N. 14 7 luglio 2013
ANTEPRIMA - La Lumen Fidei con Credere 15

La prima enciclica di Papa Francesco

Il testo integrale dell'enciclica sarà allegato a Credere numero 15, in edicola e in parrocchia da giovedi' 11 luglio.

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Il cardinale Van Thuan verso la beatificazione

La mia prigione? Come un pulpito

Si chiude a Roma la fase diocesana del processo di beatificazione del cardinale François Van Thuan, ex presidente del Pontificio…

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Il cardinale Van Thuan verso la beatificazione

La mia prigione? Come un pulpito

Si chiude a Roma la fase diocesana del processo di beatificazione del cardinale François Van Thuan, ex presidente del Pontificio consiglio Giustizia e pace. La sorella Elizabeth lo racconta sul numero 14 di “Credere” in edicola a partire da giovedì 4 luglio...

 

Van Thuan

Il cardinale Van Thuan (foto di Massimo Sambucetti / AP / Lapresse).

All’indomani del mio arresto mi venne consentito di scrivere ai familiari per farmi inviare le cose necessarie. Domandai la medicina contro il mal di stomaco. I miei sapevano che non soffrivo di quel male, così mi mandarono il vino per la Messa in una piccola bottiglia con l’etichetta “medicina contro il mal di stomaco”, e delle ostie in una fiaccola contro l’umidità. Provavo una grande gioia quando celebravo la Messa ogni giorno con tre gocce di vino e una goccia d’acqua nel palmo della mano. Erano le più belle Messe della mia vita!».

Il cardinale vietnamita François-Xavier Nguyên Van Thuân si staglia nella storia del Novecento come una grande personalità della Chiesa cattolica, e non solo. Il 5 luglio a Roma si tiene la conclusione del processo diocesano in vista della beatificazione del presule, morto di tumore nel 2002 a Roma, dove presiedeva il Pontificio Consiglio Giustizia e pace. Nel corso della sua vita subì ben 13 anni di prigione, dal 1975 al 1988 (9 dei quali in isolamento), da parte del regime comunista del nuovo Vietnam unificato. Ma tale esperienza fu per lui una palestra di amore e di missione. Proprio il dramma della persecuzione forgiò in lui una fede granitica e una testimonianza cristiana che hanno avvinto perfino i nemici più acerrimi dell’allora vescovo ausiliare di Saigon.

Ne è certa la sorella Elizabeth, che Credere ha raggiunto in Canada per conoscere meglio, da vicino, il defunto cardinale. «Spesso mio fratello mostrava la sua croce pettorale e il rosario che si era costruito in prigione con l’aiuto delle guardie. E in queste occasioni riaffermava una sua forte convinzione: “L’amore conquista tutti”». Continua: «Come abbiamo avuto modo di ascoltare all’inizio della causa di beatificazione dalla viva voce delle stesse guardie, l’atmosfera di odio e di sospetto che regnava in carcere piano piano è diventata una situazione di amicizia, rispetto e perfino amore. La cella di François era diventata una sorta di “scuola di lingue straniere” perché lui insegnava alle guardie un modo di vivere che loro non conoscevano. Lui era il maestro e le guardie i suoi alunni. Quando gli chiedevano: “Ma perché ci vuoi bene? Stai fingendo o è tutto vero?”, egli rispondeva: “Se non vi volessi bene, non sarei degno di essere chiamato un discepolo di Cristo”. Penso che François abbia portato il volto amorevole di Cristo a tutti coloro che incontrava attraverso gli atti concreti della sua vita».

Ora che il fratello si avvia agli onori degli altari, Elizabeth riconosce che la sua straordinaria esperienza sia stata vivere per annunciare Cristo a chiunque incontrasse: «Come abbiamo toccato con mano dai contatti con lui, dai suoi scritti e incontrando coloro che hanno condiviso la sua vita anche nei giorni più duri, possiamo affermare che quest’uomo ha vissuto in modo autentico le virtù cristiane della fede, della speranza e della carità. Non solo le ha praticate lui stesso, ma ha anche incoraggiato quelli che erano intorno a lui a fare lo stesso».

SOTTO IL REGIME COMUNISTA - Tra il 1975 e il 1988 l’allora vescovo Van Thuan subì il carcere. Pure lì riuscì a dare una straordinaria testimonianza di fede in Cristo. Qui a destra: la cattedrale di Hanoi.

SOTTO IL REGIME COMUNISTA - Tra il 1975 e il 1988 l’allora vescovo Van Thuan subì il carcere. Pure lì riuscì a dare una straordinaria testimonianza di fede in Cristo (foto di Henri Bureau / Sygma / Corbis).

Il libro che lo ha reso famoso in tutto il mondo, Il cammino della speranza, è stato composto da Van Thuân di nascosto durante la prigionia, scritto su piccoli foglietti consegnati, di volta in volta e con sotterfugi, a un bimbo di 7 anni che poi li ha diffusi ad altri cattolici vietnamiti, fino ad approdare, tramite alcuni boat people fuggiti dal Vietnam comunista, in Occidente. Ancora Elizabeth: «Quand’era prigioniero agli arresti domiciliari, mio fratello ha scritto pagine meravigliose di fede per continuare ad aiutare i suoi fedeli ad ancorare fermamente le loro vita a Dio, proprio mentre affrontavano una lunga strada fatta di sofferenze e persecuzione. Al contempo i suoi scritti rinnovavano in lui la sua fede nell’amore eterno di Dio a cui egli aveva affidato la sua vita. In particolare, durante i 13 anni di prigionia si è unito ogni giorno a Cristo nell’Eucaristia, nella preghiera e nella lettura della parola di Dio. Per questo ha potuto anche dire che la sua prigione è diventata la sua cattedrale».

Educato fin da piccolo alla liturgia, con una particolare predilezione per l’Eucaristia, il futuro porporato univa amore per il Cristo presente nel sacramento e in quello vivo incontrato nei poveri e malati. Racconta ancora la sorella: «Nostra madre ci ricordava spesso il tempo in cui la sua sorella più anziana era gravemente malata di tubercolosi a Huê, la città dove siamo nati. A quel tempo la tubercolosi era considerata una malattia molto contagiosa. Era dunque pericoloso per un ragazzo fare il chierichetto, per il pericolo di contagio durante la comunione. Ebbene, mio fratello François accompagnava il suo anziano parroco a visitare mia zia, ogni giorno, dopo la scuola, fino alla sua morte. L’amore per l’Eucaristia è stata una forza di vita, ha alimentato il suo lungo cammino durante la prigionia».

La straordinarietà di Van Thuân non rifulge solo nell’esperienza del carcere, ma anche da vescovo di Nha Trang, città sull’Oceano pacifico, dove fu un vigoroso pastore d’anime: durante il suo impegno episcopale (dal 1967 al ’75) gli studenti del seminario maggiore balzarono da 42 a 147, e quelli del minore da 200 a 500.

Ma fin da subito Van Thuân si era distinto per la sua testimonianza, fatta di gesti semplici, di attenzione alle persone, di gentilezza e compassione. Ancora Elizabeth: «Venne ordinato prete nel 1953, un anno prima che il Vietnam fosse diviso in due parti. Fu mandato in una parrocchia nel Vietnam del Nord. Al vederlo, il parroco sorrise e disse: “Ho chiesto al vescovo di mandarmi qualcuno che mi aiutasse nella mia vecchiaia, ma tu mi sembri messo peggio di me!”». E quando la mamma gli chiedeva in cosa consistesse il suo impegno di prete, lui rispondeva: visitare i carcerati, i lebbrosi e gli ammalati. «Vado ad ascoltare il loro dolore, perché siano amati anche quando restano senza speranza. Per ricordare loro che Dio li ama. Per cercare di essere un testimone vivente dell’amore di Dio. Perché sai, mamma, Dio desidera essere presente in quei posti».

Il “vescovo della speranza” – come fu ribattezzato – diede anche impulso al laicato: «Nelle sue lettere pastorali a Nha Trang – prosegue Elizabeth – mio fratello ha continuamente insegnato ai fedeli il loro privilegio e il loro ruolo come laici di costruire la Chiesa. Una delle sue lettere si intitolava La missione di Gesù è la nostra missione. Mi sono sentita incoraggiata ed edificata dal suo invito al fatto che con la mia vita, con il mio semplice “sì” a Dio ogni giorno posso costruire la Chiesa e partecipare all’opera della salvezza»

L’ultimo pensiero di Elizabeth è per il Vietnam attuale: «Oggi, più che mai, la gente, cattolica e no, che ha sofferto e continua a soffrire sotto differenti forme di persecuzione e di sfruttamento, ha bisogno di quella speranza che mio fratello François ha testimoniato con la sua vita».

Testo di Lorenzo Fazzini

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