N. 15 - 2016 10 aprile 2016
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Come vivere la perfetta letizia del Vangelo anche nelle nostre famiglie

L’esortazione apostolica del Papa sulla famiglia, che troverete abbinata al prossimo numero di Credere, ricorda fin dal titolo…

Monsignor Bruno Forte

Il “Vangelo della famiglia” secondo Francesco

Con il segretario speciale del Sinodo approfondiamo il dibattito nato attorno al lavoro di vescovi e laici, da cui è scaturita…

L’esperienza

Una Chiesa aperta a separati e divorziati

Cosa è e come funziona la pastorale per le “famiglie ferite”? In attesa dell’esortazione post sinodale del Papa, i coniugi…

Ite missa est di Emanuele Fant

Un invito a partire

Davanti alla targa di un antico monastero sorrido... ma poi penso a come la fede richieda gesti concreti come un cammino...

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Ite missa est di Emanuele Fant

Un invito a partire

Davanti alla targa di un antico monastero sorrido... ma poi penso a come la fede richieda gesti concreti come un cammino...

 Ite missa est

Osservo la targa di pietra fissata all’esterno di un monastero: invita i visitatori a fare alcune preghiere in cambio di un numero preciso di giorni in meno di purgatorio. Rispondo con un ghigno: è un baratto che noi moderni fedeli nemmeno consideriamo. Eppure è incementata a muri ultracentenari, quindi saggi. C’è qualcosa che mi può insegnare? Quella incisione usciva dallo scalpello di un essere umano impegnato a escogitare sistemi per tradurre l’infinito in una misura che gli risultasse familiare. Oggi aspiriamo al contrario: rendere astratte e incorruttibili le cose di cui ci serviamo (per fare un esempio solo: non compro da anni cd musicali, solo canzoni sul telefono, puro suono senza il peso del supporto). Questo è comodo e moderno, però rischiamo l’illusione di sentirci pure noi corpi aerei, fuori dal tempo e dallo spazio, salvati dalla scocciatura di utilizzare i calendari e di allontanarci da dove siamo. Non pare, la nostra, un’epoca per pellegrini.

Ripenso ad alcuni consigli spirituali: «Gesù si trova già nel tuo cuore», «Solo per il fatto che esistiamo, siamo tutti in cammino». Intensi come scuse, sono istigazioni a disdire il biglietto del treno. Perché mettere in conto la calca nelle metropolitane, le code ai metaldetector fuori dai santuari, il costo della benzina, se la misericordia è una polverina che mi raggiunge sul divano? Riguardo la targa antica e mi pare di intuire: ho un’essenza impalpabile che mi sarà utile al momento buono, ma per ora mi è chiesto di stare nel vestito pesante dei miei arti umani, di utilizzare il sudore, di salire le scale, di dire preghiere con le corde vocali.

Gli antichi modelli di traduzione del cielo, ingenui quanto si vuole, raccontano un uomo al suo posto, immerso tra i chilometri e le ore, con l’orologio sul campanile e le suole da consumare. Se abbiamo gambe buone, non illudiamoci che basterà un teorico pellegrinaggio piastrellato di intenzioni: la muscolatura interiore è figlia di vesciche vere.

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