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Da Gerusalemme a Roma, un Giro d’Italia che profuma di eterno
La partenza del Giro dalla Terra Santa e la commemorazione del “giusto tra le nazioni” Gino Bartali elevano il carattere…
Ite, missa est di Enzo Romeo
Da Gerusalemme a Roma, un Giro d’Italia che profuma di eterno
La partenza del Giro dalla Terra Santa e la commemorazione del “giusto tra le nazioni” Gino Bartali elevano il carattere profano dello sport a strumento di fratellanza
Il Giro d’Italia quest’anno profuma di eterno. Partito da Gerusalemme, si concluderà a Roma. Per una disciplina come il ciclismo, devastato dal doping, è l’occasione per ritrovare la strada dei sani valori sportivi.
Figura di riferimento non può che essere, prima di tutti, Gino Bartali, che alla vigilia della corsa ha avuto assegnata postuma la cittadinanza onoraria di Israele. Il nome del campione toscano è iscritto nell’elenco dei “giusti tra le nazioni” per aver contribuito a salvare ottocento ebrei. Fu la sua impresa più bella, ispirata dall’arcivescovo di Firenze, il cardinale Elia Dalla Costa. “Ginettaccio” fece la spola in bici da Firenze ad Assisi, con i documenti falsi nascosti nel telaio da consegnare alle suore di clausura di San Quirico. Rischiò grosso, assaggiò la galera, ma riuscì a evitare il lager a tanti innocenti. Per quella vittoria non cercò premi e medaglie. Nessuno seppe nulla, se non dopo la sua morte.
Ciò che Bartali non nascose mai fu la fede. Era terziario carmelitano e devoto di santa Teresina del Bambino Gesù. All’occhiello della giacca portava con orgoglio lo stemma dell’Azione Cattolica. Pio XII, suo tifoso, avrebbe voluto vederlo in maglia rosa nell’Anno Santo del 1950, altra data in cui il Giro si concludeva a Roma. Invece, a presentarsi da vincitore davanti a Pacelli fu il calvinista svizzero Hugo Koblet... Bartali era arrivato secondo, staccato di oltre cinque minuti, mentre Coppi si era ritirato dopo una rovinosa caduta.
Il ciclismo, come la vita, è fatto di salite e discese, di successi e sconfitte, di crolli e ripartenze. Due anni prima Gino, Fausto e Fiorenzo Magni avevano portato in staffetta la fiaccola votiva dei corridori italiani alla Madonna del Ghisallo, in cima alla mitica salita del Giro di Lombardia. Fu Bartali a leggere l’atto di consacrazione dei ciclisti alla Beata Vergine: «Ti chiediamo di fare della bicicletta uno strumento di fratellanza e di amicizia, che possa servire a elevarci sempre di più a Dio».
Illustrazione di Emanuele Fucecchi