Vivere la Pasqua ogni giorno, nella gioia e nella misericordia
Il tempo liturgico in cui siamo appena entrati rappresenta tutta la vita cristiana, che non può essere che testimonianza…
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INSIEME di don Antonio Rizzolo
Vivere la Pasqua ogni giorno, nella gioia e nella misericordia
Il tempo liturgico in cui siamo appena entrati rappresenta tutta la vita cristiana, che non può essere che testimonianza di amore e di gioia al mondo
Cari amici lettori, siamo entrati nei cinquanta giorni del tempo pasquale, che dura fino a Pentecoste. Non è solo un tempo liturgico, ma rappresenta tutta la nostra vita cristiana. Si tratta di sette settimane, cioè una settimana di settimane, a significare la pienezza, rappresentata dal numero sette, la nuova creazione realizzata da Cristo mediante la sua passione, morte e risurrezione. Noi stessi siamo nuove creature, salvati dal Signore, redenti dal suo sangue, trasformati dal suo Spirito d’amore. Non possiamo che vivere da risorti, colmi di gioia e speranza, nell’attesa della Pasqua eterna, della felicità senza fine nell’eternità. Il tempo pasquale, dunque, ricorda a noi cristiani chi siamo e il nostro destino ultimo. È il modello di ogni tempo dell’anno. Per vivere bene questi giorni, vi proponiamo un dossier speciale che conclude l’itinerario iniziato con la Quaresima. Seguirà, dal prossimo numero, una nuova serie curata da don Marco Pozza e dedicata alla Vergine Maria. Due sono le caratteristiche che vorrei ricordare del tempo pasquale e del nostro essere cristiani: la gioia e la misericordia.
La gioia è il dono pasquale per eccellenza. Quella che viene dalla fede, come attesta il sottotitolo della nostra rivista. Ci farà bene, in questi giorni, rileggere l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii gaudium, incentrata sulla gioia. Con la sua consueta, bonaria ma efficace ironia, il Papa constata che «ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua». Nonostante i problemi e le sofferenze, il cristiano non può chiudersi nella tristezza. Chi ha incontrato Gesù, si è lasciato salvare da lui, ci ricorda Francesco, è liberato «dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento», è ricolmo della gioia del Vangelo. Perché «con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia».
Altra caratteristica del tempo pasquale è la misericordia. Non a caso san Giovanni Paolo II ha voluto che nella seconda domenica di Pasqua si celebrasse la Divina misericordia. La Pasqua, infatti, cioè il passaggio di Cristo dalla morte alla risurrezione, ci ha mostrato la misericordia di Dio all’opera. Ma è anche la nostra Pasqua: uniti a Cristo risorto, anche noi passiamo dalla morte del peccato alla vita nuova nell’amore, diventando misericordiosi come il Padre nostro. È quanto ha sperimentato san Paolo: io sono il primo dei peccatori, scrive a Timoteo, «ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna».