N. 13 - 2016 27 marzo 2016
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Buona Pasqua a tutti voi nel segno della divina misericordia

La missione della Chiesa, come ci ricorda il Giubileo, è annunciare la gioia della risurrezione di Cristo e testimoniare…

Auretta Benedetti

Io, sposa “irregolare”, accolta nella Chiesa

Ha ritrovato la fede, ma secondo le regole non può accedere ai sacramenti perché sposata con un uomo divorziato. «Con Francesco…

Eric-Emmanuel Schmitt

Sprigioniamo la gioia del Risorto

Ateo di formazione, ha incontrato Dio alla vigilia della carriera di scrittore. «Non è più tempo di essere tristi, il Vangelo…

Il senso spirituale della Pasqua

Passare dalla morte alla vita nel dono di sé

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Mi scorrono davanti agli occhi tante storie. Di ferite che, per chi le ha sapute abitare e non è fuggito, hanno il potere…

Per una lettura completa...

Auretta Benedetti

Io, sposa “irregolare”, accolta nella Chiesa

Ha ritrovato la fede, ma secondo le regole non può accedere ai sacramenti perché sposata con un uomo divorziato. «Con Francesco mi sento capita e so di essere comunque parte della comunità»

Auretta Benedetti

 

Ho voluto raccontare la mia storia di “sposa irregolare” in un diario. Ero in un momento molto particolare della mia vita: avevo appena ritrovato la fede e sentivo il bisogno di mettere nero su bianco emozioni e pensieri sulla mia storia d’amore e sul rapporto che vivevo con la Chiesa. Più scrivevo, più dal diario sentivo nascere un dialogo con molti altri che si trovavano nelle mie stesse condizioni, soprattutto credenti divorziati o persone che avevano una nuova unione dopo il fallimento del primo matrimonio e che si sentivano sfiduciati e lontani dalla Chiesa. In tante discussioni, con amici e conoscenti, avevo avvertito questa “distanza” ma anche una sorta di giudizio irrevocabile: per loro la Chiesa aveva i tratti di una “matrigna” crudele, le cui regole ferree non consentivano nessun incontro. C’ero passata anch’io, ma ora non era più così e quell’incontro, in modo completamente diverso da come avevo sperimentato in gioventù, lo stavo scoprendo di nuovo».

 

RITORNATA ALLA FEDE

Non è difficile identificarsi con la storia di Auretta Benedetti. Classe 1969, di origine umbra, vive e lavora a Milano dal 2003, dove insegna Diritto amministrativo all’università Bicocca. La sua è la vicenda di una donna che, dopo un periodo di dispersione e di allontanamento da Dio e dalla Chiesa, forse tipica dell’età giovanile, ritrova se stessa nell’incontro con un uomo, con il quale genera due figli e dopo un periodo di convivenza si sposa. Ritrovandosi, riscopre anche la fede, ma presto deve fare i conti con le “regole” della Chiesa: è sposa, sì, ma solo civilmente, perché il suo uomo ha vissuto la dolorosa esperienza del divorzio. «Ben presto ho dovuto farmi una ragione del fatto che, secondo il “rigido” e preciso diritto canonico, la mia condizione corrispondeva a una situazione di “adulterio”. Mi sono ritrovata, con sofferenza e tante perplessità, una sposa “irregolare”. E non è stata una bella sensazione, anzi, devo dire che sono andata incontro a un periodo molto turbolento della mia vita».

 

IN CERCA DI RISPOSTE

Niente è facile e scontato, ma per Auretta viene il momento di indagare, confrontarsi e cercare delle risposte. «Ho iniziato a desiderare di essere di nuovo parte della Chiesa, e contemporaneamente ad avvertire il disagio di essere una “irregolare” quando ho dovuto accompagnare la mia prima figlia nel cammino verso i sacramenti e ho ricominciato a frequentare la Messa domenicale. È un’esperienza che mi ha dato una grande gioia, che piano piano si è trasformata in commozione profonda e nostalgia. Sentimenti che mi hanno spinto a riprendere un cammino, nel quale cercavo di capire il senso dell’essere “figlia” amata da Dio, eppure messa un po’ ai margini della vita sacramentale della Chiesa. Come era possibile tenere insieme queste due realtà? Davvero la scelta di sposare un uomo divorziato, che mi aveva dato la felicità e dei figli, poteva essere un motivo di lontananza da Dio? Qualcosa non quadrava…».

Erano domande importanti e la fortuna di Auretta è stata quella di fare incontri importanti nella comunità cristiana, come quello con un sacerdote che si è dimostrato subito aperto e disponibile ad accompagnarla in questo faticoso cammino di risalita dall’idea di una Chiesa-matrigna a quella di una Chiesa-madre.

«Quello che io racconto nel Diario di una sposa “irregolare”. Amo perché sono amata (Ipl, 112 pagine, 10,90 euro) è solo un pezzetto di cammino personale che incrocia curiosamente un tema tanto dibattuto nel nostro tempo, cioè la condizione dei credenti “irregolari” nella Chiesa. L’uso delle virgolette è d’obbligo, visto che lo stesso papa Francesco ha definito questo termine come un “brutto aggettivo”, soprattutto se riferito a persone in carne e ossa che cercano il proprio posto nella Chiesa, a volte con fatica e con una buona dose di sofferenza».

Le parole del Papa sono state per lei molto importanti: «Spesso il dibattito viene ridotto al problema Comunione sì, Comunione no. E non si può negare che per un credente non poter fare la Comunione o confessarsi sia un divieto avvertito come punitivo e quasi impossibile da vivere. Ma le parole del Papa aprono alla speranza e invitano a guardare oltre questa semplice alternativa. Francesco ha avvertito il grande bisogno di un abbraccio misericordioso della Chiesa per chi vive unioni stabili fuori dal matrimonio sacramentale e invita incessantemente chi vive queste situazioni a integrarsi nella quotidianità della Chiesa, dove si può vivere una comunione che non si identifica necessariamente con quella sacramentale. Mi sembra che il Papa apra lo sguardo alla specificità dei cammini, rifuggendo soluzioni semplicistiche per un problema tanto complesso».

 

MI SONO SENTITA FIGLIA DI DIO

Così Auretta ha continuato a cercare un senso a tutto ciò. «Se non si cede allo sconforto, si può scoprire come nella Chiesa ci sia una bellezza che va oltre gli apparenti steccati: proprio questo vuole essere, in fondo, il senso di rendere pubblica questa testimonianza». Nelle pagine del Diario si parla non solo di sofferenza, ma soprattutto di un’accoglienza rigenerante, trovata in una Chiesa fatta di sacerdoti disposti ad ascoltare, consolare, parlare al cuore; di persone luminose in grado di annullare ogni distanza, di condividere e di ridere amichevolmente dello stesso uso del termine “irregolari”. «C’è in queste pagine il commosso stupore, che ancora non mi abbandona, nel trovarmi in un luogo in cui sono riconosciuta figlia di Dio e incessantemente invitata a conformare la mia vita a questa identità, che è la sola capace di dare senso alla mia esistenza».

 

Testo di Maria Teresa Antognazza

Foto di Ugo Zamborlini

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