N. 15 - 2017 9 aprile 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Verso la Pasqua per rinnovare la speranza cristiana nella nostra vita

Papa Francesco, lasciandosi accarezzare da una bambina cieca, ci ha ricordato il senso concreto della speranza e l’importanza…

Emanuela Marinelli

Conquistata dall’uomo della croce

Da 40 anni studia il telo che avvolse Gesù nel sepolcro. «Guardare la Sindone è come leggere il “quinto Vangelo”. Si ha…

Il Papa a Carpi

Dio ci risolleva dalle macerie

«Gesù ci offre l’esempio: non fugge la sofferenza, ma non si fa imprigionare dal pessimismo», ha detto Francesco alla popolazione…

Monsignor Antoine Audo

Diamo fiducia ai giovani della Siria

Il vescovo dei caldei ad Aleppo e presidente di Caritas Siria: «Si deve aiutare la gioventù a essere capace di dare testimonianza…

Erica Bassi

Le tre “p” che mi aiutano a combattere il cancro

Persone, provvidenza e preghiera. Sono le tre “p” che l’hanno sostenuta, dopo la notizia della malattia che ha cambiato la…

Antonia Moropoulou

Ecco la pietra del Santo Sepolcro

Durante i restauri dell’edicola del Sepolcro, per la prima volta dopo 500 anni è stata riportata alla luce la roccia su cui…

Lourdes

La grotta dove Maria guarisce corpo e anima

Il santuario francese, caratterizzato da tre segni – roccia, acqua e luce – sorge nel luogo delle apparizioni della Vergine…

Ite, missa est di Emanuele Fant

Quando Paolo lo scettico incontrò Olga

Il protagonista immaginario, tormentato da un eccesso di dubbi, ci dimostra che l’amore è la chiave che apre alla fiducia…

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Il Papa a Carpi

Dio ci risolleva dalle macerie

«Gesù ci offre l’esempio: non fugge la sofferenza, ma non si fa imprigionare dal pessimismo», ha detto Francesco alla popolazione emiliana provata dal terremoto del 2012

L’arrivo alla cattedrale di Carpi.

Sono trascorsi cinque anni scarsi da quel maggio 2012 che, con quelle scosse a ripetizione impossibili da dimenticare, ha messo in ginocchio un territorio vasto dell’Emilia-Romagna, con l’epicentro nella bassa Modenese. Per fare memoria di quell’evento, papa Francesco ha accettato l’invito del vescovo di Carpi, Francesco Cavina, di recarsi qui, domenica 2 aprile. Una notizia resa ufficiale solo l’ultimo giorno di febbraio, gradita quanto inattesa, tanto più che una settimana fa, il 25 marzo, era stato il cardinale Parolin a celebrare l’Eucaristia di riapertura della cattedrale carpigiana («Il terremoto non ha l’ultima parola», ha detto), un momento già memorabile di suo per la diocesi emiliana.

UNA FESTA DI POPOLO
Eppure, quello è stato solo l’antipasto di una festa di popolo difficile persino da immaginare, da queste parti. Non che siano mancate visite pontificie, negli ultimi decenni: Giovanni Paolo II venne qui nel 1988, nel quadro di un viaggio per le Chiese emiliane, mentre Benedetto XVI giunse poche settimane dopo il terremoto, puntando sul paesino di Rovereto sul Secchia, sotto le macerie della cui parrocchiale aveva perso la vita don Ivan Martini, il prete dei carcerati e degli ultimi (qui, inoltre, è stato beatificato Odoardo Focherini, nel 2013, che il Papa ha ricordato insieme a mamma Nina). E neppure momenti di ritrovo collettivo più laici e ben partecipati, due anni fa in occasione della promozione in serie A della squadra di calcio locale e l’anno scorso per celebrare l’oro olimpico di Greg Paltrinieri, gloria nazionale del nuoto.

L’abbraccio di e con Bergoglio, tuttavia, ha avuto indubbiamente un altro sapore, tutto speciale. Per lui, il passaggio da una settimana all’altra dalla diocesi più grande del mondo (Milano) a una delle più piccole d’Italia non ha creato un particolare imbarazzo. Tutt’altro! Perché la cifra delle sue visite alle Chiese locali ? e qui, fra Carpi, Mirandola e San Giacomo Roncole, le tre tappe toccate, lo si è registrato in maniera particolare ? è la valorizzazione della dimensione umana di ogni incontro, l’empatia smisurata che emerge da ogni sguardo, abbraccio, carezza, selfie. Per dirla con altre parole, a rischio retorica ma vere: da questo Papa ci si sente amati, per cui non si può non amarlo.

RIPENSANDO A LAZZARO
Certo, ogni appuntamento possiede un suo specifico, collegato ai diversi contesti. Qui, approfittando del Vangelo della V domenica di Quaresima, è stato quello della vita che è più forte della morte. Una morte che talvolta, anzi spesso, sembra prevalere e avere il sopravvento. Del resto, come Bergoglio ha ricordato nella bellissima omelia della Messa carpigiana, anche Gesù fu scosso dal mistero drammatico della perdita di una persona cara, l’amico Lazzaro, e se ne commosse. Perché il cuore di Dio è così: lontano dal male ma vicino a chi soffre; non fa scomparire il male magicamente, ma com-patisce la sofferenza, la fa propria e la trasforma abitandola. Pur afferrato dalla desolazione, Gesù non si lascia trasportare dallo sconforto, né si rinchiude nel pianto, ma prega il Padre. Così, nel mistero del dolore, di fronte al quale il pensiero e il progresso s’infrangono come mosche sul vetro, è proprio Gesù a offrirci l’esempio di come comportarci: non fuggendo la sofferenza, che appartiene a questa vita, ma neppure facendosi imprigionare dal pessimismo. Ed ecco che, ha proseguito il Papa con un messaggio di forte radicalità evangelica, attorno al sepolcro di Lazzaro avviene un grande incontro/scontro. Da una parte la delusione più cocente, dall’altra la speranza. Tradotto: dobbiamo scegliere, se stare dalla parte del sepolcro oppure dalla parte di Gesù.

Un quadro offerto alla gente della bassa Modenese che, pur tra mille fatiche e contraddizioni, cinque anni fa non ha scelto di stare dalla parte del sepolcro, e si è rimboccata le maniche. È trasparente la valenza antropologica, e non solo teologica, di una tale chiave di lettura: con l’invito a venir fuori da un gorgo di una tristezza priva di sbocchi, di una paura che ci ostacola quotidianamente nel cammino, di inquietudini che ci bloccano, provati da un sisma o meno che siamo. Perché, come è emerso anche nel discorso del pomeriggio, pronunciato nella piazza davanti all’ingresso del duomo di Mirandola, ancora chiuso e completamente transennato, un terremoto non è soltanto una tremenda prova che diversi territori sono costretti loro malgrado a subire di quando in quando, ma anche l’immagine potente di una realtà che, prima o poi, attraversa l’esistenza di ciascuno di noi. Un’esperienza che ferisce, che rischia di compromettere equilibri a fatica raggiunti, che produce disagi a non finire. Ma che non può, e non deve avere, l’ultima parola.

PICCOLI MA UNICI
Del resto, eventi come quello che abbiamo vissuto (e stiamo ancora vivendo, nei suoi effetti collaterali) hanno il potere di farci sentire come siamo davvero: minuscoli, precari, ma anche incredibilmente unici e irripetibili. Francesco ha mostrato di saperlo bene. Non solo le maniche, si tratta di rimboccarsi anche e soprattutto il pensiero, riflettere su quanto la nostra terra prova a dirci con avvenimenti simili, accompagnare l’esigenza della ricostruzione materiale con i primi passi di una ricostruzione interiore, ecclesiale, comunitaria. Di ripensare radicalmente il nostro modo di essere comunità, da ogni punto di vista. E se alle popolazioni colpite dal sisma si ripete continuamente di resistere e di tener duro (qui si dice tgnir a bota, e lo sapremo fare), forse però la virtù più adatta in circostanze del genere è quella della resilienza: perché resiliente è persona o materiale in grado di tornare alla condizione originaria, dopo una prova d’urto. E di lì, guardare avanti: nonostante tutto.

Averlo fatto, domenica scorsa, in compagnia di un Pontefice dal cuore e dal volto umani ha avuto un gusto particolare: perché, si sia cattolici o meno, e molti in piazza Martiri probabilmente non lo erano, è stata l’ennesima prova che questo Papa è in primo luogo un cristiano, che a Gesù ci crede davvero. Ed è convinto che Gesù sia venuto al mondo non per giudicare o condannare l’umanità, ma per mostrarle una strada possibile per liberarci dalle nostre paure ed educarci a diventare uomini e donne, fino in fondo.

IL SISMA – 20 MAGGIO 2012
Il terremoto che nel 2012 ha investito la pianura padana emiliana ha interessato in particolare le province di Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia, Bologna e Rovigo. Dopo alcune lievi scosse a fine gennaio, il 20 maggio 2012 alle ore 4.03 si registrò una scossa devastante di magnitudo 5.8, con epicentro nel comune di Finale Emilia (Modena), a cui seguirono poi ulteriori forti scosse il 29 maggio e il 3 giugno. Il sisma ha provocato 27 morti, circa 350 feriti e 15 mila sfollati.

Testo di Brunetto Salvarani
Foto Alessandro Garofalo- Reuters 

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