N. 20 2015 17 maggio 2015
Cristiani perseguitati | Veglia di preghiera per il 23 maggio

SPIRITO SANTO, RENDICI TESTIMONI

Schema per la Veglia di preghiera in comunione con i martiri contemporanei. (scarica la versione .pdf)

Sommario 20 - 2015

Credere n. 20 - 17/05/2015

Insieme di don Antonio Rizzolo

Siamo la rivista ufficiale del giubileo: un compito impegnativo, ma gioioso

Cari amici lettori, Credere sarà la rivista ufficiale del Giubileo della misericordia. Ci siamo infatti resi disponibili…

La storia di copertina | Il Giubileo

Con Credere verso il Giubileo della Misericordia

Il nostro settimanale sarà la rivista ufficiale dell’Anno santo: un compito che ci riempie di gioia, nella certezza di poter…

La testimonianza

Mio zio Oscar ci ha insegnato la libertà

Parla Cecilia Romero, la nipote del vescovo martire che vive a Viterbo. «Con le sue omelie ha rivoluzionato il sentire del…

L'intervista | Piero Stefani

Bibbia, ardua e magnifica avventura

Il teologo Piero Stefani spiega perché il testo sacro dei cristiani spesso giace impolverato anche nelle librerie dei cattolici…

Ite, missa est | Enzo Romeo

Dio provvederà

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Ite, missa est | Enzo Romeo

Dio provvederà

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Korogocho in swahili vuol dire confusione, disordine. Tanti anni fa in questo slum pattumiera di Nairobi, un missionario di lungo corso mi raccontò la storia di Omarì.

«Una ragazzina è venuta da me all’inizio dell’anno, non l’avevo mai vista. “Come ti chiami?” le chiedo. “Mi chiamano Omarì”. “Che vuol dire ti chiamano? È davvero questo il tuo nome?”. “Non lo so”. “Ma a che etnia appartieni?”. “Non lo so”. Sono da venticinque anni in Africa e non ho mai sentito un africano che non sappia dire a quale etnia appartenga. Lei mi fa: “Da piccolissima, forse a due o tre anni, sono finita sulle strade di Nairobi insieme ad altri ragazzi e loro hanno cominciato a chiamarmi Omarì. Non so chi sia mio padre né mia madre. Un giorno, quando avevo 11 o 12 anni, sono stata presa da un uomo e violentata, ed ecco il mio primo bimbo. Poi, dopo un anno o due, è successo lo stesso ed ecco il secondo figlio. A quel punto, disperata, sono scappata e sono finita in discarica. Ho cercato di sopravvivere ma la gente mi guardava storto e nessuno credeva alla mia storia”. “Ma dove vivi?” le domando. “Raccolgo frutta marcia e dormo con i miei due bambini sotto le bancarelle, per ripararci dal freddo”».

Il missionario aveva al collo una croce di perline multicolori fatta dai ragazzi di Korogocho. Dava forza a ogni frase con la sua voce roca. Non voleva stupirmi, era come se parlasse a se stesso.

«Quello che mi chiedeva Omarì, che è una ragazza splendida, era solo un po’ di lavoro. L’ho mandata in uno dei nostri gruppi in discarica, poi per un certo periodo è sparita. Un mese fa la vedo arrivare con un’altra bambina. Dice: “Vagavo per Korogocho e ho incontrato questa ragazzina e le ho chiesto “chi sei?”. “Non ho nessuno, giro per le strade, potrei venire con te?”. E Omarì: “Benvenuta, Dio provvederà”». Dio provvederà: le stesse parole che Abramo disse al figlio Isacco mentre salivano per il sacrificio sul monte Moriah. Ma Omarì non lo sapeva.

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