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«Di fronte all’ingiustizia che monta non si può più stare in silenzio». il fondatore del gruppo abele ha così inteso smontare,…
Ite, missa est di Daniele Rocchetti
E don Ciotti scrive a un razzista del terzo millennio
«Di fronte all’ingiustizia che monta non si può più stare in silenzio». il fondatore del gruppo abele ha così inteso smontare, numeri alla mano, i luoghi comuni e i falsi miti che circolano sull’immigrazione
L’incipit è chiaro: «Ho deciso di scrivere. Proprio a te, coinvolto nell’ubriacatura razzista che attraversa il Paese». A scrivere è don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele di Torino e da anni presidente di Libera, in una lettera di poche pagine rivolta «a un razzista del terzo millennio» (Edizioni Gruppo Abele).
Il motivo è la situazione nella quale ci troviamo: «di fronte all’ingiustizia che monta intorno a noi non si può più stare zitti». E con numeri alla mano, don Gigi offre al “razzista del terzo millennio” – quello che molti di noi hanno vicino sul pullman, sul lavoro, nel banco della chiesa – tutti i dati necessari per smontare i luoghi comuni e i falsi miti circolanti attorno all’immigrazione. Lo sappiamo: la questione non va sottovalutata ma governata in modo intelligente ed è necessario parlarne senza rimozioni.
Ma, insieme, occorre riconoscere che la risposta a un tema complesso non può essere quella di parlare alla pancia della gente e che tra il percepito e il reale c’è di mezzo la retorica della paura. Che, in alcuni casi ben specifici, diventa, apertamente, la “fabbrica della paura”. E che ha costruito una narrativa che alimenta la xenofobia di una parte, crescente, di italiani: gli stranieri sbarcano in numero sempre maggiore sulle nostre coste togliendo lavoro e risorse per il welfare agli italiani. Niente di più falso. Don Gigi prende in considerazione temi e slogan a costo zero («Prima gli italiani» e «Aiutiamoli a casa loro») mostrando che ad avere il fiato corto è la politica oggi spesso ridotta a luoghi comuni e facile propaganda. Una politica da ripensare certo a partire dal rispetto della dignità umana e della giustizia, ma anche della cultura «perché un tempo complesso, soggetto a continue e rapide mutazioni richiede parole e pensieri che lo sappiano interpretare... Se manca la cultura prevalgono le approssimazioni, le bufale, la propaganda». Un testo da leggere e da far circolare. Nelle scuole e nelle chiese. Per noi cristiani per non dimenticare quanto usava dire don Tonino Bello: «Delle parole dette mi chiederà conto la storia, ma del silenzio con cui ho mancato di difendere i deboli dovrò rendere conto a Dio».
Illustrazione di Emanuele Fucecchi