N. 20 - 2014 11 maggio 2014
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Un Papa “portiere” di anime

Potere, illimitato, di papa Francesco. Potere di trasformare, almeno per un giorno, i falchi in colombe...

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Ite, Missa est

Un Papa “portiere” di anime

Illustrazione di Franco Bellardi

Illustrazione di Franco Bellardi

Carlo NestiPotere, illimitato, di papa Francesco. Potere di trasformare, almeno per un giorno, i falchi in colombe. Potere di donare una inattesa docilità persino a un disinvolto “estremista della parola” come Aurelio De Laurentiis.

L’occasione? La finale di Coppa Italia, a Roma, tra Fiorentina e Napoli. Il presidente partenopeo si è concesso una simpatica, e pertinente, definizione del Pontefice: «Portiere di anime». Parlando ai rappresentanti di Fiorentina, Napoli, arbitri, Lega e Figc, papa Bergoglio ha illustrato il valore, che rende lo sport più «centrale», da un punto di vista sociologico, di quanto si immagini: la «responsabilità» dinanzi ai giovani.

Viviamo un periodo, infatti, in cui, da una parte, la maggioranza degli adulti di domani ha smarrito la vocazione per l’impegno, che prima rendeva quasi inevitabile il connubio studente-ideologia. Dall’altra, la minoranza, che vorrebbe trovare un riferimento, politico o culturale, non lo trova, per la corruzione e la mediocrità, che azzerano i modelli.

Ecco, dunque, che i calciatori diventano gli “eroi” del momento, anche perché interpreti del progetto di acquisire potere, ricchezza e successo divertendosi, più che faticando. I loro atteggiamenti, nel pubblico come nel privato, fanno scuola, con un effetto condizionante, che esce da spazio (il campo di gioco) e tempo (i 90 minuti della partita) prestabiliti. Eppure, proprio il giorno dopo l’invito del Papa alla “sportività”, il mondo ha visto, all’interno e all’esterno dello stadio Olimpico, quanta distanza ci sia, a livello di tifoserie ultras, fra l’edificante cultura sportiva e la diabolica realtà italiana.

Cerchiamo tutti di essere consapevoli, quando parliamo di sport e seguiamo lo sport, che il confine fra una innocua rivalità e la violenza omicida, spesso, è davvero fragilissimo. .

di Carlo Nesti, giornalista sportivo

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