N. 11 16 giugno 2013
Migranti

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Avrebbe potuto scegliere la vendetta, dopo che una cannonata gli ha ucciso tre figlie. Invece Izzeldin Abuelaish, ginecologo…

Libera la domenica

LA DOMENICA NON HA PREZZO

Il giorno festivo? Va difeso, per il bene della Chiesa e della società. La riflessione del vescovo di Novara, Franco Giulio…

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Libera la domenica

LA DOMENICA NON HA PREZZO

Il giorno festivo? Va difeso, per il bene della Chiesa e della società. La riflessione del vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla: «Perdere il senso della festa vuol dire non curare l’anima»

 

Negozi aperti la domenica? Liberiamo il giorno di Festa!

 Negozi aperti la domenica? Il giorno della Festa va difeso (Foto di BARRERA – RASTRELLI E MAURIZIO CAMAGNA).

Supermercati aperti tutte le domeniche? C’è anche chi va controcorrente: è il caso di Marcello Cestaro proprietario del gruppo Unicomm. Da imprenditore ha verificato che tenere aperto nei festivi è più un disagio che un affare. S’incrina, insomma, il fronte della grande distribuzione che negli ultimi anni sembrava avere fatto con il dogma del “sempre aperto” una ricetta per combattere la crisi economica, incurante delle numerose prese di posizione dei sindacati e della campagna "Libera la domenica", sostenuta anche dalla Chiesa italiana.

Il caso di Marcello Cestaro e Unicomm >

 «La domenica non ha prezzo! Non si può barattare la domenica con null’altro, pena il decadimento di tutta la vita civile a una società funzionalizzata e individualistica». Parola di monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, che al tema del senso cristiano del giorno festivo ha dedicato un intero capitolo della lettera pastorale 2012/2013 Come stai con la tua fede e ha pubblicato il libro Tempo della festa e giorno del Signore (San Paolo, 2012), frutto delle sue riflessioni come copresidente del comitato organizzatore del VII Incontro mondiale delle famiglie, che si è tenuto a Milano esattamente un anno fa con il titolo La famiglia, il lavoro e la festa.  «La festa, e in particolare la domenica, è il gesto centrale della comunità cristiana – chiarisce monsignor Brambilla –. È rimasta quasi l’unica forma che tocca la “pratica” della fede cristiana, che incide sul corpo, che dà ritmo alla vita quotidiana. Se perdiamo il senso (e anche il tempo comune e il luogo pratico) della festa e della domenica perderemo anche la cura della nostra anima».

Come interpreta la scelta dell’imprenditore Cestaro?

«Faccio i complimenti all’onestà dell’imprenditore. Anche perché toglie l’obiezione decisiva alla chiusura domenicale dei supermercati, ossia che essa porti un danno ai consumi in un grave momento di crisi per il lavoro».

Ma c’è chi osserva che non pochi lavoratori accettano volentieri il lavoro festivo perché pagato meglio. E non dimentichiamo che le persone (anche nella comunità cristiana) trovano comodo poter fare la spesa la domenica…

«Non è necessario essere estremisti. Dello slogan che si legge fuori dai centri commerciali “Domenica sempre aperto” il problema è il “sempre”! Non sono contrario a che avvenga alcune domeniche dell’anno (ad esempio prima di Natale), in luoghi di turismo, ecc.».

Secondo lei, insomma, il valore del ritrovarsi insieme in spazi non omologati non è da difendere solo per ragioni confessionali. È un problema che dovrebbe stare a cuore a tutta la società civile?

«Se andate a vedere uno di questi posti affollati di domenica – come ha notato un acuto sociologo – da Bolzano a Catania sono tutti uguali e vi si celebrano le stanche liturgie del consumo. Fuori da una chiesa o in prossimità di una festa s’accende, invece, la vita dei mille campanili e piazze che esprimono la brulicante varietà delle diverse “identità” italiane».

Come vescovo raccoglie preoccupazione da parte dei fedeli?

«Molte famiglie, e in particolare le  donne, mi hanno scritto che si vedono costrette a lavorare di domenica, perdendo il senso della festa, delle relazioni familiari, della presenza con i figli, della prossimità agli anziani, della gratuità dell’incontro».

Cos’è la festa per il cristiano?

«Ciò che viene celebrato nel giorno della festa è la vita come dono. Il debito originario nei confronti degli altri e dell’Altro è lo spazio per abitare la festa, per dare senso anche al lavoro delle mani dell’uomo. Il tempo feriale non sta senza il giorno della festa, da essa riceve il suo significato. Con la domenica e la festa l’uomo e la donna smettono i panni dell’essere-di-produzione e mettono il vestito nuovo dell’essere-di-relazione. E celebrano la gratuità dell’incontro, aprendo il cuore all’incontro con “la sua grazia che vale più della vita” (Salmi 63,4). Promuovendo la festa, i cristiani difendono un bene comune: il bene per cui l’uomo è signore e non schiavo del lavoro e del tempo. È fatto per l’altro e per la gioia dell’incontro».

Non crede, però, che anche le parrocchie, a volte, rischiano di perdere il senso della festa?

«Occorre curare la qualità delle nostre celebrazioni, la proposta di una “domenica della comunità”, dove in modo esemplare viviamo il senso della festa, l’indicazione di percorsi di carità e missione. Vorrei far notare che nessun soggetto sociale in Europa può permettersi il lusso di avere ogni settimana – si noti una volta alla settimana – un numero così rilevante di presenze. Tuttavia mi domando: com’è la qualità delle nostre celebrazioni, com’è il ritmo della nostra azione liturgica? Essa oscilla tra liturgie interminabili e stremanti e liturgie scialbe, incolori e insapori, dove la voce non si sente, i microfoni non funzionano, le luci sono incerte. Occorre credere non solo nel valore pedagogico della liturgia celebrata bene, ma bisogna rendere possibile la partecipazione a un gesto che abbia la vibrazione di un “accordo rituale”: nell’azione liturgica dobbiamo incontrare nientemeno che il mistero santo di Dio».

Testo di Paolo Rappellino

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