N. 2 - 2019 13 gennaio 2019
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Parma

Parma, il tesoro della duchessa

Nella città che fu capitale dello Stato di Maria Luisa d’Asburgo la cattedrale è uno scrigno di secoli di arte e fede di una comunità che ha scelto un vescovo straniero come patrono

 La cattedrale di Parma, dedicata all’Assunta

È uno dei simboli della “città della Duchessa”, quello che forse la connota di più e meglio, insieme alla lirica. Il duomo di Parma, campione d’eleganza e inscindibile dal contesto dell’omonima piazza,  in un’unica sinfonia con il rosa delle logge del Battistero dell’Antelami. Qualcuno l’ha definito «un’enciclopedia della città», perché racchiude alcuni del momenti salienti della sua storia.

Si comincia dall’autunno del 1106, quando papa Pasquale si spinse fino a Parma insieme alla contessa Matilde di Canossa per dedicare a Santa Maria Assunta la nuova cattedrale, ricostruita dopo un terribile incendio. In quella occasione fu consacrato vescovo Bernardo degli Uberti, lo stesso che in seguito prese la decisione, rivelatasi provvidenziale, di chiamare in città il grande Benedetto Antelami. L’architetto scultore, progettista anche del magnifico Battistero, operò una trasformazione della facciata romanica del duomo, alleggerendone la parte superiore con l’inserimento di quelle strategiche loggette che oggi suggellano la sua eleganza. Sempre al genio del maestro si deve uno dei tesori custoditi all’interno della cattedrale, un capolavoro che di fatto aprì la stagione del gotico in Italia.

CAPOLAVORO DEL GOTICO
Si tratta della lastra della Deposizione, siglata di sua mano nel 1178 con firma e data. Un’opera di forte impatto drammatico e di straordinaria modernità, che vede al centro il Cristo, il cui corpo ormai inerte è sostenuto da Giovanni d’Arimatea. A un lato della croce i soldati, intenti a giocarsi ai dadi le vesti del Figlio di Dio. Sopra di loro l’arcangelo Raffaele fa piegare il capo a una figura femminile che rappresenta la comunità religiosa ebraica. Dall’altro lato lo scultore rappresenta le Tre Marie, san Giovanni, la Vergine e l’allegoria della Chiesa.

Altro capolavoro dell’arte medievale è l’arca in marmo rosso che sorregge l’altare. Custodisce le reliquie dei martiri Abdon e Sennen, Nicomede, Ercolano e Prudenziana. Le nicchie dell’arca accolgono le figure degli apostoli, dieci in tutto. «Nei volti degli apostoli sono scolpite le fisionomie della gente che allora era di Parma, figure diverse che si armonizzano nello straordinario manufatto», spiega monsignor Enrico Solmi, che dal 2008 è alla guida della diocesi. Con queste parole il vescovo sottolinea la vocazione all’accoglienza della sua comunità, di cui è espressione anche il patrono della città di Parma, che si festeggia ogni anno il 13 gennaio.

PATRONO STRANIERO
Sant’Ilario di Poitiers, «uno straniero» appunto, che a suo tempo i parmigiani accolsero con generosità. La tradizione infatti racconta che Ilario, vescovo di Poitiers, in viaggio per Roma, si trovò a passare da Parma  in un giorno di freddo inverno, come un pellegrino qualunque, lui che era figlio di una delle più blasonate famiglie di Francia. Le sue scarpe erano vecchie e consunte e un ciabattino ebbe pietà di lui e gli regalò un paio di calzature nuove. Il mattino dopo ebbe la sorpresa di trovare le vecchie scarpe lasciate dal vescovo trasformate in oro. È il miracolo di sant’Ilario, che ancora oggi viene ricordato nella festa che coinvolge la diocesi e l’amministrazione comunale e che si conclude con la solenne celebrazione del vescovo nella cattedrale, a sua volta miracolo di bellezza e segno di quei valori che hanno fatto crescere la comunità.

Uno dei segni distintivi del duomo di Parma è il connubio tra arte medievale e rinascimentale. Un connubio armonico, che vede il capolavoro dell’Antelami e i capitelli delle colonne della navata confrontarsi con uno dei vertici dell’arte del nostro Rinascimento, la spettacolare cupola affrescata da Antonio Allegri detto il Correggio. Una magnifica illusione, un vortice che ci trascina in un cielo abbagliante popolato di angeli, dove Cristo discende nella luce per accogliere Maria. Un linguaggio straordinariamente innovativo per l’epoca, forse troppo. Amareggiato dalla ferocia delle critiche, l’artista rinunciò alla commissione degli affreschi dell’abside e lasciò la città.

Di grande pregio anche gli affreschi di Lattanzio Gambara, un ciclo imponente che accompagna il cammino dei fedeli lungo tutta la navata centrale, nelle pareti di destra e di sinistra, col racconto della vita di Gesù. L’abside invece è dominata dal Cristo in gloria affrescato da Gerolamo Mazzola, mentre la Cappella del Comune, cui si accede dalla navata di destra, custodisce il ciclo pittorico dedicato alla storia di San Sebastiano attribuito alla bottega di Bertolino de’ Grossi, che fu commissionato dal Comune cittadino in occasione di un’epidemia di peste.

IL GIARDINO DI PIETRA
Di grande suggestione la cripta, definita «un giardino di pietra» per il fitto intreccio di colonne a crociera che si ipotizzano recuperate dall’antica urbe romana.
Qui sono conservate le reliquie di san Bernardo degli Uberti, vescovo di Parma dal 1106 al 1133, con sant’Ilario patrono della diocesi. A lui è dedicata una statua che si trova al centro dell’omonima cappella.

Dalla cripta si accede a due preziose cappelle rinascimentali, la cappella Rusconi e la cappella Ravacaldi. La prima conserva gli eleganti affreschi voluti dal vescovo Giovanni Rusconi nel 1398, che rappresentano il vescovo raccolto in preghiera accanto al trono della Vergine. La cappella Ravacaldi invece conserva l’affresco dell’Annunciazione e il ciclo pittorico dedicato alle storie della Vergine, anche questo attribuito alla bottega di Bertolino de’ Grossi.
  

I DOLCI DI PASTA FROLLA CHE RICORDANO UN DONO DEL PATRONO SANT’ILARIO
Non c’è festa del patrono a Parma senza le Scarpette di Sant’Ilario,  deliziosi biscotti di pasta frolla aromatizzati e ornati di perline, che devono la tipica forma a scarpetta alla leggenda di sant’Ilario di Poitiers, secondo la quale il vescovo, arrivato in città in pieno inverno e vestito poveramente da pellegrino, fu accolto da un ciabattino che gli regalò un paio di scarpe nuove e che, il mattino dopo, si vide le vecchie calzature trasformate in oro. Era il regalo del santo per la sua generosità.
    

ORGANIZZARE LA VISITA
La cattedrale di Parma è accessibile alla visita turistica tutti i giorni dalle 10 alle 18.30. L’ingresso è libero per visitatori singoli, gruppi senza guida (o con guida che non fornisca spiegazioni) e per le scolaresche. Durante le celebrazioni liturgiche le visite sono sospese, comprese quelle al Battistero. Info: www.piazzaduomoparma.com. Tel. 0521/23.58.86.

BATTISTERO E MUSEO
Il Museo diocesano ha sede nel Palazzo vescovile. Vi si accede dal vicolo del Vescovado. Il percorso espositivo è di tipo cronologico, incentrato sulla storia della diffusione del cristianesimo in città. Tra le opere esposte anche il famoso Angiol d’or, che i parmigiani chiamano affettuosamente «L’Angiolen dal Dom». Si tratta della statua originale, fino al secolo scorso posizionata all’apice del campanile della cattedrale, dove oggi è esposta una copia. Per la visita al Battistero dell’Antelami e al Museo diocesano biglietto cumulativo (8 euro) valido due giorni. Tel. 0521/20.86.99.
   

Testo di Simonetta Pagnotti

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