N. 14 7 luglio 2013
ANTEPRIMA - La Lumen Fidei con Credere 15

La prima enciclica di Papa Francesco

Il testo integrale dell'enciclica sarà allegato a Credere numero 15, in edicola e in parrocchia da giovedi' 11 luglio.

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Cristina Scuccia, testimone di fede

«Quel musical mi ha fatto diventare suora»

Ha deciso di entrare in convento interpretando sul palcoscenico una monaca. Ora canta al pellegrinaggio per seminaristi e novizie nell’Anno della fede.

 

Cristina Scuccia

Cristina Scuccia (foto di Cristian Gennari).

La timidezza si dissolve quando canta: insieme alle note e alle parole, dal suo corpo zampilla una cascata di grinta appassionata mista a gioia profonda. Ed è proprio interpretando la protagonista del musical Il coraggio di amare che suor Cristina Scuccia, ventiquattrenne originaria di Comiso, in Sicilia, ha messo a fuoco la sua chiamata alla vita religiosa: mettendosi letteralmente nei panni di suor Rosa Roccuzzo, vissuta nel secolo scorso nel borgo ragusano Monterosso Almo e fondatrice delle Suore orsoline della Sacra Famiglia. Pian piano, ruminandone la spiritualità e i gesti di attenzione ai poveri che riproponeva sul palco, Cristina si è aperta alla possibilità di consacrare tutta la sua vita a Dio. E il 5 luglio ha cantato in piazza del Campidoglio durante il concerto-testimonianza inserito nel pellegrinaggio che seminaristi, novizi, postulanti e juniores stanno facendo alla tomba di Pietro dal 4 al 7 luglio, nell’Anno della fede. Un’emozione che segue di pochi giorni il primo posto nella quinta edizione del Good News festival, concorso di musica cristiana che si è tenuto a Roma.

Ma la vocazione è stata una specie di tsunami nella vita della giovane siciliana. Che recalcitrava anche di fronte al segno di croce prima dei pasti («Perché fare la preghiera se non la “sento”, mi ribellavo»), e sognava di diventare una cantante. «Il mio obiettivo principale era raggiungere il successo, però mancava qualcosa dentro di me», ricorda. Ha partecipato a tanti concorsi; diciottenne, ha fatto il provino per entrare nel talent-show Amici, ma è stata scartata. «Ero dipendente da quella trasmissione», aggiunge: zittiva genitori e fratello maggiore durante le puntate per poterle seguire “religiosamente” e sarebbe andata pure alle selezioni di X-Factor. «Dopo la Cresima mi ero allontanata dalla Chiesa ed ero arrabbiata con il Signore. Per me contava solo andare alle lezioni di canto, frequentare l’Accademia di spettacolo a Catania, farmi vedere nelle piazze e ai matrimoni con la mia band».

Finché, tra il 2007 e il 2008, arriva la svolta: «Il Signore mi ha servito tutto su un piatto d’argento e poi si è presentato su un piatto d’oro», confida. Diplomata in ragioneria, Cristina lavora in un call center e studia all’università, è fidanzata, alla ricerca costante di «qualcosa che non trovavo nella mia vita: correvo in continuazione senza arrivare alle risposte che attendevo, convinta che nulla andasse come doveva andare. Un giorno mia madre ha ascoltato la testimonianza di conversione dell’attrice Claudia Koll, che nel frattempo cercava una protagonista per il musical sulla fondatrice delle Orsoline della Sacra Famiglia, in occasione del centenario della congregazione. Mi ero presentata per poter emergere nel canto e nel ballo; ma le provocazioni che un secolo fa suor Rosa – il mio personaggio – aveva lanciato sul dono della propria esistenza, mi ronzavano sempre dentro».

Inizia per Cristina un periodo di discernimento e dubbi, mentre decide di partire alla volta di Roma per frequentare la Star Rose Academy, diretta dalla Koll e fondata proprio dalle Orsoline accanto alla loro casa generalizia. «Devi far uscire fuori quell’Etna che è in te», le ripete Franco Simone, suo docente di canto. «Ero bloccata, non riuscivo a decidere e lottavo: proseguire l’Accademia o farmi suora? Dopo quattro mesi ho detto “eccomi”, come Samuele». E tra i compagni di corso lo sconcerto: «Stai sprecando un dono: perché entrare in convento quando hai tutte le carte e le possibilità per sfondare?». Cristina con i suoi vent’anni è irremovibile, innamorata: dopo un anno e mezzo di postulandato solitario a Roma, nel luglio 2010 prende il volo per il noviziato in Brasile, alla periferia di San Paolo. Unica italiana, inizia a sperimentare la vita comunitaria con altre cinque novizie, muove i primi passi a servizio di bambini di strada e adolescenti: «La musica mi ha aiutato a entrare in contatto con loro e ho riscoperto il canto come un modo per lodare il Signore, come esigenza della mia anima e strumento per toccare i cuori», racconta.

Il prossimo 29 luglio rinnoverà ad Assisi – durante gli esercizi spirituali – i voti di castità, povertà e obbedienza emessi per la prima volta un anno fa. Ora vive a Milano: con altre tre suore si occupa di un pensionato universitario e della scuola materna, anima la Messa domenicale nella parrocchia di San Leone Magno e s’impegna nella catechesi. Cos’è la fede per lei? «È come un tunnel: ci entri e sembra tutto buio, confuso. Ma in fondo ti aspetta una luce bellissima, una presenza viva che abbraccia, che è mani, voce e respiro, come ho scritto nella mia canzone. Basta disporsi all’ascolto per accogliere questo dono, senza farsi distrarre da tanti “rumori” di sottofondo. Rispondere alla chiamata di Gesù è liberante: lui non delude».

Testo di Laura Badaracchi

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