N. 17 2015 26 aprile 2015
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Miracoli I Colombia 1° settembre 1993

Colpita alla spina dorsale, torna a camminare

Fra le tante vittime di questi agguati, il 1° settembre 1993 ci fu una bambina che abitava nel quartiere Blanquizal, una…

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Miracoli I Colombia 1° settembre 1993

Colpita alla spina dorsale, torna a camminare

 

In foto:L'attrice di Centrovetrine, Emanuela Tittocchia.

 

Sul finire del Novecento imperversava in Colombia il cosiddetto “cartello di Medellín”, che dominava il traffico mondiale della cocaina e aveva instaurato nel Paese un clima di paura e insicurezza con migliaia di omicidi e di ferimenti. Fra le tante vittime di questi agguati, il 1° settembre 1993 ci fu una bambina che abitava nel quartiere Blanquizal, una delle zone più violente di Medellín: Natalia Andrea García Mora, otto anni d’età, settima degli otto figli di Julia Ester García Mora, una trentatreenne rimasta vedova quattro anni prima e che per vivere svolgeva lavori domestici in diverse famiglie. Verso le 5 del pomeriggio di quel giorno, la bambina stava giocando con le amichette Monica, Erika ed Eva nel lavatoio antistante la sua abitazione.

All’improvviso si accasciò al suolo, lamentando un forte dolore. La prima impressione fu che si fosse ferita con delle forbici o che le si fosse conficcato un pezzo di legno nella schiena, ma in realtà era stata colpita alle spalle da un proiettile calibro 38, sparato con una pistola silenziata da una distanza di 5-6 metri. All’arrivo nell’ambulatorio di San Cristobal, la dottoressa di turno si accorse immediatamente della gravità della lesione e, non avendo mezzi adeguati per intervenire, fece trasportare in ambulanza la bambina nell’ospedale universitario pediatrico San Vincenzo de’ Paoli, dove Natalia venne immediatamente visitata da un ortopedico e da un neurologo. La documentazione clinica di quelle primissime ore segnala una paziente con l’emitorace destro più gonfio e con enfisema sottocutaneo.

Gli esami radiografici confermarono la presenza di collasso del polmone destro per pneumotorace e la presenza di schegge all’altezza delle vertebre D7-D8. La Tac precisò i particolari: «Frattura della lamina posteriore di D7; frattura del corpo vertebrale di D8 nel lato destro; frattura della lamina e del peduncolo destro di D8; frammento metallico intramidollare verso la destra di D7-D8; frammenti ossei intramidollari di D8; frattura non scomposta di D9 verso il corpo. Emo-pneumotorace destro».

Nel nitido ricordo di una testimone, è rimasto impresso «il gesto del neurologo quando vide le radiografie e la Tac, mettendosi le mani nei capelli e ripetendo, mentre andava da un lato all’altro della stanza: «Non c’è nulla da fare, perché anche il midollo è stato danneggiato, oltre al polmone e alla colonna. Non è possibile che bambini innocenti siano oggetto di tanta violenza». E volgendosi alla mamma le disse: «Signora, sua figlia si salva, ma non camminerà più». Alle 22.10 di quel 1° settembre 1993, Natalia fu finalmente sottoposta all’intervento di drenaggio dell’emopneumotorace destro, che le bloccò le perdite di sangue dalla bocca.

Come ha confermato nel 1995 la perizia del professor Cristoforo Morocutti, direttore della clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università La Sapienza di Roma, la patologia della bambina aveva caratteristiche cliniche di estrema gravità, con «una imponente sintomatologia neurologica, caratterizzata da paresi a livello dell’arto inferiore sinistro, monoplegia all’arto inferiore destro, incontinenza uro-fecale, un disturbo della sensibilità superficiale di tipo iperestesico a destra e ipoestesie superficiali a carico dell’arto inferiore sinistro: era evidente che Natalia aveva subìto una vasta lesione midollare e che pertanto la prognosi si presentava molto sfavorevole».

In ospedale la piccola ebbe soltanto cure di poco conto e venne dimessa il 20 settembre 1993. Nella documentazione d’uscita, la dottoressa Diana Celia Gómez Mazo confermò la lesione midollare parziale e le lesioni vertebrali, aggiungendo che la bambina «non controlla lo sfintere anale; è in sedia a rotelle con monoplegia dell’arto inferiore destro e con paresi dell’arto inferiore sinistro». Il giorno precedente la dimissione, mamma Julia si era intanto recata nella comunità delle suore scolopie per parlare con la superiora, madre Olga Beatriz Montoya Guzmán, e chiederle di acquistare una sedia a rotelle. A questo scopo, la religiosa pensò dapprima di parlare con il collegio calasanziano femminile di Medellín, ma poi preferì contattare l’associazione Nazaret, che svolgeva attività sociale nella zona di Blanquizal. Soprattutto, insieme con le altre suore della comunità, iniziò una novena alla fondatrice Paola di san Giuseppe Calasanzio.

Il 22 settembre madre Olga e tre consorelle si recarono a casa di Natalia per informarsi sulle condizioni della piccola. In un’altra visita, pochi giorni dopo, la superiora diede alla bambina un’immaginetta raffigurante la beata Paola, invitandola a recitare ogni giorno – insieme con i fratelli e la mamma – la preghiera per la sua canonizzazione e a chiederle di aiutarla a camminare di nuovo. La suora continuò a fare visita alla bambina e «una di queste volte la bambina non era in casa. Mi sorpresi e domandai dove stesse: quando mi dissero che stava giocando con le sue amichette mi meravigliai constatando che Natalia, la quale fino a pochi giorni prima non si poteva muovere, già conduceva una vita normale.

A partire da quel momento, non ha avuto bisogno di riabilitazione, non ha avuto ricadute e nel collegio conduce una vita completamente normale: nel cortile ci sono scale che lei sale e scende con molta facilità e la si vede correre con gli altri bambini». Mamma Julia ritornò due volte al San Vincenzo de’ Paoli per un controllo medico della figlia: «La prima fu il 5 ottobre, ma non le fecero riabilitazione: solamente la vide la psicologa, perché camminava. La seconda il 10 novembre, data in cui mi dissero che non era necessario tornare, perché praticamente aveva recuperato il movimento totale delle gambe». Il referto di quest’ultima visita, redatto dalla dottoressa Kelly Pallarés, recita: Natalia «entra camminando, controlla gli sfinteri, ha sensibilità soggettiva normale, iperreflessia achillea e rotulare con clono achilleo destro e Babinski bilaterale; gli archi di movimento articolare sono normali, salvo nel piede destro dove c’è contrazione dell’achillea».

Le definizioni conclusive sull’evento sono state formulate all’unanimità dalla Consulta medica della Congregazione delle Cause dei santi nella seduta dell’8 luglio 1999: «Diagnosi: trauma vertebro-midollare con lesione parziale del midollo spinale a livello D7-D10, con conseguente grave paraplegia e disturbi sfinterici. Prognosi: estremamente riservata quoad valetudinem (ovvero riguardo allo stato di salute, nda). Terapia: terapia chirurgica adeguata; non eseguita adeguata riabilitazione. Modalità di guarigione: recupero funzionale molto rapido, pressoché completo e duraturo; inspiegabile scientificamente il modo, data l’assenza di adeguata terapia riabilitativa».

PAOLA DI SAN GIUSEPPE CALASANZIO

Paola Montal Fornés nacque ad Arenys de Mar, in Spagna, l’11 ottobre 1799. A 10 anni, rimasta orfana di padre, dovette lavorare come ricamatrice e merlettaia per sostenere la famiglia. Nel 1829 aprì a Figueras la sua prima scuola, ispirata al carisma educativo di san Giuseppe Calasanzio (del quale volle assumere il nome), e diede di fatto vita alle Figlie di Maria delle Scuole Pie.

Nel 1846 precisò l’ordinamento canonico della sua congregazione e, nell’arco di una trentina d’anni, si unirono a lei circa 130 religiose, con le quali poté avviare altre undici scuole in diverse zone della Spagna. Dal 1859 fino alla morte, avvenuta il 26 febbraio 1889, lavorò nell’istituto di Olesa di Montserrat, dove si adoperò per la formazione cristiana delle allieve. Il decreto su questo miracolo, attribuito alla sua intercessione, è stato promulgato il 13 marzo 2001 e la canonizzazione di Paola di san Giuseppe Calasanzio ha avuto luogo il 25 novembre 2001.

Testo di Saverio Gaeta - Illustrazioni di Alessandro Franchi

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