Affidiamo tutte le nostre famiglie a Gesù, Maria e Giuseppe
Nel primo anniversario di Amoris laetitia, preghiamo per tutte le nostre famiglie, perché siano davvero santuario dell’amore…
Una famiglia missionaria a chilometro zero
A Bollate, Elisabetta ed Eugenio di Giovine, con i loro cinque figli, vivono in canonica e collaborano con i preti all’animazione…
L’eremo dove tutte le famiglie sono di casa
Da più di trent’anni l’associazione aiuta gli sposi a riscoprire il dialogo e affrontare le crisi. Superati i problemi con…
La “mia” Milano che aspetta Francesco
«È una città ricca di contraddizioni, ma qui nascono relazioni intense». Il parere di una delle voci più profetiche della…
La prigione di San Pietro
Recentemente riaperto alle visite il percorso archeologico e spirituale nell’ambiente sotterraneo dove l’apostolo, mentre…
Una ragione in più per continuare a vivere
È tornato in primo piano il dibattito sull’eutanasia. l’impegno del cristiano è di stare dalla parte della vita sempre e…
Ite, missa est di Enzo Romeo
Una ragione in più per continuare a vivere
È tornato in primo piano il dibattito sull’eutanasia. l’impegno del cristiano è di stare dalla parte della vita sempre e comunque, ma non è semplice
Il gran dibattito sulla cosiddetta “buona morte” mi rimanda alla vicenda di un caro amico sacerdote “spento” da una patologia neurologica. Era brillante, colto, intelligente, accogliente, generoso… Ora vive in un pensionato, assistito da brave suore-infermiere, sottoposto a una pesante cura farmacologica che lo lascia in uno stato di perenne ottundimento. Mi piacerebbe dire il suo nome, raccontare ciò che di bello e importante ha fatto, ma il pudore per ciò che è divenuto e il rispetto per ciò che è stato prima me lo impediscono.
So che la sua vita ha un valore intrinseco, così come non è cancellata affatto la sua dignità presbiterale. Tuttavia è complicato farsene una ragione. Quando aveva ancora un po’ di lucidità, segnato dalla malattia e consapevole della sua ineluttabilità, mi confidava: «Ogni sera nel letto, prima di chiudere gli occhi, chiedo a Gesù: “Per favore, chiamami, fammi venire da te…”. Al mattino, quando mi sveglio, mi rivedo ancora qui. Gesù non mi ha ascoltato».
Noi che stiamo dall’altra parte, dove tutto è più facile, dovremmo chiederci cosa possiamo fare e dare perché l’amico, il familiare, la persona a cui teniamo abbia una ragione in più per vivere. Perché il suo dolore e la sua fragilità trovino un senso. Non è facile, lo sappiamo. La comunità religiosa dove il mio amico viveva ha continuato nel suo tran-tran fatto di messa-scuola-oratorio-catechesi-vespri. Difficile uscire dalla logica delle cose da fare, qualcosa di molto simile all’atteggiamento del sacerdote e del levita nella parabola del buon samaritano.
Il mio amico non parla, non dice nulla, solo guarda ogni tanto l’orologio. Provo a interpretare il suo pensiero: «Sono qui, chiamami se vuoi, o Dio della vita. Ma se disponi altrimenti, con tenacia e dolorosa tranquillità saprò aspettare il momento dell’incontro definitivo. Sperando d’essere aiutato da chi mi ha voluto e mi vuol bene per ciò che sono stato e, ancor più, per ciò che sono adesso, fragile riflesso dell’umanità».
Illustrazione di Emanuele Fucecchi