N. 13 30 giugno 2013
Editoriale

Lo “strappo” del Papa

La fede ci chiede scelte coraggiose...

Carlo Acutis

Eucaristia e computer

Un brillante adolescente milanese, appassionato di informatica e affascinato dai miracoli eucaristici. Se ne è andato in…

Peter Geremia

Una vita in cerca di guai, per il Vangelo

È finito due volte in carcere, un attentato gli ha ucciso un amico. Eppure, a 75 anni, padre Peter non si arrende...

Intervista a Luigino Bruni

«Non date la paghetta ai bambini»

Si contribuisce ai lavori di casa perché si è parte della famiglia, non per guadagnare. Insegnamo ai ragazzi che contano…

Nonno, mi spieghi...

Chi scandalizza i più piccoli?

Raccontiamo la Fede ai più piccoli: PERCHÉ SI SENTE PARLARE DI COSE BRUTTE FATTE DA PRETI? Spieghiamolo in linguaggio chiaro…

Con Unitalsi e Italo in viaggio a Loreto

In pellegrinaggio ad alta velocità

L’Unitalsi della Lombardia, in collaborazione con Italo, ha organizzato un viaggio da Milano a Loreto con i nuovi treni…

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Editoriale

Lo “strappo” del Papa

La fede ci chiede scelte coraggiose.

 

Cari amici lettori, bentrovati. Ha fatto scalpore la scelta di papa Francesco di non partecipare, sabato 22 giugno, al concerto in suo onore in occasione dell’Anno della fede. Aveva un impegno improrogabile, maturato all’ultimo istante: continuare i colloqui privati con i nunzi, cioè gli ambasciatori vaticani, arrivati da ogni parte del mondo. Non è che il Papa non ami la musica, anzi. Ma di fronte alla missione di pastore e guida universale del popolo di Dio ha pensato bene che Beethoven poteva attendere. D’altra parte il giorno prima aveva detto, a proposito dei vescovi: devono essere pastori vicini alla gente, miti, pazienti e misericordiosi; devono amare la povertà, anche quella  esteriore come semplicità e austerità di vita; non devono avere «una psicologia da “principi”». Francesco, vescovo di Roma, ha cominciato dando il buon esempio.

È proprio forte, questo Papa. Fa venire voglia di vivere davvero la nostra fede, troppo spesso fatta solo di parole. Siamo bravi a lamentarci, soprattutto dei giovani.  Ma noi, che modello di cristiani siamo per i nostri figli o nipoti? Dov’è la gioia che ci dona la fede? Da dove si riconosce che abbiamo incontrato Gesù Cristo e ci lasciamo guidare dal suo Spirito? Anche in questo numero di Credere vogliamo aiutarci a prendere la decisione quotidiana di vivere sul serio il nostro essere cristiani. Lo facciamo con alcune testimonianze, come quella di padre Peter Geremia o del giovane Carlo Acutis. Di Carlo mi ha colpito una frase: «Tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie».

È vero, a volte sprechiamo i talenti che il Signore ci ha dato, viviamo in maniera mediocre. Ma non dobbiamo scoraggiarci: domani possiamo ancora ricominciare, con l’aiuto della grazia di Dio. È un “martirio” quotidiano quello che ci attende, ma rende vera, piena, bella la nostra vita.
Come ha detto domenica scorsa il Papa, si tratta di compiere il proprio dovere con amore, secondo la logica di Gesù, la logica del dono, del sacrificio. «Quanti papà e mamme», ha ricordato Francesco, «ogni giorno mettono in pratica la loro fede offrendo concretamente la propria vita per il bene della famiglia! Quanti sacerdoti, frati, suore svolgono con generosità il loro servizio per il regno di Dio! Quanti giovani rinunciano ai propri interessi per dedicarsi ai bambini, ai disabili, agli anziani». E proprio ai giovani, ma l’esortazione vale per tutti noi, ha detto: «Non abbiate paura di andare controcorrente, quando ci vogliono rubare la speranza, quando ci propongono questi valori che sono avariati, come un pasto andato a male».

 Don Antonio Rizzolo

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