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Riprendiamoci la gioia del lavoro
La ricorrenza del primo maggio può essere l’occasione per riflettere sul senso delle nostre attività feriali
Ite, missa est di Emanuele Fant
Riprendiamoci la gioia del lavoro
La ricorrenza del primo maggio può essere l’occasione per riflettere sul senso delle nostre attività feriali
Il Primo maggio l’Italia festeggia i suoi lavoratori. C’è il concertone in piazza San Giovanni, le scuole sono vuote e i parchi pieni e – usanza un po’ contraddittoria ma essenziale – per festeggiare il lavoro non si va a lavorare.
È così difficile associare la gioia di una ricorrenza alle ore spese quotidianamente a fare il proprio mestiere. Eppure il compito di reinventare ogni giorno quanto Dio ci ha affidato non è sempre stato una condanna. Pare che, prima del peccato originale, tutti andassero in ufficio volentieri: il Creatore aveva appena dimostrato che con sei giorni di lavoro, più uno stesi sul divano, si possono ottenere risultati eccezionali: lui, ad esempio, aveva fatto scaturire l’universo.
Poi qualcosa si è incrinato nel rapporto che legava serenamente l’uomo e il suo lunedì mattina. Prendete un treno di pendolari: cassiere che hanno da ridire sui clienti, professori pronti ad usare i 4 sul registro per farsi valere, operai che boccheggiano con le speranze tutte rivolte al sabato sera.
E va bene, c’è qualcuno che si deve accontentare di un mestiere che non ama, è normale che non vada volentieri. Ma i molti che hanno studiato, magari combattuto, per praticare una precisa professione, perché fanno così presto a sentirsi intrappolati in una routine che non ha niente di vitale?
Settimana scorsa, all’ospedale, ho incrociato un dottore che, senza conoscermi, mi ha chiesto se avevo bisogno di un’indicazione. In quel momento, una porzione di Eden è tornata ad abbellire il pianeta. Oppure, stamattina: sono sicuro di aver sentito canticchiare un netturbino, nonostante fossero le cinque e lui stesse già al lavoro.
Ogni volta che qualcuno si convince che ci si può giocare la giornata in modo entusiasmante anche nel tempo feriale, risboccia un fiore del Giardino, risorge un filo di alleanza col Creatore. Per chi avverte l’esistenza come un vuoto teso inutilmente tra due fine settimana, la vita è quasi tutta assenza, e passa prima.
Illustrazione di Emanuele Fucecchi