo con animo il più sereno possibile la croce, se verrà, più pesante e avanti».

Alcuni compagni di prigionia raccolsero il suo testamento spirituale che riflette come uno specchio la sua vita: «Dichiaro di morire nella più pura fede Cattolica apostolica romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio, offrendo la mia vita in olocausto per la mia Diocesi, per l’Azione cattolica, per  l’Avvenire d’Italia e per il ritorno della pace nel mondo». Papa Francesco, di recente, ha ricordato che «il martirio non è mai una sconfitta», ma «il grado più alto della testimonianza che noi dobbiamo dare. Noi siamo in cammino verso il martirio…». Odoardo ha già percorso questa via e ci attende tra i beati.

Testo di Luigi Lamma

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