N. 12 23 giugno 2013
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Massimo Mauro

Diamo un calcio alla sclerosi

Massimo Mauro, ex calciatore di serie A e oggi noto telecronista, è presidente dell’Associazione italiana per la lotta alla Sla. «Mi metto al servizio di malati e famiglie. Ricevo molto più di quello che do»

 

Massimo Mauro, ex-calciatore, oggi cronista, "dà un calcio" alla Sla

Mauro con un malato di Sla (Foto di Giacomo Morini / Olycom)

Un oratorio, un campo di calcio. Un ragazzino che tira calci a un pallone. Una storia come tante, di quelle che si possono trovare girando in lungo e in largo per l’Italia.

Ma noi siamo a Catanzaro, 40 anni fa, nel quartiere Piano Casa.  Massimo Mauro, oggi commentatore sportivo, ex calciatore di Napoli, Udinese e Juventus, è nato qui. Da pochi mesi Mauro è il presidente di Aisla, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica:  250 volontari e 1.600 soci che, ogni giorno, operano al fianco dei malati. Il 21 giugno è la Giornata mondiale di sensibilizzazione sulla malattia.

Che cos'è Aisla? "Da trent'anni con i malati", i numeri e gli effetti della Sla >

Mauro ricorda gli anni nella sua città natale come fondamentali nella sua formazione di uomo e di professionista. Importantissimi per le scelte fatte da lì in poi. E per quelle di oggi. La chiesa del quartiere Piano Casa era retta dai padri Passionisti. «Il punto di riferimento  – prosegue  –  era la Chiesa. I nostri genitori ci lasciavano giocare senza problemi. Io, poi, ero anche impegnato come voce bianca solista nel coro. Ero intonato e cantavo durante le celebrazioni in chiesa. Mi piaceva. Una volta padre Luigi mi venne a prendere a scuola per farmi cantare».

I ricordi della formazione dai padri Passionisti si susseguono nel racconto dell’ex calciatore: «Facevamo tante attività: oltre al calcio e al canto c’era anche il giornalino. I Passionisti si distinguevano per essere “avanti” nelle loro proposte educative». Persone poi che sono rimaste un punto di riferimento per Massimo Mauro anche quando la carriera calcistica lo ha portato altrove. «Padre Alfredo – riprende – è una delle persone migliori che ho conosciuto nella mia vita. Un vero e proprio esempio, un punto di riferimento. L’ho perso di vista per anni. Poi, un giorno, eravamo verso la fine della mia carriera calcistica, alle otto e mezza di mattina bussano alla porta della mia camera. Non potevo di certo immaginare che fosse lui! Mi ha fatto un piacere immenso». (Padre Alfredo, dopo una vita spesa al servizio del Vangelo in mezzo alle persone, è morto tre anni fa in Brasile, ndr).

Gli anni del calcio hanno comportato per Mauro un inevitabile allontanamento dalla Chiesa: «Muovendosi da una città all’altra è più difficile essere assidui nell’andare a Messa. I calciatori, poi, lavorano prevalentemente la domenica. Come tante persone, anch’io mi sono allontanato e ci tengo a precisare che non sono e non mi sento un credente migliore di tanti altri. Diciamo che quei valori, quei riferimenti fondamentali che ho ricevuto dai Passionisti negli anni della mia formazione sono rimasti dentro di me e ho cercato di metterli in pratica il più possibile, più che parlarne». Anche in un gioco come quello del calcio, fatto di individualità, di prime donne, di rivalità? «Certamente, anche nel calcio. Una squadra non può essere vincente se non tiene conto di alcuni principi, come lo stare insieme in gruppo, il rispettarsi. Ma anche che il bene comune, di tutta la squadra, è prioritario. Altrimenti non si vince. Se vai da solo nel calcio sei un grande solista, ma nulla di più. Io l’ho imparato proprio in quegli anni all’oratorio».

Massimo Mauro, calciatore: il ritratto di un "centrocampista impegnato" >

Ora che Mauro non è più un calciatore sul campo, non ha smesso di vivere nel mondo del pallone. Tutte le domeniche su Sky commenta le partite della serie A. In un mondo di schiamazzi e show business si distingue per il garbo con cui si pone e la correttezza nelle parole che usa. Non fa mai polemica. Dall’inizio di quest’anno Mauro è diventato il presidente di Aisla, che sostiene malati e famiglie che convivono con la malattia del motoneurone e si articola in 57 sezioni locali su tutto il territorio italiano.

Inesorabile, la Sla porta a una paralisi generale di muscoli e articolazioni ma non intacca l’intelletto. Non c’è guarigione, per ora. Ma, grazie a medicinali e supporti, come il sintetizzatore vocale per comunicare con gli altri, si può migliorare la qualità della vita. «Io e Gianluca Vialli – prosegue l’ex calciatore – ci siamo avvicinati al mondo della Sla con la nostra attività nella Fondazione Vialli e Mauro. Ci ha colpito da subito l’incredibile voglia di vivere delle persone affette da questa malattia. Quando mi hanno chiesto di diventare il presidente nazionale di Aisla mi sono sentito onorato. Cerco di essere al servizio dei malati e delle famiglie e presto mi recherò regione per regione a conoscerli di persona (non c’è una stima precisa, ma sono circa cinquemila in tutta Italia, ndr). Eppure, mi sembra di ricevere molto di più di quello che riesco a dare. Li sento vicini come se fossero la mia famiglia»..

Testo di Francesca Lozito

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