N. 17 2015 26 aprile 2015
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L'esperienza | Il condominio della solidarietà

Il condominio della solidarietà

La Casa del bene di Acqui Terme, voluta dalla diocesi, raccoglie in un’unica struttura attività caritative e abitazioni sociali, recuperando un vecchio oratorio abbandonato.

In foto: I volontari invitano i pendolari della stazione a unirsi in preghiera.

In foto: I volontari invitano i pendolari della stazione a unirsi in preghiera.

All’ingresso, una targa con la frase «La carità è il vincolo dell’unità». Frase calzante, se ad accoglierti sul portone del palazzo incontri Festim, albanese musulmano, con la moglie Dana, connazionale ortodossa; con le loro tre figlie – una dodicenne e due gemelline di quattro anni – abitano in uno degli appartamenti della Casa del bene ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria. Un complesso architettonico variegato, che comprende abitazioni ad affitti calmierati per migranti e italiani in difficoltà. Al piano terra di questo grande e particolare condominio, esperienza diocesana di social housing (abitazioni con scopo di assistenza e integrazione sociale), si trovano i locali della mensa Caritas e quelli del Centro d’ascolto, una stanza dove si svolge il doposcuola per bambini disabili, un’altra dove il Centro di aiuto alla vita raccoglie vestiario e alimenti per neonati. Poi le sedi di varie associazioni diocesane.

E, svoltato l’angolo, ecco la sede del Banco alimentare per la distribuzione del cibo (raccolto e regalato da tante parrocchie) e degli abiti usati (il locale è stato ribattezzato «l’armadio della fraternità») per i poveri. Fra loro, anche un disoccupato che – insieme a famiglie straniere e rom – aspetta il suo turno per ritirare il pane e chiede: «C’è anche un pacco di biscotti?». Alcuni panifici della zona donano, la sera, la merce quotidiana invenduta; i volontari passano a ritirare i sacchetti pieni di pizza, filoncini e altro, mettendoli in tavola il giorno dopo alla mensa Caritas e a chi chiede da mangiare. Un circolo virtuoso che redistribuisce quello che andrebbe sprecato perché non commerciabile, ma ancora fresco e commestibile. Dal 2000 alla guida della diocesi di Aqui, monsignor Pier Giorgio Micchiardi ricorda che lì sorgeva un vecchio oratorio «che chiamavamo ricreatorio, dove si incontravano i ragazzi per la catechesi e il sano divertimento; c’era anche una sala del cinema. Negli anni del post-Concilio la struttura era stata progressivamente abbandonata.

Il mio predecessore, monsignor Livio Maritano, mi disse che bisognava intervenire in quella costruzione ormai decadente, utilizzata in parte come deposito della Caritas e come rifugio da qualcuno». Così è stata demolita la vecchia costruzione in disuso da 35 anni e al suo posto è sorto il nuovo “centro”, destinato a scopi caritativi e sociali. Monsignor Micchiardi tiene a sottolineare: «È un luogo di aggregazione, dialogo e integrazione, dove la fede e? vissuta con la carità, e un luogo di irradiazione della vita di Cristo risorto». All’idea di costituire un convitto per universitari, maturata alla fine degli anni Novanta per la presenza nel paese di molti studenti “pendolari” all’Università di Genova, subentra l’intuizione di rifondare un centro di aggregazione per i ragazzi, ma «una nuova parrocchia in periferia offriva già spazi per accogliere i giovani, così come un altro oratorio settimanale in città.

Allora abbiamo puntato su un centro dove raccogliere tutti i servizi Caritas della diocesi accanto ad appartamenti di varia metratura per circa una trentina di famiglie giovani con bambini, anziani soli o in coppia». Circa il 30% degli inserimenti abitativi vengono concordati con i servizi sociali del Comune; i contratti di affitto durano almeno 18 mesi. Così tre anni fa è stata inaugurata la Casa del bene, che tutti chiamano “il nuovo Ricre”, intitolata a san Giuseppe Marello, vescovo di Acqui che gettò le basi per il rinnovato impegno educativo e caritativo della comunità diocesana.

«Il recupero mantiene attivi i valori originari del luogo, salvaguardando la “memoria dell’accoglienza” che ha da sempre caratterizzato la missione della diocesi», spiega l’architetto Paolo Bandini che ha progettato con il suo studio la struttura e ne segue costantemente gli sviluppi, sotto lo sguardo vigile del signor Carlo, custode dell’originale condominio e dell’intero complesso. La giornata comincia presto per i volontari. Mentre Andrea, Tina e Giancarla (operatori del Centro d’ascolto) accolgono e danno informazioni «a persone che riescono a sorridere e ad avere molta dignità nonostante i problemi che vivono», dall’ampia cucina della mensa Caritas – che si affaccia sempre sullo stesso cortile del comprensorio – si diffonde fin sulla strada un buon profumo di casa: «Ogni giorno prepariamo un centinaio di pasti, menù sempre diverso, primo piatto servito a volontà», racconta Enzo, pensionato volontario che coordina la mensa insieme alla moglie Renata; talvolta ai tavoli si confondono fra i poveri monsignor Micchiardi e alcuni sacerdoti che partecipano al ritiro mensile per i presbiteri della diocesi. «Una delle migliori cucine sociali d’Italia», sottolinea con un sorriso don Franco Ottonello, a cui il vescovo ha affidato l’incarico di supervisionare la miriade di attività che animano il Ricre. «Qui l’integrazione si costruisce quotidianamente fra generazioni», sottolinea, «oltre che tra marocchini e albanesi, macedoni e ucraini, romeni e italiani».

 

Testo di Laura Badaracchi - Foto di Stefano Dal Pozzolo / Contrasto

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