N. 16 - 2018 22 aprile 2018
INSIEME di don Antonio Rizzolo

La pace, dono di Dio da costruire ogni giorno attraverso le nostre scelte di vita

In occasione della visita di papa Francesco nei luoghi di don Tonino Bello, mentre spirano sul mondo venti di guerra, invochiamo…

Speciale don Tonino/1

Qui don Antonino è ancora vivo

Da Alessano, il paese d’origine, a Molfetta, dove fu vescovo, in Puglia la testimonianza del “vescovo con il grembiule” è…

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Santi ben conosciuti come Francesco, Agostino o Camillo de Lellis se fossero oggi ventenni, non parteciperebbero al sinodo…

Per una lettura completa...

Speciale don Tonino/1

Qui don Antonino è ancora vivo

Da Alessano, il paese d’origine, a Molfetta, dove fu vescovo, in Puglia la testimonianza del “vescovo con il grembiule” è ancora molto sentita. E il 20 aprile arriva il Papa

Alcuni ragazzi giocano a calcio accanto al duomo di Molfetta.

Foto dell’infanzia, ritratti di mamma Maria e quadri della Mamma celeste, libri, disegni, la bandiera della pace… e sul letto la famosa fisarmonica. Per dare vita a ognuno degli oggetti che sono in mostra nella casa di famiglia di don Tonino Bello, nel cuore di Alessano (Lecce), bisogna rileggere i suoi libri, ascoltare il racconto di chi lo ha conosciuto e provare a immaginare. Qui al civico 41, dove i tre fratelli Trifone, Marcello e Tonino hanno giocato da piccoli, è nata la Fondazione don Tonino Bello.

Da qui proprio don Tonino non si è voluto allontanare troppo, rifiutando per due volte l’episcopato, finché la mamma è stata in vita. «Quasi ogni settimana con la sua Fiat 500 celestino sbiancato, ci portava a Ugento a fare degli incontri o a giocare, e ogni volta ci fermavamo ad Alessano per salutare sua madre. Per noi ragazzini era un bel gesto. Ci ha fatto capire quanto fosse importante essere figli affettuosi e attenti», ricorda Domenico Turco, oggi responsabile diocesano per il laicato, che ha avuto don Tonino come parroco a Tricase, paese che dista circa sei chilometri.

«Quando marinavamo il catechismo sapeva esattamente dove eravamo: veniva al campetto di calcio, chiedeva quale squadra stesse perdendo, scendeva in campo, segnava un gol e poi ci caricava tutti sulla sua 500 e ci portava in parrocchia», aggiunge Fabrizio Sperti, che oggi fa l’autista. «In parrocchia ha mantenuto la sua attenzione ai giovani, ma ha anche scoperto tutti i problemi della gente, da professore qui è diventato pastore», dice don Flavio Ferreri, l’attuale parroco delle bella chiesa madre di Tricase, che sorge poco lontano dal porticciolo e dove spesso il vescovo andava a pregare.

LE RADICI E LE ALI
Il mare, gli ulivi, persino le cicale del suo Salento sono state “radici” ? che lo hanno tenuto ben piantato con i piedi per terra ?, ma anche “ali”, per scrivere la sua storia di fede con “leggerezza”, un racconto di amore in cui Gesù diventa compagno di strada ? con il nome di Antonio il pescatore, Gennaro l’ubriaco, Mohamed il diverso ? e Maria, donna dei nostri giorni, presenza familiare, quotidiana.

«Tutti i suoi gesti vanno riletti secondo la categoria della spiritualità del profeta», dice monsignor Vito Angiuli, vescovo di Ugento?Santa Maria di Leuca. «Era una spugna. Riusciva ad assumere e valorizzare tutto ciò che viveva: i titoli mariani che ha usato sono tratti dalle chiese del nostro territorio; lo stile del suo linguaggio, ricco, curato nei dettagli, ricorda il barocco delle nostre chiese; così come la sua totale immersione nel popolo e l’ospitalità senza confini sono caratteristiche di questa terra».

Oggi la piazza centrale di Alessano, dove ha sede la Fondazione, porta il suo nome. Un omaggio che è anche una responsabilità, rimarca Francesca Torsello, sindaca del paese: «Per i politici il suo messaggio è di una forza dirompente: richiamava al bene comune, al rispetto del denaro pubblico e al senso di responsabilità nei confronti degli ultimi, soprattutto di chi è costretto a fuggire dal suo paese».

La sindaca ha aderito al circuito Sprar, per l’accoglienza dei migranti e rifugiati e con un’ordinanza non ha concesso piazza don Tonino Bello a chi voleva manifestare contro i migranti. «Dappertutto, ma non qui!». Anche la chiesa collegiata del Santissimo Salvatore, dove i manifesti annunciano l’indulgenza plenaria concessa per la visita del Papa, parla di don Tonino. Nella parrocchia dove è cresciuto, sulla statua del Cristo Salvatore ci sono due angeli con un’ala soltanto: «Possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte nei momenti di confidenza oso pensare, Signore, che anche Tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta... forse per farmi capire che Tu non vuoi volare senza me», scriveva in una delle sue preghiere.

Una passeggiata un po’ fuori dal centro conduce al Cenacolo francescano, la chiesa dove Tonino ha scoperto da piccolo la spiritualità del poverello di Assisi, diventando terziario come la madre. Al convento dei frati da adulto è tornato più volte per i momenti di preghiera personali, come racconta padre Francesco, indicando la stanza numero 40: «Era riservata a lui quando veniva in ritiro». Un paio di chilometri dopo il convento, sulla strada provinciale che collega Montesardo a Marina di Novaglie, dove don Tonino amava andare a fare lunghe nuotate, c’è il cimitero con la sua tomba, nella nuda terra, accanto a mamma Maria.

MIGLIAIA DI PELLEGRINI
Come le migliaia e migliaia di pellegrini che in questi anni si sono recati in pellegrinaggio, anche Francesco, il 20 aprile, verrà qui in silenzio, per un momento di raccoglimento privato. Dallo spiazzo di fronte al cimitero, dove incontrerà la gente di Alessano, il Papa in elicottero raggiungerà Molfetta, la grande spianata davanti al duomo antico, dove il 24 aprile di 25 anni fa si sono celebrati i funerali di don Tonino. «Quel giorno passando davanti ai bassi del centro storico vedevo tanti anziani con il vestito buono, che da anni non si muovevano da casa, ma volevano esserci per rendere omaggio al loro vescovo», ricorda Girolamo Panunzio, scrittore e orientalista.

La costruzione in pietra bianca, con le due torri campanarie gemelle in stile romanico, dedicata all’eremita Corrado, patrono della città, conserva in sacrestia un grande crocifisso in terracotta con affianco il cartoncino «Collocazione provvisoria», che ha ispirato una delle pagine più belle della teologia di don Tonino: «Ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso da lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria… Collocazione provvisoria! Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce e non solo quella di Cristo… Coraggio. La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “collocazione provvisoria”. Il calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale».

Sull’altro lato del lungomare si affaccia un’altra chiesa, la Madonna dei martiri: «Il “mio” don Tonino spesso pregava qui, scriveva qualcosa, seduto nei banchi davanti alla statua della Madonna», ricorda con affetto la signora Letizia Caravella. «Arrivava intorno alle 14.15 e prima si fermava sempre un po’ a giocare a pallone con i ragazzi, sul sagrato».

IL PASTORALE CHE USERÀ IL PAPA
Vicino all’episcopio, nella nuova cattedrale, sono conservati la croce e il pastorale in legno di ulivo ? quest’ultimo sarà impugnato da Francesco il 20 aprile ? che il vescovo usò per fare il suo ingresso in diocesi, il 21 novembre del 1982. Al dito portava la fede nuziale di mamma Maria. Una sobrietà, per un ministero episcopale ispirato al motto «Ascoltino gli umili e si rallegrino», che oggi viene testimoniata da una serie di racconti che si tramandano. «So che il primo giorno in cui gli si presentarono con il servizio d’argento per la colazione s’illuminò: “Belli, li vendiamo per i poveri!”», dice Panunzio. «L’ho conosciuto nella malattia. Lavavo i suoi panni, le lenzuola, cose povere, non aveva nulla, donava tutto ai poveri», aggiunge la signora Tonia, volontaria dell’Unitalsi. Nelle stanze dell’episcopio Tonia ricorda le decine di persone che il vescovo ha accolto negli anni. Oggi si può visitare la cameretta dove è morto, che conserva i quadri che raffigurano le quattro Madonne venerate in diocesi e vedere la finestra nel corridoio, da dove si è affacciato l’ultima volta per salutare i giovani che gli cantavano la sua Freedom.

Per don Tonino «la stola e il grembiule nascono dalla stessa stoffa: da qui viene la sua teologia di Chiesa del grembiule», spiega don Salvatore Leopizzi, di Pax Christi, suo grande amico.

LE OPERE DELLA CARITÀ
Un’attenzione al servizio che il vescovo tradusse in “opere”: volle la nascita della Caritas in ogni parrocchia, un centro di ascolto, e una casa di accoglienza per tossicodipendenti a Ruvo. «Era un percorso per tutti, operatori, volontari, tossicodipendenti: siamo tutti dipendenti da qualcosa e abbiamo bisogno di liberazione, ci diceva don Tonino», ricorda don Francesco De Lucia, che da due anni dirige la casa ed è stato ordinato sacerdote proprio nell’82, dal vescovo che gli insegnò «che il Vangelo è una cosa possibile, deve entrare nel tessuto connettivo della società».

Per questo, come ricorda Franco Di Palo, che è stato uno dei primi obiettori di coscienza a Molfetta e con altri ha contribuito a fondare la Casa della pace, la domenica quando celebrava spesso diceva: «La Messa non è finita, andate e portate la pace». Un imperativo che ha testimoniato fino alla fine, andando a Sarajevo con la marcia dei 500 pacifisti, sotto le bombe, nel dicembre ’92. «Pochi mesi dopo i suoi funerali accogliemmo alcuni profughi che erano fuggiti dalla guerra», ricorda Di Palo. «Appena sbarcati videro il cartello “Molfetta”, e ci dissero che volevano andare a ringraziare il vescovo che era andato nella loro città». Come tanti avevano avvertito quella carezza leggera che ancora oggi, attraverso i suoi scritti, don Tonino riesce a regalare anche a chi non lo ha conosciuto.

LA VITA DI DON TONINO
18 marzo 1935
• Nasce alle ore 0,10 in via Scipione Sangiovanni ad Alessano (Lecce), dove il 15 aprile viene battezzato nella chiesa collegiata Santissimo Salvatore e cresimato l’8 giugno 1941. Dal 1940 al 1945 frequenta le scuole elementari. Quindi entra nel seminario minore di Ugento (Lecce), dove nel 1948 consegue la licenza di scuola media. Nel 1950 consegue l’ammissione al liceo classico.
13 agosto 1950 • Fa richiesta di entrare nel Pontificio seminario regionale Pio XI a Molfetta (Bari), dove frequenta il liceo dal 1950 al 1953.
Settembre 1953 • Si trasferisce nel seminario dell’Onarmo per i Cappellani del lavoro a Bologna, dove tra il 1953 e il 1957 frequenta i corsi di teologia presso il Pontificio seminario regionale Benedetto XV. Il 30 novembre 1955 riceve gli ordini minori, il suddiaconato il 22 dicembre 1956, e il 7 luglio 1957 viene ordinato diacono.
8 dicembre 1957 • Viene ordinato presbitero nella chiesa collegiata Santissimo Salvatore di Alessano; il primo novembre dell’anno successivo è nominato mansionario e vicerettore del seminario di Ugento.
26 giugno 1959 • Consegue la licenza in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale; si iscrive alla Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Lecce il 30 aprile 1962 e alla Pontificia università Lateranense il 20 ottobre 1962. È nominato canonico il 1° luglio 1964. Consegue la laurea in teologia il 3 luglio 1965. È nominato cameriere segreto soprannumerario di sua Santità il 7 marzo 1968; diventa canonico teologo nel 1969 e canonico cantore il 1° ottobre 1974.
30 settembre 1976 • è nominato rettore del seminario vescovile di Ugento; vicario episcopale per la pastorale il 1° ottobre 1976; vicario economo della parrocchia Sacro Cuore di Ugento il 1° ottobre 1977.
1° gennaio 1979 • Diventa parroco della parrocchia della Natività di Maria a Tricase (Lecce).
10 agosto 1982• è eletto vescovo di Molfetta-Giovinazzo- Terlizzi con bolla del 10 agosto 1982 e poi di Ruvo di Puglia con bolla del 30 settembre 1982. È ordinato vescovo di Molfetta-Giovinazzo-Terlizzi-Ruvo di Puglia il 30 ottobre 1982.
21 novembre 1982 • Fa l’ingresso in diocesi; il 23 novembre 1982 riceve l’incarico nella Conferenza episcopale pugliese per la pastorale del Turismo; l’anno successivo l’incarico di «vigilanza nella formazione spirituale e la disciplina» nella Commissione episcopale del Pontificio seminario regionale Pio XI di Molfetta; e il 12 dicembre 1984 quello della pastorale del lavoro e dell’emigrazione.
1985 • è nominato presidente di Pax Christi Italia, movimento cattolico internazionale per la pace nato nel 1954 per desiderio di monsignor Montini, allora alla Segreteria di Stato vaticana. Il 12 maggio 1987 viene incaricato del settore pastorale Giustizia della Conferenza episcopale pugliese.
20 aprile 1993 • Muore a Molfetta, viene sepolto nel cimitero di Alessano.
27 novembre 2007 • Arriva il nulla osta della Congregazione delle cause dei santi per l’introduzione della causa. Il 20 aprile 2008 monsignor Luigi Martella emana l’editto che introduce la causa di canonizzazione del Servo di Dio Antonio Bello.
30 novembre 2013 • Si conclude la fase diocesana della causa di canonizzazione del servo di Dio Antonio Bello.

LA FONDAZIONE: Un centro per la pace
La Fondazione don Tonino Bello è stata costituita il 26 settembre 1997 per volontà dei fratelli di don Tonino – Trifone e Marcello – e di un gruppo di discepoli e amici (come l’attuale presidente, Giancarlo Piccinni). Ha sede presso la casa natale, ad Alessano, lasciata in eredità dallo stesso don Tonino perché si costituisse un centro per la promozione della cultura della pace, della non violenza, della solidarietà. Borse di studio, convegni, seminari, percorsi di conoscenza sugli scritti e la vita di don Tonino sono tra le diverse attività e iniziative promosse, oltre all’accoglienza dei pellegrini che si recano sulla tomba – tra i quali si ricordano anche il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro; il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin; il politico Romano Prodi. Per informazioni: www.fondazionedontonino.it.

Testo di Vittoria Prisciandaro

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