N. 17 28 luglio 2013
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Don Nur Nassar

«La mia vocazione frutto di due religioni»

Ha appena festeggiato il primo anniversario della sua ordinazione: «La fede islamica di mio padre e quella cattolica di mia madre sono state determinanti»

 

Dialogo e identità Nur, 33 anni, ha studiato il Corano e il Catechismo. Suo padre non gli ha parlato per un anno quando è stato ordinato. Poi si sono riappacificati: «Il dialogo è possibile solo se c’è una forte identità»

DIALOGO E IDENTITÀ - Nur, 33 anni, ha studiato il Corano e il Catechismo. Suo padre non gli ha parlato per un anno quando è stato ordinato. Poi si sono riappacificati: «Il dialogo è possibile solo se c’è una forte identità» (foto di STEFANO PAVESI)

«Più gratitudine che dolore» di fronte a quel padre che ha sempre vissuto una fedeltà assoluta all’Islam e che un tumore al cervello ha portato via a soli 63 anni. Nonostante le difficoltà, don Nur Nassar riconosce con chiarezza le radici della sua vocazione sacerdotale nella testimonianza dei suoi genitori. Nella fede cattolica di mamma Ines «che quando le ho detto che sarei entrato in seminario è scoppiata a ridere perché non ci credeva» e in papà Adel, islamico, arrivato in Italia negli anni Settanta da Alessandria d’Egitto, che per un anno non gli ha più parlato, perché «è stato un macigno troppo grosso da ingoiare. Il primogenito che, non solo decide di battezzarsi, ma addirittura di diventare sacerdote…».

Andando a Massino Visconti, in provincia di Novara, da questo prete poco più che trentenne nel primo anniversario della sua ordinazione, pensavo di incontrare un combattivo difensore della fede, invece ho trovato un uomo che crede nel dialogo perché l’ha sempre visto tra i suoi genitori fin da bambino. Li ha visti amarsi fino alla fine non “malgrado” le differenze, ma proprio perché ognuno amava e rispettava l’altro nella sua diversità culturale e soprattutto religiosa. E in questo terreno è nata la fede cristiana e la vocazione sacerdotale di Nur. «I miei genitori non mi hanno mai imposto niente, ma li ho sempre visti vivere coerentemente ciascuno la propria fede e su questo hanno costruito il loro amore. Non hanno mai negato le loro differenze, che per me sono sempre state chiare e loro hanno  fatto in modo che restassero tali. A tavola, ad esempio, entrambi benedicevano il pasto, ma ognuno secondo il proprio credo. È  un po’ come nell’amicizia, che non consiste  nell’avere un hobby in comune, ma nello stare con l’altro con tutte le sue diversità. Per questo motivo credo che il dialogo tra le religioni, sebbene sia un percorso lungo e non facile, si realizzi in gran parte nel dialogo tra persone concrete, con il vicino di casa o con chi vedi al supermercato».

Ma anche il suo personale cammino non è stato semplice. Fin da piccolo ha imparato il Corano da papà e ha frequentato il catechismo in parrocchia, senza però abbracciare nessuna fede. Un’adolescenza vivace, «perché non frequentavo molto la chiesa, ma neanche la casa. Ero sempre in giro, avevo amici di tutti i tipi». Inizia a lavorare, prima come giardiniere, poi come rocciatore, arrampicandosi su tetti e pareti scoscese, finché non incontra don Valentino, che attraverso l’amicizia lo incoraggia a prendere sul serio la sua vita di fede: «Sapevo tante cose su Gesù ma non lo conoscevo e non pensavo di poterlo incontrare. Da quando ho capito che è una persona con cui posso entrare in relazione, ho cercato di ritagliarmi spazi di preghiera e di lettura della parola di Dio. Ai sacramenti non mi accostavo perché non ero ancora battezzato, ma dentro di me qualcosa si stava muovendo. Per fortuna lo Spirito Santo è più ampio dei confini della Chiesa!». A 21 anni, la notte di Pasqua del 2002, finalmente decide di diventare cristiano e riceve Battesimo, Eucaristia e Cresima.  Si butta a capofitto nelle attività della parrocchia, aiuta, segue i ragazzi dell’oratorio. Due anni dopo, in una sera di fine dicembre, si ritrova a una scuola di preghiera, seduto per terra, in cerchio, con altri ragazzi, il Vangelo in mano: «In quel momento mi sono guardato dentro e ho capito che ero felice, che non ero mai stato tanto felice in vita mia».

Poi due episodi determinanti: la Giornata mondiale della gioventù a Colonia e un campo di lavoro in Albania. «Ero rimasto sconvolto dalla scoperta del Dio vicino, completamente solidale, che si fa mendicante d’amore. Questo è unico. E avevo capito che l’unico modo per corrispondere a ciò che avevo solo intuito, era buttarmi, e che se avessi continuato a cercare la sicurezza, avrei rischiato di perdere anche quello che avevo». Così decide di parlare con il sacerdote della sua parrocchia. «Mi ha risposto che il seminario sarebbe iniziato dopo una settimana. Ma io dovevo ancora dirlo ai miei genitori! La reazione di mio padre è stata quella di andare in camera e non mi ha più rivolto la parola per un anno. Poi ho capito che anche quello è stato un anno di rispetto, si è preso quell’anno per accettare la cosa, per lavorare su di sé, per superare una notizia molto faticosa da accettare. In fondo è stato un tempo in cui, a modo suo, mi ha amato lo stesso».

E infatti ricominciano a parlarsi: «Posso dire di aver conosciuto meglio l’Islam in quel momento, perché è iniziato con il papà un vero scambio, io gli raccontavo della liturgia della domenica, lui mi raccontava che il venerdì in moschea avevano trattato un certo tema o parlato di quella sura, cioè di un capitolo del Corano. È stato bellissimo, però non è da sottovalutare, è qualcosa di molto delicato e necessita di paletti molto fermi e di una forte identità. È possibile dialogare con l’Islam pur sapendone poco, ma se non conosco la mia religione il dialogo è quasi impossibile».

Adel nel 2007 si è ammalato: «Magari avessi una fede come la sua! Pur nella fatica e nel dolore, ha sempre vissuto la sua malattia in maniera positiva, sorridendo, scherzando, con una serenità che era frutto della fede. Lo ricordo in ospedale, semiparalizzato dopo l’operazione, che appena poteva scendeva dal letto, con il braccio sano prendeva l’altro, paralizzato, e lo appoggiava delicatamente a terra per iniziare la sua preghiera..

Testo di Ilaria Nava

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