N. 14 - 2018 8 aprile 2018
INSIEME di don Antonio Rizzolo

La speranza che viene dal Risorto ci spinge a vivere con impegno e con amore

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INSIEME di don Antonio Rizzolo

La speranza che viene dal Risorto ci spinge a vivere con impegno e con amore

La virtù pasquale per eccellenza, scriveva don Tonino Bello, non ha nulla da spartire con una fuga rassegnata dal mondo. Ma Ci incarna nella storia, per costruire il futuro insieme agli altri

 

Cari amici lettori, vi sto scrivendo la sera del Giovedì santo. A motivo delle feste pasquali, infatti, la rivista chiude qualche giorno prima per arrivare in edicola e in parrocchia la settimana prossima, a partire dal 5 aprile. Nella liturgia, tutta la settimana che segue la domenica di risurrezione è come un unico grande giorno, il giorno di Pasqua.

Uno dei significati principali della Pasqua, la festa più importante per noi cristiani, è legato alla speranza. Proclamiamo, infatti, nell’antica sequenza pasquale: «Cristo, mia speranza, è risorto». Con la sua vittoria sulla morte, infatti, il Figlio di Dio ha aperto le porte del nostro cuore alla speranza. Quanto bisogno abbiamo anche oggi, tutti noi, di speranza. Per non lasciarci avvolgere dalla tristezza, per non piegare il capo rassegnati di fronte alle tante cose che non vanno, alla nostra stessa incapacità di essere migliori, un po’ più coraggiosi, un po’ più fiduciosi, un po’ più benevoli. Abbiamo bisogno di Cristo, di essere trasformati dalla potenza della sua risurrezione, di essere vivificati dalla forza del suo Spirito.

La speranza che nasce dalla Pasqua è dono di Dio, un dono da invocare con fede in questi giorni, chiedendo che lo Spirito Santo ci illumini, ci dia forza, ci ricolmi il cuore di rinnovata apertura verso il futuro. Ma questa speranza non è qualcosa di debole e meschino, non è un vago sentimentalismo, un chiudere gli occhi di fronte al male o ai problemi. È invece una virtù che ci spinge all’impegno, alla lotta per il bene, a non arrenderci mai di fronte alle difficoltà. Non in maniera insensata e velleitaria, ma poggiando tutto sull’amore di Dio, sulla grazia che lui ci dona per mezzo del suo Figlio risorto.

C’è una bella poesia di don Tonino Bello, il vescovo di Molfetta morto 25 anni fa e sulla cui tomba papa Francesco andrà a pregare il 20 aprile, che esprime bene quest’idea di speranza: «È difficile parlare di speranza», scriveva don Tonino. «Bisogna far capire invece che la speranza è parente stretta del realismo, la tensione di chi, incamminandosi su una strada, ne ha già percorso un tratto e orienta i suoi passi, con amore e trepidazione, verso il traguardo non ancora raggiunto. È impegno robusto che non ha da spartire nulla con la fuga. Perché chi spera non fugge. Si incarna nella storia, non si aliena. Costruisce il futuro, non lo attende soltanto. Ha la grinta del lottatore, non la rassegnazione di chi disarma. Ha la passione del veggente, non l’aria avvilita di chi si lascia andare. Cambia la storia, non la subisce. Ricerca la solidarietà con gli altri viandanti, non la gloria del navigatore solitario».

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