N. 2 2014 12 gennaio 2014
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Da Copernico a Newton, tanti grandi scienziati sono stati anche uomini di fede e diversi sacerdoti hanno contribuito allo sviluppo tecnologico. A dimostrazione che fede e scienza non sono contrapposte.

 

Da Copernico a Newton, tanti grandi scienziati sono stati anche uomini di fede e diversi sacerdoti hanno contribuito allo sviluppo tecnologico. A dimostrazione che fede e scienza non sono contrapposte. Foto Eric Vandeville/AbacaPress/Ansa

Fede e ragione - Foto di Eric Vandeville/AbacaPress/Ansa.

Il tema del rapporto tra fede e ragione racchiude al suo interno il grande dibattito sul rapporto tra fede e scienza sperimentale. Quest’ultima, infatti, viene da molti considerata una forma di sapere antitetica rispetto al sapere religioso. Si tratta di un grande equivoco, alimentato sia da incomprensioni, sia da una lettura zoppa, imprecisa e del tutto parziale del cosiddetto “affare Galilei”.

Da un punto di vista storico i fatti sono chiari: il pensiero scientifico è figlio della cultura greca e, ancora di più, della cultura cristiana, biblica. Furono infatti i greci i primi a osservare con sguardo indagatore la realtà, convinti che dietro l’ordine del corpo umano, della natura, di ogni cosa, ci fosse un principio, una spiegazione. Di qui personalità come quelle di Pitagora, di Euclide, di Eratostene...

Ma è nell’Europa cristianizzata che la scienza sperimentale conosce la sua vera fioritura. Perché qui e non altrove? Perché proprio dove vige una visione biblica di Dio e del mondo, e non, per esempio, in Africa, o in Asia, o in America Latina, cioè nei continenti non cristianizzati? Hanno risposto a questa domanda legioni di storici, di filosofi e di scienziati (in modo più approfondito e serio di quanto non facciano alcuni personaggi ideologizzati o alcuni incauti volgarizzatori): perché nel mondo non cristiano vigevano e vigono ancora visioni animiste, politeiste, per le quali la natura è una realtà divina, abitata da forze oscure e capricciose...
In queste culture l’uomo era schiacciato dalla paura, doveva adorare il sole e gli elementi naturali, e persino propiziarseli con sacrifici di animali e di uomini. Ancora al principio del XVI secolo, prima della cristianizzazione, Aztechi, Maya e Incas uccidevano migliaia di persone per tenere acceso il dio Sole o perché gli dei del mare non si stancassero di dare pesci.

Il cristianesimo invece insegna agli uomini un Dio trascendente, creatore del sole e della luna, ma che non coincide con essi; un Dio che ha creato l’uomo al vertice della natura stessa, ponendolo a custodia e sopra di essa; un Dio che non vuole magia, astrologia e superstizioni. La natura cessa di essere divinizzata e diventa l’opera di Dio.

Dio dunque, come ricorda l’astronomo don Giuseppe Tanzella Nitti, è Colui che ci parla tramite il libro delle Scritture e il libro della Creazione: libro, cioè opera di Qualcuno, non del caso; opera che ha un suo linguaggio, una sua logica.Si può così capire quanto scriveva Niccolò Stenone, celebre anatomista e padre della geologia moderna, vescovo e beato: «Peccano contro la maestà di Dio coloro che non intendono studiare le opere della natura, ma si accontentano di leggere le opere altrui; in tale modo formano per sé nozioni immaginarie e si privano della gioia di guardare le meraviglie di Dio». Chi conosce la storia della scienza sa che i grandi scienziati delle origini sono stati tutti uomini di profonda fede: dal canonico Copernico al grande Keplero, da Galilei, a Newton, da Pasteur a Galvani e a Volta...

Di più, molti di questi sono stati sacerdoti cattolici: come ogni forma di conoscenza, la scienza sperimentale nasce infatti dalla curiosità verso ciò che si ama. E l’uomo di fede ama la creazione: ama i singoli funghi, come il grande micologo don Giacomo Bresadola; si appassiona alla struttura ordinata e ammirevole dei cristalli, come il sacerdote francese René Just Haüy, padre della mineralogia e della cristallografia... Ecco perché l’idraulica moderna e la meteorologia devono la loro nascita a un monaco benedettino, il grande Benedetto Castelli; a un altro monaco, Andrea Bina, si deve il primo sismografo moderno (e a un sacerdote, don Mercalli, la prima scala sismica); a un altro ancora, Gregor Mendel, la nascita della genetica.

Il gesuita Leonardo Garzoni fu il precursore del magnetismo, mentre un altro gesuita, padre Lana de Terzi, è considerato il padre dell’aeronautica, e un terzo, Angelo Secchi, il padre della spettroscopia. Quanto alla biologia, il padre della citologia fu don Bonaventura Corti, mentre il principe dei biologi fu il sacerdote Lazzaro Spallanzani. Si potrebbe continuare a lungo, ma basti concludere con un nome che ci porta all’oggi: padre Eugenio Barsanti inventore, con l’amico Matteucci, del motore a scoppio.

Testo di Francesco Agnoli

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